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Amadori: «Con le Car-T fino al 50% di guarigioni. Ma non è per tutti»

Ai primi di agosto dall’Aifa il via libera alla nuova terapia a base di Chimeric Antigen Receptor T-cell. Per il presidente nazionale di Ail si tratta di una «decisione molto importante» ma avvisa che sono solo due le patologie previste dall’Agenzia: Leucemia Linfoblastica Acuta e una tipologia di linfoma non Hodgkin, con limiti di età. Il ruolo dell'associazione sarà quello «di dare informazioni il più possibile corrette»

di Redazione

Via libera, ai primi da agosto, dall’Agenzia Italiana del Farmaco alla rimborsabilità della prima terapia a base di cellule Car-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell) disponibile in Italia.
La nuova terapia, denominata Kymriah (tisagenlecleucel), potrà essere prescritta secondo le indicazioni approvate da Ema e utilizzata presso i centri specialistici selezionati dalle Regioni, per pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) resistenti alle altre terapie o nei quali la malattia sia ricomparsa dopo una risposta ai trattamenti standard e per pazienti fino a 25 anni di età con leucemia linfoblastica acuta (LLA) a cellule B.
Le terapie Car-T – spiega una nota di Aifa – rappresentano una strategia immunoterapica di ultimissima generazione nella lotta ai tumori ematologici. Utilizzano i globuli bianchi (linfociti T) prelevati dal paziente e appositamente ingegnerizzati per attivare il sistema immunitario; una volta reinfusi nel paziente, entrano nel circolo sanguigno e sono in grado di riconoscere le cellule tumorali e di eliminarle.

Per Sergio Amadori, presidente nazionale di Ail – Associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mielomi, si tratta di una «decisione molto importante». Amadori spiega chi potrà beneficiare di questo trattamento e quali sono i possibili scenari che si aprono ricordando che che ci sono dei paletti che l’Ema prima e l’Aifa hanno stabilito. Il presidente nazionale Ail, sottolinea infatti che: «Questi trattamenti non sono per tutti i pazienti e ci sono delle indicazioni ben precise in merito. Innanzi tutto l’Aifa ha approvato questa terapia solo per due patologie, stabilendo anche dei limiti di età: parliamo della Leucemia Linfoblastica Acuta refrattaria ai trattamenti riscontrata in pazienti fino a 25 anni di età e di una tipologia di linfoma non Hodgkin, linfoma diffuso a grandi cellule B, riscontrato nel paziente adulto e resistente alle altre terapie. Si tratta quindi di un ambito molto circoscritto. La possibilità di guarire il 50% di pazienti affetti da alcuni tipi di leucemia è un risultato mai raggiunto prima», continua Amadori, tuttavia, aggiunge «le terapie a base di Car-T hanno una tossicità molto alta e possono essere somministrate solo a pazienti che hanno una buona condizione fisica. Bisognerà quindi selezionare con attenzione i soggetti elegibili perché le complicanze legate all’infusione possono anche essere fatali».

Inoltre, il professor Amadori ricorda che non tutti i centri italiani sono abilitati. «Sono stati indicati dei rigorosi parametri che i Centri devono rispettare per poter ricevere l’abilitazione a somministrare le Car-T. Saranno le Regioni a selezionare le strutture che rispettano le caratteristiche indicate e penso che in una prima fase non potranno essere più di 5 o 6 in tutta Italia. Il Bambino Gesù di Roma, l’Istituto Tumori di Milano e il Centro Pediatrico di Monza, ad esempio, hanno già partecipato a studi che prevedevano l’utilizzo di queste terapie quindi saranno sicuramente tra i primi ad essere abilitati. Poi verranno probabilmente le strutture che già effettuano infusioni di cellule staminali. Ma sarà un percorso che richiederà il suo tempo, perché bisogna garantire la massima sicurezza per i pazienti e la massima serietà degli attori coinvolti».

Per quanto riguarda il ruolo di Ail, il presidente nazionale sottolinea che il compito principale dall’associazione «è dare informazioni il più possibile corrette. Bisogna far capire che i pazienti che potranno beneficiare del trattamento con rimborso da Parte del Servizio Sanitario Nazionale, in una prima fase, saranno pochi». Le patologie interessate, infatti, sono solo due per il momento e il paziente da coinvolgere deve essere in buone condizioni. Inoltre, conclude Amadori «all’inizio i centri abilitati saranno pochi. Bisogna quindi evitare una “corsa agli armamenti’, ricordando che le terapie standard rimangono il primo approccio e quello meno rischioso per il paziente. Ovviamente seguiremo da vicino gli sviluppi di questa vicenda e faremo tutto il possibile, come sempre, per stare dalla parte dei malati e delle loro famiglie».