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Beni comuni “invisibili”. Svelato un patrimonio nascosto

Nel Real Sito di Carditello il Csv Assovoce ha presentato il Catalogo delle buone pratiche di riutilizzo di luoghi pubblici abbandonati o confiscati alla criminalità. Rivelando l’altissimo numero di beni inutilizzati e l’inadempienza dei comuni nella pubblicazione dei dati

di Diana Errico

Roccaforti della criminalità che, per un karma ironico, si trasformano in centri di aggregazione giovanile e punti di accoglienza per giovani lgbt+. Villette comunali abbandonate che diventano il cuore pulsante della città. Spazi dismessi che accolgono libri e installazioni multimediali.

Sono solo alcune delle esperienze descritte nel “Catalogo delle buone pratiche di riutilizzo dei beni comuni” della provincia di Caserta, presentato alcuni giorni fa dal Csv Assovoce al Real sito di Carditello: un luogo simbolo della mobilitazione dei volontari per la tutela e la cura dei beni comuni, uno spettacolare presidio architettonico lasciato all’incuria per anni e successivamente “salvato” da cittadini e associazioni.

Il catalogo sarà una raccolta di storie di volontari che, armati di buona volontà e di un obiettivo comune, hanno saputo dare nuova vita a luoghi abbandonati, facendoli rinascere come presidi locali dell’economia civile. Ma nella piattaforma, che sarà presto on line, non compariranno solo le storie di beni rilanciati con successo dalle associazioni. Grazie al lavoro del coordinatore del progetto Umberto De Santis – supportato dalle volontarie del servizio civile del Csv Assovoce – sarà infatti possibile accedere anche a un database di informazioni sui tanti, troppi beni comuni ancora senza destinazione d’uso in provincia di Caserta: una sorta di osservatorio permanente che, incrociando i dati dei comuni e del Dipartimento del Tesoro nell’ambito del progetto Patrimonio PA, ha già scoperto che questi beni pubblici inutilizzati sono 2.379, perlopiù terreni agricoli (1.467).

Colpisce in particolare il dato delle unità immobiliari non usate e non locate: ben 238, tante per una realtà contenuta come la provincia campana e significativo alla luce delle realtà di volontariato ancora “senza casa”. Un dato che diventa ancora più impressionante considerando che riguarda solo il 63,5% dei comuni. Sono ancora molte, insomma, le pubbliche amministrazioni, inottemperanti agli obblighi di comunicazione relativi al proprio patrimonio e disciplinati dalla legge 191/2009 (la Campania è comunque l’ultima regione italiana per numero di informazioni trasmesse).

Un problema di trasparenza ancora più grave è quello che emerge per i beni confiscati alla criminalità: se l’articolo 48 del Codice Antimafia (d.lgs. 6 settembre 2011 n°159) prevede espressamente per gli enti territoriali la pubblicazione sul proprio sito internet dell’elenco dei beni ad essi trasferiti, soltanto 12 dei 46 comuni casertani hanno provveduto in tal senso. Una situazione che, a margine della presentazione del catalogo, ha suscitato l’impegno del viceprefetto di Caserta Luigia Sorrentino a vigilare sui comuni inadempienti.
Il centro di servizio per il volontariato casertano prosegue intanto le sue attività, avvalendosi di importanti partner come Labsus, Agrorinasce, Libera Caserta, Agenda 21 per Carditello e i Regi Lagni, e del dipartimento di Giurisprudenza dell’università della Campania “Luigi Vanvitelli”. Ad oggi sono state mappate più di 20 buone pratiche di riuso sociale dei beni pubblici da parte delle organizzazioni della provincia di Caserta: alcune sono già casi di studio, altre sono realtà recenti ma già molto interessanti.

Ha fatto scuola Villetta Giaquinto, il parco pubblico al centro di Caserta che solo nel 2015 sembrava destinato ad essere chiuso per sempre, vittima dei vandali. Oggi grazie ai volontari che hanno costituito l’omonimo comitato, è l’epicentro di manifestazioni culturali e sociali, dal cineforum gratuito (uno dei pochi in regione) agli orti urbani cogestiti con la fondazione Leo, nonché una delle primissime realtà in provincia ad essere gestita dai volontari grazie all’applicazione del regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazioni per la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei beni comuni.

Ormai consolidata è invece l’esperienza di Omnia, che dal 2015 cogestisce con il circolo letterario MaeditCactio un centro per l’aggregazione giovanile per l’arte e la cultura a Casapesenna, su quello che era il fortino del boss Luigi Venosa: oggi la struttura ospita laboratori di ceramica, scultura e pittura, un caffè letterario e una sala studio e lettura. Se la fama del centro Lgbt del Mediterraneo promosso da Rain Arcigay Caserta ha ormai varcato i confini nazionali – sarà infatti una delle prime realtà europee a offrire social housing alle vittime di discriminazione di ogni età – è appena all’inizio la storia del museo virtuale Cales: inaugurato nel dicembre 2018 presso l’Istituto comprensivo Cales-Salvo D’Acquisto grazie ai volontari della Rete Archeocales, la struttura ospiterà installazioni virtuali, ricostruzioni di reperti storici e visite guidate. Ha fatto letteralmente la storia, infine, l’associazione Civiltà 2.0 che gestisce i locali della biblioteca civica di Santa Maria a Vico: oltre 10mila volumi alcuni dei quali antichi, e due stanze adibite ad aula studio.

«In questi anni Asso.Vo.Ce. ha cercato di colmare i vuoti lasciati dalle istituzioni, accendendo un faro sul tema dei beni confiscati», ha commentato la presidente del Csv Elena Pera. «accompagnando la voglia di riscatto del territorio, formando volontari e sollecitando i comuni a rendere pubblici gli elenchi dei beni confiscati nelle loro disponibilità. In continuità con questo percorso il Csv ha riattivato, con il Comitato don Peppe Diana e Libera Caserta – promotori anche del festival dell’impegno civile che ha fatto da cornice alla presentazione del catalogo – l’osservatorio provinciale sui beni confiscati e sperimentato un tavolo di concertazione tra istituzioni e terzo settore per promuovere buone pratiche di assegnazione dei beni».


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