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Codice Rosso, una svolta importante ma ne serve anche una culturale

Giudizio sostanzialmente positivo sul Ddl che prevede alcune modifiche al codice di procedura penale per velocizzare le procedure in tema di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Ma per Marco Chiesara, presidente della onlus «rimangono dei dubbi sulla funzionalità di questo codice: se non aumentano il budget e l’organico formato, come verrà applicato?»

di Redazione

“Codice Rosso” questo il nome del Ddl, da poco approvato dal Senato, in tema di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, a seguito della proposta di legge della ministra Giulia Bongiorno.
Il Ddl prevede alcune modifiche al codice di procedura penale per velocizzare le procedure e le indagini che si attivano successivamente alle denunce delle vittime.
Secondo WeWorld Onlus si tratta sicuramente di un’importante svolta a livello legislativo, poiché ha preso in considerazione anche l’evoluzione dei tipi di reato che vengono commessi contro le donne.
«Speriamo che la velocizzazione dei procedimenti contro i maltrattamenti incentivi le donne vittime di violenza a denunciare e le rassicuri sul fatto che non dovranno denunciare altre 19 volte per poi essere uccise (come è invece successo, ad esempio, nel caso di Savona la settimana scorsa)», ha dichiarato Marco Chiesara, presidente della onlus. «Tuttavia, rimangono dei dubbi sulla funzionalità di questo codice: se non aumentano il budget e l’organico formato, come verrà applicato? Rimane ancora molto da fare sul piano culturale, vera radice della relazione di potere asimmetrica tra uomo e donna».

Con il Codice Rosso, alla vittima sarà garantito il diritto di essere ascoltata dal Pubblico Ministero entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, a esclusione dei casi di revenge porn (diffusione di foto e video a contenuto sessuale senza il consenso della vittima per vendicarsi della fine della relazione). L’obbligo di urgenza non è a discrezione di chi raccoglie la denuncia. I tempi per intervenire si accorciano, mentre si allungano quelli concessi alle donne – 12 mesi al posto di 6 – per denunciare un episodio di violenza sessuale.

In più, la legge inasprisce le pene previste dal codice penale per reati specifici come lo stalking, per cui la reclusione passa dall’ attuale “da sei mesi a cinque anni” a “da 1 anno a 6 anni e 6 mesi”; o i maltrattamenti in famiglia, per cui la detenzione da “due a sei anni” passa a “da tre a sette anni”.
Inoltre, le pene saranno aggravate anche per i casi di violenza sessuale e revenge porn con un’attenzione particolare alla tutela di donne disabili o in gravidanza.