Come spingere la Libia a chiudere i centri di detenzione
di
Nino Sergi*
20OttobreOtt2019123820 ottobre 2019
La Farnesina ospiterà il 21 e 22 ottobre una conferenza sui diritti umani e l’aiuto umanitario in Libia. Secondo quanto appreso da Agenzia Nova, i lavori "al livello di alti funzionari” saranno aperti dalla viceministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Emanuela Del Re, e verteranno in particolare sul coordinamento degli aiuti umanitari e sul rispetto del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani. L'incontro di natura "tecnica" è co-organizzato dalla Farnesina e dalla Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario della Commissione europea (Echo). Nino Sergi propone una lettura basata sulle convenzioni internazionali che vincolano la Libia insieme alla Comunità internazionale
...
...
La Farnesina ospiterà il 21 e 22 ottobre una conferenza sui diritti umani e l’aiuto umanitario in Libia. Secondo quanto appreso da Agenzia Nova, i lavori "al livello di alti funzionari” saranno aperti dalla viceministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Emanuela Del Re, e verteranno in particolare sul coordinamento degli aiuti umanitari e sul rispetto del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani. L'incontro di natura "tecnica" è co-organizzato dalla Farnesina e dalla Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario della Commissione europea (Echo). Nino Sergi propone una lettura basata sulle convenzioni internazionali che vincolano la Libia insieme alla Comunità internazionale
“La Libia non ha ratificato la convenzione di Ginevra sui rifugiati e richiedenti asilo: non può quindi essere obbligata a prendersene cura. In Libia i richiedenti protezione e asilo sono degli illegali e in quanto tali sono internati nelle carceri e nei centri di detenzione secondo le leggi di questo stato sovrano”. Tante volte abbiamo letto o sentito queste o simili affermazioni. Sono parole che sono state assimilate perfino dalla cosiddetta comunità internazionale, cioè noi, l’Italia, l’Europa, i Paesi democratici, rimasti quindi impotenti e immobili. Gli Stati si sono limitati a guardare, talvolta a denunciare, nascondendo la propria inadeguatezza e pusillanimità dietro a questa ipocrita giustificazione.
E’ vero, la Libia non ha mai preso in considerazione la convenzione di Ginevra sui rifugiati con gli obblighi derivanti dal riconoscimento del loro status. Ha firmato invece una convenzione regionale africana sullo status di rifugiato e, per il momento, considera come aventi diritto solo quelli di sette nazionalità: siriani, iracheni, palestinesi, somali, eritrei, etiopi Oromo e sudanesi del Darfur, alcune delle quali sono state e sono presenti nei centri di detenzione. La Libia ha però aderito a vari altri trattati e convenzioni, con pari valore umano ed etico e con obblighi altrettanto vincolanti.
Indubbiamente, lo stato di conflitto permanente, di instabilità e di caos politico che l’insensato intervento militare internazionale del 2011 ha provocato in Libia, indebolisce l’effettiva attuazione di tali obbligazioni; ma almeno non ci si nasconda dietro il rigetto libico della convenzione di Ginevra per giustificare l’inazione a cui abbiamo assistito negli anni e a cui continuiamo ad assistere.
I centri di detenzione in Libia devono essere chiusi. Le condizioni dei rifugiati e migranti ivi detenuti sono infatti una vergogna per tutta l’umanità che assiste paralizzata alle torture ed alle altre crudeli, disumani, degradanti pene che colpiscono ripetutamente uomini, donne, bambini. E’ la credibilità della “comunità” internazionale che è ormai messa in gioco.
E’ stata ammessa l’apertura di una ‘struttura di transito e partenza’ gestita dall’Unhcr a Tripoli per chi ha bisogno di protezione internazionale, ma l’agibilità nei centri di detenzione rimane molto limitata, così come nei punti di sbarco dove vengono riportate le persone intercettare in mare alle quali l'Unhcr offre assistenza medica, registrando chi è idoneo al riconoscimento dello status di rifugiato. Chi non lo è invece seguito dall’Oim che, sempre con molte limitazioni e difficoltà, provvede al trasferimento volontario e assistito in altri paesi.
Un maggiore interesse e impegno dei governi che possono avere peso sulla Libia potrebbe ottenere molto di più e la Commissione africana dell’UA sui diritti dell’uomo e dei popoli potrebbe svolgere una seria indagine sulle gravi violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione libici. Sulla base della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, ratificata da tutti gli Stati africani ad eccezione del Marocco, alla Commissione sono infatti attribuite le funzioni di promuovere e proteggere i diritti umani e dei popoli.
E’ sorprendente l’elenco delle ratifiche e adesioni della Libia a convenzioni e trattati internazionali tuttora validi e impegnativi. Se con la ratifica la Libia è legalmente vincolata a un trattato, con l’adesione accetta di diventare parte di un trattato e l’effetto giuridico che ne deriva è pari a quello della ratifica (Alto Commissariato per i diritti umani, Ohchr). C’è quindi molta materia per potere agire sulla Liba al fine della chiusura dei centri di detenzione inumani e disumani. Si tratta di impegni internazionali che sono stati quasi dimenticati sia dai libici che dalla comunità internazionale. È bene ricordarli.
La Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, ratificata dalla Libia il 19 luglio 1986, sancisce che “Ogni persona ha diritto al godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti e garantiti nella presente Carta senza alcuna distinzione, in particolare senza distinzione di razza, sesso, etnia, colore, lingua, religione, opinione politica o qualsiasi altra opinione, di origine nazionale o sociale, di fortuna, di nascita o di qualsiasi altra situazione” (art. 2). “La persona umana è inviolabile. Ogni essere umano ha diritto al rispetto della sua vita e all'integrità fisica e morale della sua persona. Nessuno può essere arbitrariamente privato di questo diritto” (art. 4). “Qualsiasi forma di sfruttamento e di svilimento dell'uomo, specialmente la schiavitù, la tratta delle persone, la tortura fisica o morale, e le pene o i trattamenti crudeli, inumani o degradanti sono interdetti” (art. 5).
La Convenzione UA regolante gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa, ratificata il 25 aprile 1981, stabilisce che “La concessione dell'asilo ai rifugiati è un atto pacifico e umanitario e non deve essere considerata un atto ostile da nessuno Stato membro” (art. 2). Gli Stati membri collaboreranno con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Questa Convenzione sarà l'efficace complemento regionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sullo status dei rifugiati per l'Africa del 1951 (art. 7, c. 1 e 2).
Invocare la non ratifica della Convenzione di Ginevra sui rifugiati non esonera la Libia dal rispetto dei diritti umani, fino alla definitiva chiusura di tali centri criminali, e non esonera la comunità internazionale dall’esigerne la chiusura, nel rispetto di tali diritti, prevedendo strutture alternative gestite dalle organizzazioni internazionali umanitarie e stabilendo accordi compensativi. E’ giunto il momento di agire.