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Cooperazione & Relazioni internazionali

Siria, il Paese più pericoloso al mondo per gli operatori umanitari

È quanto emerge da un’analisi di Care International, organizzazione umanitaria fondata negli Usa nel 1945, che combatte la povertà nel mondo attraverso progetti internazionali di sviluppo di lungo periodo. La Siria detiene il triste primato da tre anni

di Redazione

Per il terzo anno di fila, la Siria si conferma il Paese più pericoloso al mondo per gli operatori umanitari, rivela un’analisi di Care International. 57 volontari hanno perso la vita dall’inizio dell’anno, 18 dei quali in Siria (il più alto tasso di mortalità per il terzo anno consecutivo), dove la guerra imperversa dal 2011

«La Siria continua a essere uno dei posti al mondo in cui è più difficile fornire aiuti umanitari. Gli operatori umanitari siriani, che sono in prima linea nella risposta, mettono a rischio costantemente le loro vite per aiutare a salvare altre vite», afferma Nirvana Shawky, direttore regionale di Care per il Medio Oriente e il Nord Africa.

«Mentre la popolazione di Idlib è completamente dipendente dall’aiuto che viene dato alle loro comunità, dallo scorso aprile i bombardamenti e l’artiglieria pesante hanno portato a una perdita inaccettabile di vite sia di operatori umanitari sia della popolazione civile. Tutte le parti del conflitto devono assumersi le loro responsabilità in base all’International Humanitarian Law (Legge internazionale umanitaria) per proteggere tutti i civili, inclusi gli operatori umanitari, e assicurare che siano in grado di dare assistenza vitale alle persone che ne hanno bisogno», spiega Shawky.

Un nuovo report pubblicato da Humanitarian Outcomes un’organizzazione di ricerca indipendente che fornisce dati globali sulla sicurezza degli operatori umanitari – mostra che gli operatori umanitari nazionali continuano a subire le conseguenze della violenza più dei loro colleghi internazionali.

L’8 maggio di quest’anno Safiullah Ebadi, responsabile della sicurezza di Care Afghanistan, Mohammed Waqif, autista, e Mohammed Asif Frotan, consulente educativo, tutti di nazionalità afghana – hanno perso le loro vite tragicamente in un attentato dinamitardo.

Secondo Des Clarke, Country Director di Care Afghanistan: «Questo attacco riflette il pericolo in aumento per gli operatori umanitari e il sempre presente rischio nel Paese. Inoltre, il conflitto, insieme alla grave carestia causata dalla siccità, hanno conseguenze negative su milioni di afghani. Mentre celebriamo il World Humanitarian Day, continuiamo a rimanere fedeli al nostro mandato assicurandoci allo stesso tempo di assolvere il più alto obbligo, cioè il nostro dovere di prenderci cura del nostro team. Per definizione l’aiuto umanitario dipende dagli operatori umanitari», dice Clark.

I rischi specifici che affrontano le donne operatrici umanitarie sono molto preoccupanti. La violenza sessuale contro di esse si è verificata nell'8 per cento degli attacchi violenti l’anno scorso, secondo i risultati di Humanitarian Outcomes. Ma il numero degli incidenti che sono stati segnalati – solo 21 dal 1997- fa ritenere che sia le vittime sia le organizzazioni stiano sottostimando il problema.

Rosalind Crowther, Country Director di Care Sudan del Sud, afferma: «In tutto il mondo, le donne hanno un ruolo di vitale importanza in ogni aspetto della risposta alla crisi, e in particolar modo nel prevenire, rispondere, e lavorare con i superstiti della violenza di genere. Il Sudan del Sud continua ad avere il maggior numero di gravi attacchi ad operazioni di aiuto e sappiamo che ogni volta che le regole che governano la condotta di coloro che combattono in guerra vengono infrante, la sofferenza umana si intensifica. Ultimamente, gli attacchi agli operatori umanitari colpiscono i più poveri del mondo», conclude Crowther.

Foto di apertura: "Airstrikes in Syria" ("Attacchi aerei in Siria"). ©Photoshot/Sintesi
Traduzione del testo dall'inglese: Cristina Barbetta


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