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Jovanotti e WWF, i conti non tornano

Dopo l'intervista al direttore generale dell'associazione Gaetano Benedetto abbiamo avuto alcune segnalazioni. In primo luogo la delibera del Consiglio Nazionale della onlus che dà il via libera all'operazione con il cantante è in netto contrasto con il “Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo” firmata e adottata anche dall'Italia nel 2009. A guardare le immagini poi l'impatto non sembrerebbe così basso. E poi c'è quel Comitato Scientifico...

di Lorenzo Maria Alvaro

Che il tour di Jovanotti, gestito insieme al WWF, sia una proposta ambientale ha fatto storcere il naso a molti. I concerti del Jova Beach Party, che frequentano molte spiagge italiane hanno lasciati perplessi, al netto delle polemiche, molti. Sia associazioni ambientaliste che privati cittadini.

Per questo Vita.it ha intervistato Gaetano Benedetto direttore generale dell'associazione. Tra le tante cose sottolineate il dg ha spiegato che essendo intervenuti a organizzazione già in itinere «abbiamo chiesto che non venissero considerate aree protette, utilizzate spiagge attenzionate per la nidificazione di tartarughe o la presenza del fratino» e che «parliamo di aree antropizzate e non di aree protette, quindi aree che vedono presenti migliaia di persone in ogni caso».

Eppure sfogliando il “Protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo” (in allegato in versione integrale), firmato a Barcellona e pubblicato dall'Italia in Gazzetta Ufficiale il 4 febbraio 2009, si leggono cose molto diverose.

Nella Parte I, “Disposizioni generali”, all'articolo 5 dal titolo “Obiettivi della gestione integrata delle zone costiere” si legge: «preservare le zone costiere a vantaggio delle generazioni presenti e future», «assicurare la conservazione dell’integrità degli ecosistemi, dei paesaggi e della geomorfologia del litorale» e «conseguire la coerenza tra iniziative pubbliche e private e tra tutte le decisioni adottate da pubbliche autorità, a livello nazionale, regionale e locale, che hanno effetti sull’utilizzo delle zone costiere». Non solo.

All'articolo 6, “Principi generali della gestione integrata delle zone costiere” il Protocollo «occorre prevenire i danni all’ambiente costiero e, qualora essi si verifichino, provvedere a un adeguato ripristino».

Nella Parte II, che tratta “Elementi della gestione integrata delle zone costiere” entrando nello specifico di casi come il Jova Beach Party cioè all'articolo 9 “Attività economiche” punto “d” dal titolo “turismo e attività sportive e ricreative” si legge «di disciplinare o, se necessario, vietare, l’esercizio di varie attività sportive e ricreative, compresa la pesca ricreativa e la raccolta di molluschi»

mentre all'articolo 10 sugli “Ecosistemi costieri particolari”, punto 2 sugli “Habitat marini”, prescrive il Protocollo che «Le parti, riconoscendo la necessità di proteggere le zone marine che ospitano habitat e specie di elevato valore in termini di conservazione, a prescindere dalla loro classificazione come zone protette».

Il Protocollo entra nello specifico anche per quanto riguarda le dune («le parti si impegnano a preservare e, ove possibile, a ripristinare in modo sostenibile le dune e i cordoni dunali») e i paesaggi costieri (le parti, riconoscendo il valore estetico, naturale e culturale specifico dei paesaggi costieri, a prescindere dalla loro classificazione come aree protette, adottano misure volte a garantire la protezione dei paesaggi costieri attraverso interventi di legislazione, pianificazione e gestione».

Insomma la distinzione tra spiaggia protetta e non per il Protocollo non è dirimente. Ed è sostanziale oltre ad evitare danni anche provvedere al rispristino della situazione originaria nel caso in cui ve ne fossero.

È così che stanno lavorando Jova Beach Party e WWF?
Stando alle immagini che ci sono state mandateci dal Meetup 5 Stelle Comacchio e 7 Lidi non sembrerebbe.

Marina di Cerveteri prima e dopo la tappa del 16 luglio



Castel Volturno prima e dopo la tappa del 13 luglio

La paura degli attivisti è che ogni tappa si presenti come un rullo compressore delle spiagge. Con ruspe e mezzi pesanti, così com'è successo finora.

E che diventi la pietra tombale per bellezze nascoste e magari poco visibili ma molto importanti


Gli attivisti di Roccella Jonica stanno documentando lo stato dell'arte prima della tappa del 10 agosto

C'è però un ultimo punto che non torna in questa vicenda. Ed è la vicenda del Fratino a Rimini. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale inserisce la specie nell’allegato II del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona, nell’allegato II della Convenzione di Berna e nell’allegato I della Direttiva Uccelli e nelle “Liste rosse IUCN (2014), stato di conservazione: Least Concern”. Il motivo il “Declino della popolazione”, cioè il rischio estinzione. Il motivo di questo rischio? Sempre l'Ispra sottolinea: «degrado ambientale come ad esempio l’urbanizzazione delle coste, l'erosione dei litorali sabbiosi ed il disturbo arrecato da attività turistiche e ricreative».

Dove sta il problema? Il fatto è che nel Comitato Scientifico del WWF, che ha valutato l'iniziativa, compaiono ben tre membri dell'Ispra.

Ci sono Franco Andaloro, direttore di ricerca, Domenico Gaudioso, responsabile settore pressioni ambientali e Silvestro Greco, Biologo marino e dirigente di ricerca. Tutti targati Ispra.

Com'è possibile che abbiano valutato idonea un'iniziativa che era così palesemente in conflitto con una loro altra valutazione?


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