Attivismo civico & Terzo settore

L’azzardo è sfuggito di mano al Governo, non alle associazioni

Il 14 luglio dovrebbe entrare a pieno regime il divieto di pubblicità dell'azzardo previsto dal Decreto Dignità. Sarà un flop, come più volte abbiamo scritto su Vita, perché in tema di lotta all'azzardo il Governo ha gettato la spugna. Al contrario, la società civile che, in questi anni, ha lottato contro quello che Papa Francesco ha chiamato «un flagello sociale» non si tira indietro e chiede a tutti di assumersi le proprie responsabilità

di Attilio Simeone

Lo scenario

Fino al 1992 il gioco d’azzardo in Italia era sempre stato considerato una pratica ad alto rischio sociale, quindi le concessioni rilasciate erano riservate a poche lotterie per lo più legate ad eventi e al totocalcio. La situazione cambia radicalmente con i Governi guidati da Amato e Ciampi allorquando i loro Ministri dell’Economia e delle Finanze cercarono in tutti i modi di incentivare ed incrementare il consumo di azzardo in quanto le rispettive entrate erariali erano ritenute una voce importante di bilancio. Si attua, come vedremo in seguito, una vera e propria inversione degli interessi tutelati dalla Carta costituzionale. Il profitto per le Concessionarie e le entrate erariali per lo Stato prendono il sopravvento sui Principi di solidarietà, di sussidiarietà, sul diritto alla salute, sulla libertà di iniziativa economica che deve essere rispettosa della dignità della persona e soprattutto dell’utilità sociale, sul diritto al risparmio. Si apre così un nuovo mercato dell’azzardo di massa destinato a dettare perfino l’agenda del Governo e del Parlamento italiano. Con i governi Berlusconi dei primi anni duemila si crea una vera e propria nuova economia dell’azzardo con la conseguente nascita e diffusione di grandi società concessionarie tanto da far dire che l’azzardo in Italia è considerata la terza industria dopo Eni e Fiat. Non è certamente scorretto ritenere fondata la provocazione del compianto giornalista Oliviero Bea che dalle pagine di un noto quotidiano nazionale titolava: Art. 1 Cost.: L’Italia, una Repubblica fondata sull’azzardo. I sistemi di gioco si diffondono in maniera capillare in tutto il paese e inizia il boom delle slot machine e dei Gratta e Vinci.

Nel 2009 il governo di centro destra, col Decreto d’emergenza per il terremoto de L’Aquila, approfitto per introdurre anche la possibilità di installare nelle sale le Vlt (videolottery), macchine da gioco particolarmente aggressive collegate in rete che accettano anche banconote e offrono un payoutmaggiore, calcolato su tutte le giocate globali collegate al server centrale. Viene inoltre dato il via libera per l’apertura dei casinò online.

Negli ultimi anni l’espressione migliore della società civile ha manifestato sensibilmente contro la proliferazione dei Vlt e delle slot machine, con la richiesta di una regolamentazione più rigida e controlli più severiverso i grandi concessionari e verso i gestori, spesso operanti nelle zone d’ombra. In conseguenza, si assiste al proliferare di iniziative di contrasto al gioco d’azzardo in Italia, come il divieto di installazione di videolottery e slot machine, gli incentivi ai commercianti che le tolgono, o i progetti di sensibilizzazione, che vengono però attuate a macchia di leopardo con un impatto limitato e frammentato.

Alla spinta dal basso non sono, infatti, seguite iniziative concrete dalle istituzioni statali. Il contrasto al gioco d’azzardo in Italia è fra i punti del contratto di governo tra Lega e 5 Stelle, ma al momento l’unica misura, contenuta nel Decreto Dignità approvato a luglio 2018, riguarda il solo divieto della pubblicità. L'articolo 9 del decreto-legge n. 87 del 2018 vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse, nonché al gioco d'azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo: “Ai fini del rafforzamento della tutela del consumatore e per un più efficace contrasto alla ludopatia, fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, commi 4 e 5, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, e dall'articolo 1, commi da 937 a 940, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e internet. Dal 1° gennaio 2019 il divieto di cui al presente comma si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata. Sono esclusi dal divieto di cui al presente comma le lotterie nazionali a estrazione differita di cui all'articolo 21, comma 6, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, le manifestazioni di sorte locali di cui all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n. 430, e i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.”.

Il crollo dell'ideale: come il Governo ha cambiato rotta

Solo un anno fa, quindi, niente e nessuno avrebbe fatto presagire che questo Governo, proprio dopo l’approvazione del predetto Decreto che vieta – sulla carta – la pubblicità dell’azzardo a partire dal luglio 2019, si sarebbe “ammorbidito”sul tema certamente più significativo di adottare una disciplina più organica della regolamentazione dell’azzardo di Stato anche prevedendo una exit strategydall’attuale modello. Sul tema della pubblicità bisogna sottolineare come le recenti linee guida adottate dall’AGCOM metteranno seriamente a rischio il divieto contenuto nel Decreto Dignità.L’Agcom, il 18 aprile scorso, ha emanato delle Linee Guida attuative del divieto di pubblicità, nel fare ciò, L’Autorità “indipendente” non si è limitata ad una interpretazione letterale, logica e sistematica, come normalmente avrebbe dovuto fare, ma si è lanciata in una vera e propria crociata contro una misura decisa dal Parlamento rendendo, potenzialmente, vano il tentativo di porre un argine ad una patologia di massa. Si aprono di fatto nuovi scenari in cui possono certamente trovare posto nuove forme dirette ed indirette di pubblicità dell’azzardo legale ed illegale.

Va sottolineato innanzitutto l’eccesso di potere dell’Agcom. In un Paese “normale” gli Organi dello Stato si interfacciano, oltre che tra essi, con le c.d. formazioni sociali ammesse dalla nostra Costituzione. L’Agcom, nell’espletamento del proprio compito, avrebbe senz’altro dovuto audire il Ministero della Salute, le relative Commissioni parlamentari, le Associazioni e i Movimenti a carattere nazionale portatori di interessi diffusi, non certo le concessionarie che, al contrario, sono chiamate, in punto di diritto, a prendere atto della legge dello Stato e ad uniformare a questa il proprio comportamento. Addirittura, tra i soggetti auditi, vi sono società che hanno sede all’estero e che, oggettivamente, non hanno alcun interesse a tutelare i soggetti vulnerabili, come, al contrario, avrebbe imposto il Decreto Dignità.

Linee guida che non guidano: il caso del divieto di pubblicità

Nel merito, le linee guida rischiano di limitare fortemente il divieto di pubblicità voluto dal Parlamento. A sostegno della propria decisione, l’Agcom fa unicamente leva su una paventata violazione della libertà di iniziativa economica come prevista dall’art. 41 della Costituzione. Anche qui, dobbiamo intenderci: nel caso che ci occupa l’art. 41 Cost. non sarebbe affatto invocabile in quanto proprio la nostra Costituzione, come vedremo in seguito, tutela solo l’iniziativa economica, anche privata, che non sia in contrasto con la dignità della persona e l’utilità sociale requisito, quest’ultimo, totalmente compromesso dal modello attuale di offerta di azzardo. Inoltre, non vi è alcuna attinenza tra l’art. 41 Cost. e la materia dei giochi che, come si sa, è di riserva esclusiva dello Stato il quale la esercita attraverso concessioni (non autorizzazioni, nel qual caso sarebbe richiamabile la disposizione costituzionale). Inoltre, anche per le ultime Pronunce della Corte costituzionale è da ritenere non applicabile l’art. 41 alla materia in quanto la limitazione della pubblicità sarebbe costituzionalmente legittima perché è finalizzata a tutelare la salute dei soggetti più vulnerabili.

Oltretutto, gli esperti concordano nel ritenere che non ci sia alcuna differenza tra le due forme – gioco legale/gioco illegale – e che in realtà queste si autoalimentano a vicenda: all’aumento del consumo del gioco legale, aumenta anche quello illegale. Le linee guida, come deliberate, aprono a nuove forme di pubblicità e forse ancora più aggressive e pericolose: sarà possibile pubblicizzare le vincite presso i punti vendita; sarà possibile pubblicizzare l’operatore concessionario dell’azzardo dietro la giustificazione di volersi distinguere da chi lo offre illegalmente; sarà possibile effettuare comunicazioni per finalità sociali contenenti tratti distintivi della pubblicità; sarà possibile pubblicizzare il nome dell’azienda (ciò che accade come sponsorizzazione delle società di calcio) in quanto tale forme è ritenuta pubblicità “neutra”; sarà possibile reclamizzare pubblicità sulle quote di scommesse con inevitabile incentivo indiretto alla scommessa.

Allora, perché emanare delle Linee guida che palesemente violano lo spirito della legge? La vulnerabilità come condizione psicologica non è mai valutabile a priori mentre, ogni forma di comunicazione ha in se un aspetto promozionale.

Nel caso specifico l’interesse di AgCom, sul piano della mission oltre che su quello giuridico, dovrebbe essere proprio il contrario di quello riportato nelle linee guida. Sul punto, il Governo, seppur inviato a prendere una posizione, preferisce tacere. Grandi proclami avevano, quindi, accompagnato il tema sia da parte del Movimento 5 stelle che della Lega. Sembrava che la voce della società civile non fosse più ignorata e dopo tante delusioni finalmente si sarebbe approntata una regolamentazione seria ed efficace all’azzardo di Stato. Il lungo lavoro iniziato con il Governo Monti ed in particolare con i Ministri Riccardi e Balduzzi poteva finalmente trovare una giusta definizione. Già il travaglio del famoso Decreto Balduzzi, che per la prima volta ha introdotto nell’Ordinamento italiano il termine Gioco d’Azzardo Patologico, con il nuovo governo giallo-verde avrebbe dovuto essere migliorato e completato.

Lo stesso Decreto, oltre alle necessarie definizioni, per la prima volta introduceva il tema del c.d. distanziometro, prima posto in fase di elaborazione a 500 mt dai “luoghi sensibili”, poi, in fase di approvazione del decreto riposizionato a 200 metri e infine in fase di conversione in Legge (189/2012) lo strumento metrico diventava uno strumento di carattere sociologico e quindi sanitario con il riferimento al termine “in prossimità” dei luoghi sensibili. In un primo momento destabilizzò molto, ma ben presto si capì che, in realtà, era un punto a favore in quanto si consentiva, nelle realtà territoriali maggiormente penetrate dal fenomeno, di poter programmare degli interventi più restrittivi dietro la giustificazione della tutela della salute delle categorie maggiormente vulnerabili, con particolare riferimento ai minori. Molte Amministrazioni locali, dopo un periodo iniziale di incertezza, dovuto anche ad una nuova materia tutta da comprendere, hanno avuto il coraggio di tutelare la salubrità del proprio territorio dagli effetti deleteri dell’azzardo di massa. Lo stesso è accaduto sul fronte giurisdizionale; la giustizia amministrativa, dopo i primi casi di studio, non ha tardato a comprendere le reali intenzioni di protezione degli amministratori locali, da un lato, e la portata del fenomeno sotto il profilo della compromissione di beni fondamentali, dall’altro. In tutto il Paese si sono distinti Sindaci coraggiosi che non si sono fatti intimidire dalla potentissima lobby dell’azzardo.

Leggi regionali da tutelare

Si pensi al Presidente della Regione Piemonte (Chiamparino), al Sindaco di Assisi, al Sindaco di Anacapri, al Sindaco di Bitonto (BA) – più volte minacciato dalla criminalità organizzata, al Sindaco di Milano, al Sindaco di Cagliari, al Presidente della Regione Sardegna, al Presidente della Regione Puglia (Vendola), non Emiliano, che al contrario ha ceduto alle lusinghe degli slottari, e di tanti altri amministratori anche di realtà più piccole. Sostanzialmente, fino ad oggi le amministrazioni locali hanno posto un argine importante alla diffusione di massa dell’azzardo incidendo su due principali aspetti: sulla limitazione degli orari di apertura degli esercizi per l’offerta e sul distanziamento della stessa dai c.d. luoghi sensibili con particolare riferimento alle scuole, alle chiese, agli oratori e recentemente anche alle banche, ai bancomat, agli ospedali ecc… La giustizia amministrativa ha recepito autenticamente le molteplici indicazioni provenienti dal Consiglio di Stato che in più occasioni non ha mancato di far rilevare la legittimità degli interventi a condizione che il fenomeno si manifesti concretamente ed in modo patologico su un determinato territorio.

Più pilatesche ma altrettanto interessanti sono state le pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che in questi anni non ha certo fatto mancare il proprio contributo e che, ricordiamolo, secondo il Diritto dell’Unione europea, sono vincolanti per gli Stati membri. Tra tante, è interessante la pronuncia n. 347 del 2011 con la quale la Corte di Giustizia invitava gli Stati membri ad adottare provvedimenti di contenimento del consumo anche attraverso una drastica rimodulazione della pubblicità ritenuta dai giudici generatrice di false aspettative e di fondo incompatibile con una politica di contenimento degli effetti nocivi da gioco d’azzardo. Sulla materia si sono pronunciati in modo reiterato nel tempo anche i Giudici della Corte costituzionale. Con la sentenza 300 del 2011 hanno aperto un varco importante per le amministrazioni locali legittimando la loro azione purché finalizzata alla tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili, così come, con la sentenza del maggio 2017 gli stessi, hanno ritenuto perfettamente legittimo lo strumento del distanziometro in quanto preordinato alla tutela della salute (art. 32 Cost.). Senza dimenticare la pronuncia forse più pregnante sotto il profilo accademico.

Perché l'impresa da gioco d'azzardo è incostituzionale

Nel 1975 gli Ermellini sentenziarono, a ragione secondo chi scrive, che l’impresa da gioco d’azzardo è incostituzionale motivo per cui viene esercitata sotto il regime della concessione statale – e non dell’autorizzazione – e con una legislazione esclusiva in favore dello Stato. Il ragionamento sviluppato dai giudici costituzionali è lineare e giuridicamente corretto. Conoscendo i rischi di una diffusione di massa dell’azzardo, hanno argomentato partendo dalla qualifica di imprenditore come prevista dal nostro codice civile e racchiusa nell’art. 2082 cod. civ. come “colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o lo scambio di beni e servizi…”.Un primo elemento di valutazione poggia sul fatto che in tutto il nostro codice civile, nell’aspetto definitorio, non vi è mai il riferimento all’impresa ma solo all’imprenditore, volontà esplicita di fare riferimento anche alla qualità della persona e non solo all’organizzazione aziendale. Necessariamente tale aspetto deve trovare raccordo con il contenuto dell’art. 41 Cost. il quale, affermando letteralmente che tale attività “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, fa affermare ai giudici del 1975 che l’imprenditore dell’azzardo non esiste, è una invenzione giuridicamente destituita di fondamento. I risultati di questa violazione si sono manifestati con tutta evidenza nel tempo. L’offerta di azzardo, per come attuata in Italia, viola gli artt. 2, 3, 32, 41, 47 Cost. Nel corso degli anni di fatto al coraggio di tanti amministratori locali si è contrapposta la codardia dei politici nazionali. In Parlamento, nelle Commissioni, a livello di Decreti ministeriali, si è approvato di tutto per favorire l’espansione di un sistema che, potendo far leva su una normativa frammentata, ha attirato l’attenzione della criminalità organizzata. Scandali di ogni tipo, di politici legati al doppio filo, di corruzione, di consumazione di odiosi reati come l’usura e l’estorsione connessi all’offerta e al consumo di azzardo di stato, non hanno scalfito minimamente il Legislatore nazionale. La politica, anzi, si è alimentata alla fonte economica delle lobbie dell’azzardo: “Non è difficile vedere il filo rosso che, in maniera legale, ma deleteria per il Paese, unisce politica e gioco d'azzardo", spiegava il senatore grillino Endrizzi qualche anno fa: "VeDrò nel 2010 è stata sponsorizzata da due multinazionali, Lottomatica e Sisal". E il premier, secondo i 5 Stelle, non è il solo ad avere avuto benefici da quelle azienda”.

Reti di "interessi"

Oggi, questo modello è stato messo a regime tanto che gestori e concessionari riescono facilmente ad imporre anche candidati oltre che a garantire finanziamenti, magari del tutto legittimi quanto inopportuni, alla politica per il sostegno della compagna elettorale del politico di turno. Nel corso degli anni il centro studi del Cartello “Insieme contro l’Azzardo”, organismo che raggruppa numerose associazioni e organismi come le 32 Fondazioni Antiusura, la Caritas Nazionale, la Caritas Ambrosiana, Organismi Socio Assistenziali CEI, l’Adiconsum, il Forum delle Associazioni famigliari, SOS Impresa, AGESC, AND in Rete, ALEA e tantissime altre anche a livello locale, ha evidenziato che la diffusione di massa ed in modo incontrollato dell’offerta di azzardo pubblico nel corso del tempo ha incrementato anche la diffusione dell’offerta illegale da parte della criminalità organizzata.Le indagini della magistratura vanno tutte in questo senso. In vari procedimenti rilevati si evince chiaramente che l’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore gioco, anche pubblico, avviene con modalità differenti che si sono evolute nel tempo, adeguandosi in ultimo alle nuove tecnologie ed all’avvento dei giochi on-line.Nell’ultima relazione della Direzione Nazionale Antimafia si leggono parole importanti e al tempo stesso preoccupanti: “La criminalità investe nel gioco, sia per percepire rapidamente guadagni consistenti, soprattutto se le regole vengono alterate per azzerare le possibilità di vincita dei giocatori o per abbattere l’entità dei prelievi erariali, sia per riciclare capitali illecitamente acquisiti con le estorsioni, il traffico di sostanze stupefacenti, e quant’altro”.

La criminalità oggi condiziona irreversibilmente il settore del gioco pubblico d’azzardo e di conseguenza condiziona lo Stato italiano. Lo fa in maniera multiforme:

  • condiziona direttamente la gestione, – eventualmente attraverso prestanome – di sale e punti di raccolta inseriti nel circuito “legale”di gioco e scommesse;
  • -si è dotata di “strutture parallele” con le quali esercitarne l’offerta illegale: dai centri scommesse mimetizzati come Centri Trasmissione Dati alla realizzazione di siti abusivi per l’offerta di gioco e scommesse online, situati anche all’estero.

L’ampliamento dell’offerta d’azzardo legale ha costituito una risorsa per le mafie anziché un freno agli affari.

Trattandosi di un importante settore economico la mafia ha, nel suo dna, la tendenza ad acquisirne il controllo. Sempre la DNA scrive: “Non è un caso che il paradigma normativo dell’articolo 416 bis del codice penale preveda che le mafie, attraverso l’intimidazione e la conseguente omertà che ne deriva (in ciò consiste il metodo mafioso) mirino ad accumulare ricchezza illecita, acquisendo, tra l’altro, il controllo di attività economiche anche indirettamente”.

L’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore legale del gioco avviene con modalità differenti:

  • la tradizionale è quella riferita all’estorsione perpetrata ai danni delle società concessionarie, delle sale da gioco e/o degli esercizi commerciali in cui si esercita il gioco elettronico, analogamente a quanto avviene per le altre attività commerciali e produttive;
  • la diffusissima imposizione delle macchinette mangia soldi negli esercizi pubblici commerciali insistenti sul territorio. In taluni casi da indagini della magistratura si è appreso che è stata documentata la possibilità “alternativa” offerta alle vittime di istallare videopoker di società non riconducibili all’organizzazione mafiosa, dietro il pagamento di una quota mensile per ogni macchinetta istallata.
  • attraverso l’intestazione di società, punti scommessa e sale da gioco a prestanome, anche attraverso la compartecipazione delle società concessionarie, titolari dei “nulla osta”dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

Parallelamente la criminalità organizzata ha investito anche su attività che, pur essendo svolte con finalità delittuose, si realizzano su piattaforme di gioco legale, la cui natura è in progressiva costante evoluzione e che vede la criminalità organizzata operare attraverso soggetti in possesso di specifiche competenze tecniche. Il fenomeno più ricorrente in questo senso è la raccolta abusiva di scommesse, operata anche mediante centri di trasmissione dati utilizzati da soggetti non in possesso delle previste concessioni/autorizzazioni statali. Praticamente ciò che accade nello specifico è ben riassunto dalla DNA nella sua ultima relazione: “laraccolta “da banco” dei giochi e delle scommesse viene effettuata attraverso una rete di agenzie inquadrate, simulatamente, come meri centri di trasmissione dati (CTD) collegati a bookmaker esteri (autorizzati a operare la raccolta a distanza in forza di apposite licenze rilasciate dalla competente Autorità straniera) da un apparente “contratto di prestazioni di servizi”. Di fatto, le poste dei giocatori vengono acquisite in denaro contante o tramite assegni, direttamente consegnati al gestore del punto commerciale dislocato sul territorio. Il contratto di gioco e scommessa, perciò, si perfeziona interamente sul territorio dello Stato e viene direttamente gestito dal punto commerciale, che poi trasferisce le somme, compensando le perdite con le vincite e al netto della propria provvigione.”.

L’ingente guadagno conseguito permette, quindi, di sottrarsi al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse ottenendo un ingiusto profitto a danno dello Stato italiano; conseguire sul territorio nazionale utili d’impresa, riconducibili a una stabile organizzazione occulta che sono sottratti al pagamento delle imposte; riciclare denaro “sporco”attraverso l’utilizzo di conti di gioco intestati a persone compiacenti ovvero inconsapevoli.

Manomissioni e controlli

Inoltre, oltre che trascurabile è il profitto conseguito attraverso l’alterazione e/o la manomissione del software delle slot machine e video lottery (VLT), con lo scopo di alterare i flussi telematici di comunicazione dei dati sulla raccolta e consentire un’illecita gestione “separata”delle giocate realmente effettuate sottraendole da un lato alla prevista imposizione tributaria, dall’altro alimentando tutta una attività economica illecita che sfugge alla necessaria tracciabilità di flussi anche ai fini del riciclaggio di denaro sporco. È stato evidenziato in diverse indagini condotte dalla Guardia di Finanza che alcuni di questi profitti illeciti si sono realizzati attraverso la sofisticazione dei flussi di trasmissione dei dati telematici mediante l’utilizzazione dei c.d. “cloni”,vale a dire apparecchi e congegni da gioco con lo stesso codice identificativo di altri apparati per i quali sia stato rilasciato il nulla osta di distribuzione ed il nulla osta di messa in esercizio, installati all’interno di esercizi aperti al pubblico ed adibiti alla raccolta di giocate che, non rilevati dalla rete telematica dell’A.A.M.S., sfuggono completamente all’imposizione tributaria e attraverso schede di gioco dotate di regolari nulla osta ma recanti software modificati atti a ridimensionare o, in taluni casi, azzerare i dati relativi alle somme giocate. Tutti questi congegni artatamente creati e finalizzati ad illeciti profitti interessano settori che assorbono circa il 70% dell’intero comparto. La criminalità, pertanto, ha investito non solo ingenti somme di denaro sporco nel settore del gioco anche legale ma, al contempo, ha inteso dedicare risorse umane con professionalità a volte più spiccate di quelle messa in campo dallo Stato sul fronte dei controlli.

Un sistema parallelo e non tracciabile

È riuscita a creare un sistema parallelo di gioco illecito – non tracciabile – proprio sfruttando le dinamiche tipiche del gioco legale. Ciò si evidenzierà ancora con particolare interesse sul fronte del gioco on line. Lo Stato in tale circostanza dovrebbe, in ossequio al principio del buon padre di famiglia, sospendere le opportunità di sviluppo del settore on line al fine di approntare un sistema informatico altamente protetto e tracciabile. Oggi, al contrario, il sistema di gioco illecito ha la capacità di sfruttare a pieno ogni opportunità e di sfuggire a tutti i meccanismi di controllo in materia di reputabilità degli operatori, di incremento dei controlli antiriciclaggio nonché agli oneri imposti sui gestori del gioco dall’ultimo decreto legislativo che ha dato attuazione alla IV Direttiva antiriciclaggio. Sul fronte squisitamente riferito al perseguimento dei reati come l’usura, l’estorsione, l’acquisizione e la gestione di società con i proventi illeciti, ha attribuito alla criminalità organizzata una capacità mai avuta in precedenza rappresentata dalla possibilità di lucrare sulle attività indirette e collaterali al settore gioco.

Si pensi alla percezione di interessi sui prestiti elargiti ai giocatori che hanno bisogno di contanti per proseguire il gioco, agli investimenti nel cd. indotto rappresentato da ristoranti, strutture alberghiere, locali di intrattenimento, ovvero al condizionamento delle attività economiche imponendo lavoratori, fornitori di beni e sevizi, e simili. Dalle indagini sono altrettanto evidenti gli interessi e i sodalizi tra le diverse organizzazioni mafiose transazionali interessate alla gestione del gioco e delle scommesse certamente agevolati dalla considerevole capacità elusiva di una normativa di settore che assai si presta a simili comportamenti attraverso l’interposizione di soggetti “puliti”, attraverso la delocalizzazione delle sedi legali, attraverso la schermatura dei reali soggetti interessati attraverso l’utilizzo di inedite compagini societarie e nuove “piattaforme di gioco” in grado di rendere subito obsolete le tecniche investigative.

Ad una normativa appositamente frammentata che quindi si presta particolarmente ad attività elusive anche da parte di società concessionarie si deve aggiungere che trova terreno fertile in una politica, almeno quella italiana, mediocre e scarsamente improntata al perseguimento di interessi tutelati dalla Carta costituzionale.

Una lobby garantita a prescindere?

Nello specifico, si è arrivati persino a riconoscere, con un imbarazzante provvedimento del Parlamento a maggioranza di centro sinistra, l’ennesimo sconto di oltre 90 miliardi di euro di evasione fiscale praticata dalle concessionarie del gioco pubblico d’azzardo. In simile circostanza, il Parlamento e ancor prima il Governo avrebbe dovuto revocare tutte le concessioni sulla base dell’elementare principio che lo Stato, anche se attraverso terzi soggetti, non può evadere il pagamento delle tasse. Nel corso degli anni sul tema dell’azzardo il Parlamento ha deliberato di tutto, finendo per speculare persino sulle disgrazie umane come capitò in occasione del tragico terremoto dell’Abruzzo. Si disse che incrementando l’azzardo di Stato da un lato si premiava la fortuna e dall’altro si aiutavano le famiglie sfortunate a cui il terremoto aveva distrutto l’abitazione.

Ad oggi, a distanza di oltre un decennio, l’Abruzzo è ancora raso al suolo mentre i risparmi degli italiani sono depredati ogni anno di oltre 100 miliardi di euro. Il rischio concreto di questo inutile sperpero è costituito dal fatto che le famiglie non potranno assicurare ai propri figli la possibilità di una istruzione adeguata al progresso della società facendo, quindi, venir meno l’ascensore sociale che, invece, ha costituito motore fondante del miracolo italiano. Le famiglie più umili, attraverso l’istruzione garantita dal risparmio (art. 47 Cost.), possono assicurare ai propri figli un futuro migliore adeguato agli studi in perfetta linea con gli obiettivi assicurati dalla Costituzione italiana, considerata la più bella del mondo. In tantissime circostanze e grazie all’opera gratuita di un volontariato sempre più espressione del reale principio di solidarietà, è stato sottoposto alle Istituzioni il pericolo di una deriva economica e sociale causata dall’offerta massiva di azzardo.

«Il gioco ci è sfuggito di mano»

Il 5 settembre 2017 in occasione di un convegno a Milano l’allora sottosegretario PD con delega ai giochi ammetteva candidamente che “la materia del gioco è sfuggita di mano al Governo”e che porvi rimedio sarebbe stata operazione molto complicata. I giganti dell’azzardo stavano diventando più potenti dello Stato italiano. La democrazia quindi è messa seriamente a rischio non avendo più il Parlamento il potere di legiferare con la necessaria e doverosa libertà. Oggi, entrambe le forze politiche hanno raggiunto un accordo di governo, sulla base del quale tutto l’associazionismo ha inizialmente riposto lodevoli aspettative. Mossi i primi passi, i primi tentativi sono stati davvero a dir poco imbarazzanti: mentre l’obiettivo era di ridurre il consumo, il Governo pensava ad aumentare la tassazione e, invece, di concepire un provvedimento legislativo ad hoc, nel decreto dignità vietava la pubblicità a partire dal luglio 2019. Entrambi i tentativi non sortiranno gli effetti annunciati. La lobbie dell’azzardo si è mobilitata mettendo in campo una schiera di “funzionari senza divisa”che a colpi di ricerche opportunamente e onerosamente commissionate da un lato e garantendo il sostegno economico alla campagna elettorale di politici dall’altro, è riuscita a mettere a segno un risultato importante: annullare le tante leggi regionali di contrasto all’azzardo.

Recentemente il Governo, incalzato dal nostro Cartello “insieme contro l’azzardo” nel c.d. question timedella società civile, opportunamente ripreso e pubblicato dall’Organo di informazione Vita.it, ha certificato la sua difficoltà a pronunciare la sola parola gioco d’azzardo tanto da non dare risposte proprio al mondo che aveva riposto in questa compagine politica e di governo importanti aspettative. Evidentemente anche per l’attuale Governo, la tassazione assicurata dall’azzardo costituisce ancora elemento costitutivo del bilancio dello Stato. Anche il Movimento 5 stelle preferisce rimanere sulla scia tracciata dai precedenti governi. I temi posti nel question timesono tutti miranti a fare chiarezza sulla materia e più precisamente sono un invito al Governo a rendere concrete le promesse fatte agli italiani in campagna elettorale. All’indomani dell’insediamento di questo governo già dal 25 ottobre 2018 tutti i movimenti no slot avevano fatto pervenire al Governo 10 irrinunciabili punti tra cui si chiedeva maggiore trasparenza nei contratti di concessione e sugli assetti societari. Nulla di quanto richiesto è successo ad oggi.

Torniamo all'origine: al potere dei senza potere

Bisogna ritornare all’origine. La politica non ha avuto la forza necessaria di imporsi allo strapotere economico delle concessionarie. Eppure, i cittadini italiani, con ogni strumento, hanno rimarcato al Governo la necessità di eliminare l’offerta di azzardo accanto alle scuole, alle chiese piuttosto che accanto agli oratori. Si deve ritornare in modo più incisivo sui territori perché ogni qual volta si fa mancare il consenso popolare alla politica, aumenta il potere contrattuale nei confronti di un Decisore pubblico sempre più impreparato e sempre più prono a tutelare gli interessi legati alle entrate erariali onde consentire di far quadrare il bilancio dello Stato. In definitiva, lo Stato non riuscendo a far partire l’economa sana, non riuscendo a garantire l’occupazione, preferisce anch’egli azzardare. Solo così si sconfigge questo cancro di massa alimentato da una pessima politica. Le associazioni, le campagne e i movimenti di contrasto al gioco d’azzardo patologico, per loro scopo sociale, non cedano alle lusinghe di chi per trenta denari chiede un arretramento. Ne va della nostra coscienza individuale e collettiva, ne va del futuro dei nostri figli. Avv. Attilio Simeone

* ​Avvocato, Membro Comitato di Solidarietà Antiracket e Antiusura – Ministero dell’Interno, Coordinatore Nazionale Cartello “Insieme contro l’Azzardo” e Consulente Commissione Parlamentare Antimafia.


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