Politica & Istituzioni

Dalle ong alle potenze straniere. Il vittimismo come ideologia egemone del sovranismo

La maggior parte delle dichiarazioni che incolpano le ong di essere il braccio armato di un complotto contro l'Italia il ministro dell’Interno Matteo Salvini le definirebbe di buon senso. Invece sono solo di senso comune, cioè ritenute vere da larga parte dell’opinione pubblica, ma senza attinenza con la realtà. A questo si aggiunge la sindrome di Calimero, la paranoia secondo cui tutto il mondo opera contro di noi, che si è trasferita anche nei documenti ufficiali e negli atti istituzionali

di Luciano Capone

Sul Messaggero Carlo Nordio, ex pm a Venezia e uomo di cultura garantista e liberale vicino alle posizioni di Matteo Salvini, separa la questione migranti-ong dalla legalità (anche perché finora tutti i giudici non hanno mai riscontrato una violazione di legge). Il problema per Nordio è di politica internazionale: «La concentrazione di imbarcazioni ong dirette alle nostre coste è troppo massiccia per essere casuale, e anche senza evocar complotti è ragionevole pensare che la strategia per mettere in difficoltà il nostro paese sia ben più raffinata di quella rappresentata dalla singola vicenda della Capitana».

L’azione delle ong fa parte di un disegno più ampio: «Le singolari sortite dei ministri tedeschi e francesi… lasciano supporre che alcuni governi vedano con favore l’indebolimento di un esecutivo che in Europa sta alzando la testa dopo anni di soggezione supina su alcuni punti chiave».

Il discorso di Nordio contiene due aspetti problematici: il primo, di contenuto, riguarda i fatti; il secondo, di impostazione, è il vittimismo ormai diventato ideologia dominante nel Paese.

Partiamo dal primo punto: quanto cioè le considerazioni dell’ex magistrato sulla concentrazione di imbarcazioni ong dirette verso l’Italia per indebolire il nostro paese attraverso lo sbarco di migranti siano fondate. Sono affermazioni che il ministro dell’Interno Matteo Salvini definirebbe di buon senso, e invece sono solo di senso comune – cioè ritenute vere da larga parte dell’opinione pubblica, ma senza attinenza con la realtà. Innanzitutto c’è da dire che non c’è alcuna «concentrazione di imbarcazioni» perché come dice al Foglio Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi esperto di numeri sull’immigrazione, «nel Mediterraneo operano solo tre ong capaci di fare seriamente salvataggi: Sea Watch, Mediterranea e Sea Eye, mentre qualche anno fa ne erano oltre dieci». Inoltre adesso usano imbarcazioni medio-piccole, ad esempio abbiamo visto la barca a vela Alex di Mediterranea, che possono accogliere molti meno naufraghi. C’è da aggiungere che nella prima metà dell’anno le ong praticamente non sono state attive, se non a singhiozzo: «Nei primi sei mesi dell’anno sono state operative solo per 31 giorni», dice Villa. Ma quanti migranti queste organizzazioni hanno salvato e condotto in Italia? «Da inizio anno a oggi le ong hanno salvato 377 persone in sette operazioni, di queste 248 persone sono sbarcate in Italia e 129 (un terzo) a Malta. I salvataggi conclusi con un ingresso nei porti italiani si contano sulle dita di una mano: tre di Sea Watch e due di Mediterranea. Mentre gli altri due salvataggi sono di Sea Eye, che è approdata a Malta».

Se si fa un confronto con i numeri degli altri paesi, sia in valore assoluto ma a maggior ragione in rapporto alla popolazione, si nota che non c’è alcuna emergenza, nessuna invasione: in Grecia sono arrivate 18 mila persone, in Spagna 13 mila, nella piccolissima Malta mille, in Italia 3 mila. Di queste 3 mila persone, come abbiamo visto, solo 248 sono giunte in Italia attraverso le ong e questo vuol dire che il 92 per cento del numero complessivo di migranti quest’anno sbarcati in Italia (che comunque è il più basso degli ultimi anni) non ha nulla a che fare con le ong. Se è questa la “raffinata strategia” capace di mettere in difficoltà il nostro paese, c’è da preoccuparsi seriamente per l’estrema fragilità dell’Italia, un paese che è una potenza del G7 ma che non riesce a resistere a 248 poveracci che scappano dalla fame e dalla guerra.

L’altro problema è la seconda parte del ragionamento di Nordio, quella secondo cui l’attività destabilizzatrice delle ong sarebbe collegata alle «sortite dei ministri tedeschi e francesi» che vogliono indebolire il governo italiano «che in Europa sta alzando la testa dopo anni di soggezione supina su alcuni punti chiave». Ci sarebbe da discutere sulla testa in alto di questo esecutivo che, in realtà, dopo tutti gli scontri decisivi è tornato da Bruxelles col capo chino, ma anche questo aspetto fa parte della corrispondenza della retorica sovranista con la verità effettuale delle cose. Ma il punto interessante è la visione che sorregge il ragionamento di Nordio: Francia e Germania attaccano l’Italia attraverso le ong, in una specie di conflitto non convenzionale e non militare (da qui forse si comprende perché la procura di Agrigento abbia usato contro la Sea Watch l’ipotesi di resistenza a una “nave da guerra”). Nulla di nuovo. Un paio di anni fa il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro lanciò le medesime accuse, senza alcuna prova a supporto: «Le ong potrebbero esse- re finanziate dai trafficanti. La cosa più inquietante è che queste ong potrebbero perseguire finalità di destabilizzazione dell’economia italiana. Chi volesse speculare su una situazione di debolezza economica dell’Italia, che viene incrementata dall’afflusso di migranti incontrollato, senza dubbio ne potrebbe avere dei vantaggi». All’epoca dietro o in collaborazione con le ong c’erano i trafficanti di esseri umani e gli speculatori internazionali, adesso stati europei come la Francia e la Germania. Ma alla fine si tratta sempre di una strategia o di un complotto ai danni dell’Italia.

Questa sindrome da accerchiamento, unita alla costante ricerca di un nemico esterno (e soprattutto straniero, che magari può fare affidamento su “collaborazionisti” e “traditori della patria”) è una regressione culturale in atto da tempo, che si va mano mano accentuando. È partita sicuramente con la narrazione delle cause e degli sviluppi della crisi del 2011, che sarebbe stata il prodotto di un complotto ordito dagli americani (attraverso le agenzie di rating) oppure dai tedeschi (attraverso la vendita di titoli di stato italiani) o dai francesi (per saccheggiare le nostre imprese). Il problema è che questa sindrome di Calimero, la paranoia secondo cui tutto il mondo opera contro di noi, si è trasferita nei documenti ufficiali e negli atti istituzionali. Nel primo discorso da presidente della Consob Paolo Savona ha detto che i «giudizi negativi» di enti nazionali e sovranazionali nei confronti dell’Italia «appaiono prossimi a pregiudizi»; il premier Giuseppe Conte nella sua lettera all’Europa ha scritto che l’Italia è tra i paesi più danneggiati dalle regole europee; il presidente dell’Antitrust Roberto Rustichelli ha detto che «l’Italia è certamente uno dei paesi più penalizzati» dalla concorrenza fiscale. La convinzione è che i mercati, l’Europa, gli stati, le ong, la realtà, tutti complottano contro l’Italia. Così il vittimismo è diventato ideologia egemone e la lamentela azione politica. La realtà con i suoi problemi irrisolti, però, resta sempre lì.


*Articolo de Il Foglio di martedì 9 luglio a firma di Luciano Capone


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