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La parola paziente di Andrea Camilleri

Insieme alla moglie Rosetta, l’altra compagna irrinunciabile nella vita dello scrittore scomparso questa mattina è stata appunto la parola. Il suo linguaggio è stato un’alta forma di sperimentazione letteraria, che lo rendeva allo stesso tempo ostico nella traduzione, ma capace di annodare legami fortissimi col suo pubblico. La sua era una parola in fondo etica, lunga e pensata. Parola-ponte fra generazioni e fra genti incapace, consapevolmente incapace, di generare odio

di Redazione

Questa mattina la Asl Roma 1 in una nota ha comunicato che Andrea Camilleri è deceduto “alle ore 8.20 del 17 luglio 2019 presso l’ospedale Santo Spirito. Le condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali. Per volontà del maestro e della famiglia le esequie saranno riservate. Verrà reso noto dove portare un ultimo omaggio”.

“Chiamatemi Tiresia, sono qui per raccontarvi una storia più che secolare che ha avuto una tale quantità di trasformazioni da indurmi a voler mettere un punto fermo a questa interminabile deriva. A Siracusa vi dirò la mia versione dei fatti, e la metterò a confronto con quello che di me hanno scritto poeti, filosofi e letterati. Voglio sgombrare una volta per tutte il campo da menzogne, illazioni, fantasie e congetture, ristabilendo i termini esatti della verità.” Inizia così l’ultimo spettacolo di Andrea Camilleri che segna il suo ritorno al teatro dopo l’epopea di Montalbano. Lo spettacolo si intitola “Conversazioni su Tiresia”, per la regia di Roberto Andò.

Racconta lo scrittore in una recente intervista: «La mia ricerca su di lui (su Tiresia, ndr.) è un fiume inarrestabile: attraverso le epoche, è descritto nei modi più disparati, da dissoluto ermafrodita, che riusciva addirittura a godere di se stesso, ad allegoria di San Paolo. Nella mia conversazione solitaria in una tranquilla notte d’estate, nei panni di Tiresia dico al pubblico: volete sapere come sono stato stracangiato nei secoli?». “Stracangiarsi”, ovvero «cambiare di colore e fisionomia del volto o di tonalità di voce, trasformare, stravolgere a seguito di una sorpresa non sempre gradita». È uno dei termini del vocabolario che hanno fatto di Andrea Camilleri uno degli scrittori non solo più noti, ma anche uno dei personaggi più interessanti e originali del panorama culturale contemporaneo.

Camilleri è stato un maestro della parola. Della parola non solo divulgativa (i suoi romanzi hanno venduto oltre 30 milioni di copie e sono stati tradotti in ben 120 lingue), ma anche della parola paziente, riflessiva, lunga. La grande notorietà arriva tra il 1992 e il 1994 con la pubblicazione de ‘La forma dell’acqua’, primo romanzo dedicato a Montalbano. Da lì in poi un crescendo inarrestabile di vendite e successi, che lo porta a scrivere più di trenta libri sulla saga (alcuni, compresa la fine di Montalbano, sono inediti), ma in totale sono oltre cento le opere dello scrittore siciliano. In ognuna di esse Camilleri ha saputo infondere lo spirito e i colori della sua isola, prendendo spunto sia dall’attualità, sia da fatti realmente accaduti del passato.

Ma per settant’anni Camilleri, come ricorda anche l’agenzia Dire è stato regista teatrale e sceneggiatore. Nel 1949 entra nell’Accademia di Arte drammatica Silvio d’Amico di Roma e realizza diverse opere, ispirandosi a Pirandello. Sono gli anni in cui conosce la moglie Rosetta, dalla quale avrà tre figlie. “Rosetta è stata la spina dorsale della mia esistenza” ha dichiarato più volte Camilleri. L’altra compagna irrinunciabile è stata appunto la parola. Il suo linguaggio è stato un’alta forma di sperimentazione letteraria, che lo rendeva allo stesso tempo ostico nella traduzione, ma capace di annodare legami fortissimi sul suo pubblico. Un dizionario scevro da qualsiasi ansia giovanilistica, ma capaci di essere nella loro unicità e sonorità ponti fra generazioni e fra genti che arrivano da lontano (nella saga di Montalbano, Camilleri non ha mai rinunciato a interagire con la contemporaneità).

Camilleri in fin dei conti è stato un per attenzione e cura un grandissimo uomo di parola. Una parola di valore: attenta e curata. Una parola etica e vissuta. Una parola capace di andare al di là dei suoi libri gialli, parole che diventano linguaggio e che generano comunicazione: profondamente, convintamente, autenticamente incapace di essere parola d’odio.

“Se mentre mangi con gusto non hai allato a tia una pirsona che mangia con pari gusto allora il piaciri del mangiare è come offuscato, diminuito”. (da La prima indagine di Montalbano, ne La prima indagine di Montalbano)


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