Politica & Istituzioni

Giuliano Pisapia: «Giustizia e garantismo, priorità per il nuovo governo»

«Troppo spesso, quando si parla o si scrive di giustizia lo si fa senza rispettare i princìpi di uno stato di diritto» spiega il vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo

di Marco Dotti

Giustizia, carcere, sicurezza, garanzie e diritti. Sono questioni cruciali, per il nostro Paese e per l'Europa. Questioni da affrontare con competenza, riannodando i fili di un dibattito che in questi anni, anche a sinistra, si è spezzato.

Da sempre impegnato sul tema dei diritti civili e della giustizia, Giuliano Pisapia è stato deputato al parlamento italiano per due legislature, dal 1996 al 2006. Avvocato, già sindaco di Milano dal 2011 al 2016, dal maggio scorso Pisapia è eurodeputato, eletto nelle file del PD. Nel Parlamento europeo ricopre un ruolo cruciale: è vicepresidente della commissione Affari Costituzionali. È la persona giusta per riaprire la questione: quale giustizia? quali diritti?

Un nuovo governo ha prestato giuramento. Un governo che si dice orientato a sinistra o, comunque, su tematiche sociali. Resta però una grande questione aperta. Aperta ma non sempre esplicitata: la questione “giustizia” e la necessità di recuperare lo spirito di un vero garantismo. Che cosa ne pensa?
In questo ultimo anno si è fatto ben poco, o meglio niente, per rendere la nostra giustizia celere, efficiente e garantista; anzi alcuni provvedimenti del governo giallo-verde hanno inciso negativamente sia sulle garanzie, sia sulla celerità dei processi. Troppo spesso, quando si parla o si scrive di giustizia lo si fa – salvo rare e lodevoli eccezioni – senza rispettare i princìpi di uno stato di diritto: mi riferisco soprattutto al processo penale, vi è grande attenzione -talvolta addirittura spettacolare – alla fase delle indagini e poi, spesso, ci si dimentica del dibattimento; si parla di indagati come presunti colpevoli e poi, se assolti, ci si scorda di comunicarlo o se ne parla in un trafiletto. Dovrebbe essere l’inverso: le indagini sono segrete e/o riservate mentre il dibattimento è pubblico.

Questo a tutela non solo della privacy ma, soprattutto, delle indagini. Le fughe di notizie danno un' informazione parziale e spesso falsata della realtà processuale e finiscono per influenzare, direttamente o indirettamente, anche il giudizio e, in ogni caso, incidono negativamente sulla vita, sul lavoro, sulla serenità anche di indagati che poi risultano totalmente estranei ai reati contestati. Personalmente credo fortemente nell’utilità processuale delle intercettazioni telefoniche ma spesso si dimentica che il codice prevede che possano essere autorizzate solo quando “assolutamente indispensabili” alla prosecuzione delle indagini e che debbono rimanere riservate fino alla fase dibattimentale.

Anche di riforma della giustizia si parla spesso nelle prime fasi di un nuovo governo, poi…
Fare riforme vere ed efficaci è sempre difficile; ma ho la netta impressione che sia ancora più difficile se si tratta di “giustizia”. Ciò che sta accadendo è davanti agli occhi di tutti: la giustizia viene strumentalizzata sempre più per finalità politiche. Faccio un esempio senza voler generalizzare: troppo spesso si fa un richiamo al garantismo e alla presunzione di non colpevolezza quando le indagini o il processo riguardano “gli amici” o le persone politicamente vicine; si diventa invece giustizialisti nei confronti degli avversari politici. Bisogna cambiare rotta. Ma per cambiarla occorre riconoscere di essere di fronte a un problema anche culturale. Le norme possono incidere, ma il problema è a monte.

Questo comporta anche una crescente sfiducia nella giustizia da parte dei cittadini…
Anche le modalità di comunicazione e informazione contribuiscono molto ad alimentare questo clima. In un’intervista il Garante dei detenuti Mauro Palma ha ricordato come la situazione delle nostre carceri e il rispetto dei diritti individuali e collettivi sia allarmante e come sia necessario un nuovo equilibrio. Non dimentichiamo che il rapporto con la giustizia – civile, penale, amministrativa – riguarda direttamente o indirettamente milioni e milioni di cittadini (vittime, imputati, indagati, ecc,). Garantismo significa rispettare le regole e il rispetto delle regole è fondamentale per evitare gli errori giudiziari che possono riguardare non solo imputati o condannati innocenti, ma anche colpevoli liberi e non puniti.

Carcere e condizione carceraria: è una zona oscura, non se ne parla più, nemmeno a sinistra. Tutto è declinato dietro il paravento “sicurezza”…
Questa è una grande battaglia culturale e sociale. Ho sempre sostenuto che la sicurezza sia un diritto dei cittadini. Come ho già detto il non rispettare le regole e le garanzie in ambito penale non comporta solo di avere innocenti in carcere, cosa di per sé stessa grave. Significa avere colpevoli che non subiscono una pena giusta, necessaria, non vendicativa e che, come dice la Costituzione, deve tendere alla rieducazione. Il rispetto delle regole, l’attenzione nei confronti dei detenuti (di cui quasi il 50% in carcerazione preventiva) non ha nulla a che vedere con il cd. “buonismo” ma è una garanzia per tutti e, soprattutto, è uno strumento per contrastare il crimine. Dobbiamo affermarlo con forza, perché solo prendendo atto della realtà è possibile trovare il percorso giusto per far diminuire i reati (che già da anni hanno fatto registrare una flessione) e garantire la sicurezza dei cittadini.

Tutti i dati confermano che le misure alternative al carcere fanno diminuire la recidiva e, quindi incidono positivamente sulla diminuzione dei reati e sulla sicurezza. Chi sconta l’intera pena in carcere presenta un tasso di recidiva di oltre il 70%; chi ha la possibilità di accedere a misure alternative al carcere ha un livello di recidiva molto più basso, sotto il 20%. Né possiamo dimenticare che oltre il 40% delle persone detenute nelle nostre carceri non lo è a seguito di una condanna ma in carcerazione preventiva (la lebbra del codice penale, così la definiva un grande giurista).

Il dato relativo alla recidiva e il numero di condanne del nostro Paese da parte della Corte Europea per il sovraffollamento e la disumanità delle nostre carceri dovrebbe far comprendere al nostro legislatore come sia giunto il momento di riprendere un filo realmente riformista già percorso ma purtroppo interrotto che aveva portato a esiti positivi sia sulla celerità dei processi che di pene giuste ed efficaci. La pena, ricordava Cesare Beccaria, non deve essere severa ma certa; deve essere reale ma non necessariamente carceraria.

Parlare di misure alternative viene spesso interpretato come “voi siete dalla parte dei delinquenti e dei colpevoli”…
È esattamente l’opposto e per questo occorre rovesciare questo luogo comune: il garantismo non è un regalo a chi delinque ma, al contrario, una politica intelligente che dimostra, con i numeri, la via per contrastare la criminalità creando le condizioni per una maggiore sicurezza di tutti. Chi realmente si pone dalla parte della giustizia si impegna per il vero garantismo.

Vi è poi il tema annoso della situazione carceraria, su cui riceviamo continue condanne da parte della Corte europea. Una situazione disumana che non aiuta di certo rispetto a un reinserimento sociale, graduale, sotto controllo, ma utile a tutti. Dobbiamo creare le condizioni affinché il minor numero di persone che abbiano scontato una pena tornino a commettere reati.

Dell’Italia abbiamo detto, ma in Europa possiamo far leva su qualche elemento nuovo?
Partiamo da due elementi: si sta ora rafforzando la Procura europea che, in accordo con le Procure dei singoli Stati, avrà il compito di indagare sui reati transnazionali più gravi. É innegabile come un organismo sovranazionale che si occupi di indagini potrà incidere positivamente sul contrasto e sulla sconfitta della criminalità organizzata e su gravissimi reati come terrorismo, riciclaggio, evasione fiscale, tratta dei migranti…

Il secondo elemento oggetto di discussione, e spero di decisione in tempi brevi, in Europa riguarda quei Paesi che non garantiscono i diritti fondamentali e violano i princìpi dello Stato di diritto. Bisogna arrivare all’introduzione di una procedura di blocco dei finanziamenti comunitari chi, violando diritti e/o non rispettando la divisione dei poteri, incide negativamente sui princìpi base di ogni democrazia.


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