Cooperazione & Relazioni internazionali

Raid della Turchia in Siria: chiesta sospensione export armi italiane

La Turchia è uno dei principali clienti dell’industria bellica italiana, con vendite autorizzate per 360 milioni di euro solo nel 2018. Con l'avvio delle operazioni militari in Siria, la Turchia diventa un Paese in stato di conflitto armato, a cui secondo la legge 185/90 non è possibile vendere armi. Vignarca (Rete Italiana Disarmo) si appella al ministro Di Maio: «Chiediamo che tutti questi trasferimenti vengano bloccati»

di Redazione

La Turchia ha avviato una operazione militare contro le forze curde nel nord-est della Siria. Ad confermarlo, su Twitter, lo stesso presidente turco Erdogan, che ha battezzato l’operazione #OperationPeaceSpring. Dinanzi a questa notizia, la Rete Italiana per il Disarmo esprime forte preoccupazione: la Turchia infatti è uno dei principali clienti dell’industria bellica italiana, con vendite autorizzate per 360 milioni di euro solo nel 2018. «Chiediamo con forza al Governo italiano di adoperarsi per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile», afferma Francesco Vignarca coordinatore della RID. «In particolare risultano drammatiche le notizie di fonte curda secondo le quali i primi bombardamenti avrebbero colpito anche obiettivi civili».

La Rete Italiana per il Disarmo chiede formalmente al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che vengano sospese con effetto immediato tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso la Turchia, secondo quanto previsto dalla legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato. «Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro alla Turchia e consegnato effettivamente materiale di armamento per 463 milioni di euro», sottolinea Vignarca. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7 mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software. «Mi aspetto che tutti questi trasferimenti vengano bloccati, perché la Legge 185/90 impedisce vendite a Paesi in conflitto».

Giorgio Beretta, analista sull’export di armi per la RID, dichiara «inaccettabile che il nostro Paese, che ha attivamente sostenuto l'impegno delle popolazioni curde di contrasto all'ISIS, continui a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi. È giunto il momento che il Parlamento faccia sentire la propria voce chiedendo lo stop alle forniture di sistemi militari di produzione italiana fino a che la situazione non sarà chiarita. L'appartenenza della Turchia alla Nato non può costituire un alibi per non affrontare la questione ed assumere le necessarie decisioni».


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