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I bambini poveri hanno 7 volte meno probabilità di finire la scuola

Il nuovo rapporto di Oxfam fotografa un mondo spaccato in due in cui la disuguaglianza di accesso alla scuola ne Paesi più poveri condiziona il futuro di intere generazioni. Anche nei Paesi ricchi chi nasce in famiglie povere ha meno possibilità di finire gli studi secondari. L'Italia in Europa è il fanalino di coda per investimenti in istruzione pubblica con un tasso di abbandono scolastico tra i più alti nel vecchio continente. Appello al governo per una netta inversione di marcia

di Redazione

Il mondo è sempre più disuguale e a pare il prezzo più alto in termini di opportunità, sono soprattutto le nuove generazione nei Paesi in via di sviluppo. I bambini nati in famiglie povere hanno 7 volte meno probabilità di terminare la scuola rispetto ai loro coetanei nati in famiglie ricche o benestanti. È questo l’allarme lanciato oggi da Oxfam attraverso un nuovo rapporto “The power of education to fight inequality” pubblicato oggi (in allegato in inglese).
«I governi mettono a repentaglio il futuro dei bambini di tutto il mondo non investendo in un'istruzione pubblica di qualità gratuita. Ogni bambino dovrebbe avere le stesse possibilità di realizzare il proprio potenziale, non solo chi ha genitori che possono permettersi di pagare», ha detto Areta Sobieraj, responsabile dell’ufficio educazione di Oxfam Italia. «Tantissimi ragazzi e ragazze partono svantaggiati nei paesi poveri perché devono fare i conti con la malnutrizione cronica, che pregiudica il loro sviluppo e la loro capacità di studiare, mentre la spesa pubblica per l’istruzione si concentra nelle aree ricche a discapito di quelle povere, dove le scuole sono sovraffollate, prive di insegnanti qualificati, libri scolastici e anche semplicemente di servizi igienici. L’investimento in istruzione pubblica di qualità ha dimostrato invece di essere la leva più efficace per ridurre le disuguaglianze e costruire società più eque che sfruttano al massimo i talenti e il potenziale di tutti i bambini».

Il dossier mette in luce un quadro preoccupante in tema di disparità nell’accesso alle opportunità formative. Una situazione scioccante di cui sono vittime ancora oggi milioni di bambini e bambine in tutto il mondo, a seconda del reddito e della ricchezza della famiglia di appartenenza. Una disuguaglianza che non risparmia neppure chi ha avuto la fortuna di nascere nei Paesi più ricchi, dove solo il 75% dei ragazzi nati in famiglie con reddito basso termina le superiori contro il 90% dei figli delle famiglie più ricche. Una situazione che in tutti i Paesi è strettamente correlata a investimenti inadeguati nell’istruzione pubblica e gratuita. Basti citare il caso del Pakistan – uno dei Paesi più disuguali al mondo e con livelli bassissimi in spesa pubblica per l’istruzione – dove oltre 24 milioni di bambini non vanno a scuola.

L'istruzione pubblica – ricorda una nota dell’organizzazione – dovrebbe beneficiare dello stanziamento di almeno il 6% del Pil, che può esser finanziato nei Paesi a basso e medio reddito attraverso la creazione di sistemi fiscali più equi. Alcuni governi del Sud del mondo hanno percorso questa strada con importanti risultati: l’Etiopia tra il 2005 e il 2015 è diventata il 5°investitore al mondo in istruzione in percentuale sul Pil garantendo l’accesso a scuola di 15 milioni di bambini in più. L’Ecuador ha triplicato la propria spesa educativa tra il 2003 e il 2010: un obiettivo raggiunto grazie a politiche fiscali efficaci.

E l'Italia? Nel nostro Paese il tasso di dispersione scolastica ha ripreso a crescere dopo anni di riduzione e evidenzia livelli più alti nelle regioni più povere del Mezzogiorno. Secondo gli ultimi dati Eurostat l’abbandono precoce degli studi in Italia è aumentato nell’anno scolastico 2017/2018, con il 14,5% dei ragazzi tra 15 e i 24 anni in possesso della sola licenza media. Un dato in crescita dello 0,7% su media nazionale rispetto all’anno precedente, con una forbice che va da un tasso di dispersione dell’11,7% nel Nord-ovest al 18,5% nel Sud del Paese, e che porta a il nostro a essere il quarto Paese per abbandoni precoci in Europa, dopo Malta, Spagna e Romania, ben al di sopra della media europea del 10%. A fronte di tale emergenza – ricorda la nota di Oxfam -, l’Italia è da alcuni anni un Paese con uno dei più bassi investimenti in istruzione in rapporto al Pil: secondo il rapporto Asvis 2018, l’Italia investe appena il 4% del Pil in educazione rispetto alla media europea del 4,9% e, in termini di quota sulla spesa pubblica, l’Italia è passata dal 9,1% del 2008 al 7,9% del 2015, a fronte di valori del 9,6% della Germania e della Francia e del 9,3% della Spagna: un dato che ci pone dietro alla gran parte dei Paesi Ue. Un quadro che fa sì che nel nostro paese il 26% dei ragazzi e delle ragazze tra i 15 e i 29 anni (e addirittura il 37% delle ragazze tra i 25 e i 29 anni) non studi e non lavori rispetto a una media del 13% dei paesi dell’area Ocse. L’Italia è, insieme alla Grecia, il paese nel quale più della metà della popolazione dei 18-24enni è rimasta senza lavoro per almeno un anno.

«È fondamentale che il nuovo Governo ponga al centro della propria azione maggiori e più efficaci investimenti nell’istruzione pubblica con l’obiettivo di contrastare la dispersione scolastica e la povertà educativa, le disuguaglianze tra regioni ricche e povere, includendo un sempre più alto numero di ragazzi che sono tagliati fuori», aggiunge Sobieraj.«Accogliamo con favore le prime dichiarazioni del nuovo Ministro dell’Istruzione rispetto alla necessità di aumentare l’investimento in ambito educativo. Ci auguriamo che tali risorse possano essere effettivamente reperite e investite, in modo coordinato, nella qualificazione degli insegnanti, in politiche di pre-scolarizzazione efficaci, in innovazione didattica, per un orientamento scolastico tra un ciclo di studi e l’altro che faciliti la riduzione del numero degli studenti respinti nei primi anni delle superiori, per potenziare il contrasto alla povertà educativa e l’educazione alla cittadinanza globale».

Oxfam da anni è al lavoro per rispondere a queste sfide, contrastando l'abbandono precoce e la dispersione scolastica in molte periferie italiane, con interventi orientati a rimuovere gli ostacoli che causano povertà educativa e l’esclusione sociale e a rafforzare la capacità del sistema educativo di garantire a tutti la possibilità di partecipare attivamente a processi di apprendimento efficaci, sviluppando la capacità di essere cittadini attivi. Un lavoro di innovazione didattica riassunto nel manuale “La Scuola di Tutti” e di creazione di nuove opportunità sostenuto da partner diversi, tra i quali Fondazione Burberry e Impresa Sociale con I Bambini, e realizzato assieme a scuole, genitori, insegnanti per promuovere l’inclusione sociale e offrire possibilità formative a migliaia di studenti che rischiano di restare e sentirsi ai margini.
Ad esempio attraverso l’introduzione di meccanismi di mentoring con cui gli studenti più avanti negli studi possano aiutare i compagni più in difficoltà, con formazioni e laboratori innovativi rivolti a studenti e insegnanti.


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