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Di Piazza e la Riforma del Terzo settore: ecco le sfide del volontariato

Il nuovo sottosegretario si trova davanti un impianto legislativo ancora monco, su cui è necessario lavorare al più presto per far uscire tanti enti dalle incertezze. Registro unico, fiscalità, raccolta fondi... Ecco i principali provvedimenti attesi

di Lara Esposito

Il riferimento del Terzo settore italiano in questo momento è Stanislao Di Piazza. È lui il nuovo sottosegretario del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con delega al Terzo settore del governo Conte 2. Insieme a lui, è stata nominata anche la ex senatrice del Pd Francesca Puglisi, in passato responsabile scuola del partito e nella parte finale della scorsa legislatura presidente della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio. Titolare del dicastero, la pentastellata Nunzia Catalfo, conosciuta soprattutto per il suo contributo determinante alla realizzazione del reddito di cittadinanza.

Di Piazza conta nella sua storia una certa vicinanza ai temi al mondo del non profit, un sistema in piena trasformazione e nel mezzo di una riforma ancora sospesa e mancante di una serie di provvedimenti che dovrebbero renderla funzionante. Senatore del Movimento 5 stelle, 62 anni, nato a Palermo, è laureato in giurisprudenza, è stato vicepresidente della Commissione Finanze al Senato e – tra l'altro – segretario della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani. Di Piazza è stato direttore della filiale di Banca Etica di Palermo e referente per il sud di Etica sgr, la società di gestione del risparmio del Gruppo di Banca Etica, che gestisce fondi comuni di investimento “socialmente responsabili”. Ha spesso mediato tra il governo M5S-Lega da una parte e il Terzo settore dall’altra, soprattutto in alcuni momenti di tensione come nel caso dell’aumento dell’Ires per il non profit a dicembre 2018.

Tanti i tasselli mancanti nella normativa approvata oltre tre anni fa. In primis, l’attivazione del Registro unico nazionale del terzo settore (Runts), il principale strumento per rendere operativi a cascata obblighi e opportunità previsti dalla riforma. È atteso per questo autunno il decreto che definisce il suo funzionamento. Dovranno essere indicate con precisione le procedure di iscrizione, l’individuazione dei documenti e la modalità di deposito degli atti, le regole per la predizione dei documenti di tenuta, conservazione e gestione degli stessi e la modalità di comunicazione dei dati al Runts previsto dall’art. 53 comma 1 del Codice del terzo settore.

Tra le lacune più importanti, c’è poi l’approvazione dell’impianto fiscale da parte della Commissione europea, la cui richiesta non è ancora partita dal governo, e il raccordo con l’Agenzia delle Entrate sempre in ambito fiscale, per chiarire punti oscuri tra cui la definizione di ente commerciale o non. Mancano anche una serie di chiarimenti sul testo del decreto legislativo 117 del 2017 (Codice del terzo settore): non a caso negli scorsi mesi il ministero si è speso con una serie di circolari interpretative per fare chiarezza e dare indicazioni univoche.

Ma quali sono i provvedimenti attesi soprattutto dal mondo del volontariato?

Tra i testi in cantiere, l’individuazione dei meccanismi di assicurazione semplificati per i volontari. Si tratta di un pezzo importante considerando che il codice del terzo settore, ha reso obbligatoria la copertura assicurativa per i volontari, occasionali e non.
Manca anche il decreto per definire i criteri di riconoscimento in ambito scolastico e lavorativo delle competenze acquisite in attività/percorsi di volontariato. La loro valutazione potrebbe essere in futuro uno dei volani per la promozione della cultura del volontariato, soprattutto nelle giovani generazioni. Su questo, anche i Centri di servizio per il volontariato (Csv) saranno chiamati a lavorare per la loro valorizzazione.

Sempre in tema Csv, si attende il decreto previsto dall’articolo 96 del Codice sull’individuazione dei criteri, i requisiti e le procedure che reti associative e gli stessi centri dovranno seguire per esercitare le attività di controllo nei confronti degli enti del terzo settore. E in questa fase di fusioni e trasformazioni, dopo i decreti di nomina dei primi 9 Organismi territoriali di controllo, mancano ancora all’appello quelli di Campania e Molise, Marche e Umbria, Puglia e Basilicata, Sardegna, Trento e Bolzano, Veneto.

In tempi di pubblicazione di linee guida – negli ultimi mesi sono stati licenziati i testi su bilancio e impatto sociale – mancano ancora quelle sulla raccolta fondi, importante motore di autofinanziamento per moltissime realtà del terzo settore. Si lavora anche alla definizione dei modelli per la redazione del bilancio di esercizio per piccoli e grandi enti, altro decreto previsto dal codice del terzo settore.
Si attende, inoltre, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto che definisce “Criteri e limiti per esercizio attività diverse”, discusso in Cabina di regia lo scorso 7 marzo e rimasto finora sospeso. Le attività diverse devono essere indicate nello statuto e il loro “peso” nel computo delle attività complessive dell’ente determina importanti aspetti fiscali. Nella bozza approvata, inoltre, a determinare i “costi complessivi” c’è anche quello figurativo dell’impiego dei volontari.

Manca infine tutto l’impianto relativo al 5 per mille e al servizio civile universale. Un lungo lavoro, quindi, oggi più che mai urgente e necessario per dare certezze a un mondo che attende ormai da anni le giuste indicazioni per continuare a operare per il bene comune. Inoltre, entro il 30 giugno 2020 – data ultima di scadenza per la modifica degli statuti – alcune scelte andranno comunque fatte ma, se le carte rimangono così coperte, sarà difficile farlo in modo pienamente consapevole.

*CsvNet


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