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Dal Venezuela al carcere di Padova, la speranza è in musica

La prima mondiale del disco “Venezuela. Il popolo, il canto, il lavoro” prodotto dall'associazione “Trabajo y persona" si è tenuta nel carcere patavino grazie a Cooperativa Giotto. «Un’altra tappa molto importante del nostro rapporto di amicizia che da alcuni anni accompagna le nostre due realtà sociali. Ci aiuta a riflettere su quello che facciamo per affrontare difficoltà diverse con lo stesso obiettivo: attraverso il lavoro crescere insieme per ritrovare se stessi e recuperare la propria dignità»

di Lorenzo Maria Alvaro

Un concerto speciale in un luogo particolare, quello del carcere di Padova. Così si preannunciava alla vigilia l’evento organizzato grazie alla collaborazione tra la cooperativa sociale Giotto e l’associazione venezuelana Trabajo y persona. E le aspettative non sono andate deluse, anzi. Come spesso accade, la realtà supera l’immaginazione, ma occorre almeno una condizione: che al centro ci sia la persona, in questo caso un gruppo di persone, che di fronte a una situazione politica ma soprattutto socioeconomica che sta portando allo stremo l’intero popolo venezuelano, non si perdono d’animo, prendono in mano la loro vita e provano a rispondere alle difficoltà col lavoro e la bellezza.

Questo sta all’origine del disco e del concerto “Venezuela. Il popolo, il canto, il lavoro”. «È molto difficile lavorare in Venezuela ma il lavoro è libertà: da noi manca tutto, dalle medicine ai generi di prima necessità, ma quando si trova, il lavoro diventa un'opportunità formidabile per risvegliarsi alla vita», afferma Alejandro Marius, presidente di Trabajo y Persona, da cui è nato il progetto. «Ma della nostra situazione preferiamo vedere le positività, perché la durissima realtà quotidiana ci sfida continuamente a riconoscere ed affermare il senso della vita».

Per questo è nato il disco, per questo è nato il concerto, per testimoniare come la bellezza scalda il cuore e apre la mente, proprio quello di cui c’è bisogno per rimettersi al lavoro. Il produttore Francisco Sànchez e il direttore artistico Aquiles Baez, il compositore e chitarrista più famoso del paese, mettendo insieme una trentina di musicisti di diversa provenienza culturale, sono riusciti a fare un piccolo capolavoro: rivitalizzare con arrangiamenti moderni tutta una serie canti legati al lavoro della tradizione popolare, come quello della mungitura, delle lavandaie o della raccolta del caffè e del cacao. Brani bellissimi, che con freschezza autentica e ritmo travolgente sanno esprimere in profondità l’anima irriducibile del popolo venezuelano, che da sempre ha costruito la propria dignità sul lavoro.

I detenuti, che occupavano in ogni ordine di posti l’auditorium del carcere se ne sono accorti subito e hanno risposto con tanta commozione e con grande entusiasmo. «Noi siamo rimasti colpiti da questo dono», commenta Nicola Boscoletto, presidente della Giotto, «perchè, dopo la prima mondiale al Meeting di Rimini, non pensavamo che venissero fin qui in carcere. Sicuramente è stata un’altra tappa molto importante del nostro rapporto di amicizia che da alcuni anni accompagna le nostre due realtà sociali. Ci aiuta a riflettere su quello che facciamo per affrontare difficoltà diverse, ma che al fondo contengono lo stesso obiettivo: attraverso il lavoro crescere insieme non per scappare dalla condizione in cui ti trovi, ma ritrovare se stessi e recuperare la propria dignità. In questo senso colpisce che gente come questa, che più di altri avrebbe la possibilità di lasciare il Venezuela come hanno già fatto quattro milioni di persone, ha scelto di rimanere per costruire risposte concrete per il popolo». Gli fa eco Aquiles Baez: «Noi abbiamo voluto venire in carcere semplicemente perché la musica è libertà e il concerto è l’occasione per fare un po’ di esperienza di essa».

Il direttore della Casa di Reclusione di Padova Claudio Mazzeo, che all’inizio del concerto ha letto un bello e profondo messaggio del Vice Capo dell’Amministrazione penitenziaria Lina Di Domenico a testimonianza della portata dell’iniziativa, commenta soddisfatto: «Portare un pezzetto del Meeting di Rimini in carcere è molto significativo, perchè il Meeting è per l’amicizia fra i popoli e noi qui dentro abbiamo un popolo con i suoi bisogni a cui dobbiamo rispondere. Una bella iniziativa di integrazione che collega la musica al lavoro».

Il progetto della produzione del disco e del libro che lo accompagna ha uno scopo benefico: raccogliere liberamente dei fondi anche attraverso l’acquisto del disco-libro, come farà la cooperativa Giotto per i regali di Natale ai dipendenti. La raccolta fondi proseguirà fino a Pasqua, grazie alle azioni di fundraising dell’Organizzazione di volontariato Amici della Giotto, tese a sostenere, oltre agli amici venezuelani, anche ragazzi, tra i 12 e i 17 anni, di un carcere minorile in Uganda.

Al concerto, hanno assistito anche due magistrati di sorveglianza, Lara Fortuna e Linda Arata. Quest’ultima, intervenuta per ritirare un omaggio augurale per il nuovo incarico di presidente del Tribunale di sorveglianza di Venezia, ha sottolineato l’importanza dell’evento, in particolare per la vicinanza con i tanti italo venezuelani implicati in questa difficile situazione di crisi.


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