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Riforma Terzo settore: lavoro e non profit, servono chiarimenti

Lavoratori svantaggiati e volontari nell’impresa sociale, flessibilità degli orari e prestazioni all’interno delle Aps: sono diversi gli aspetti della norma che meriterebbero l’intervento a stretto giro del legislatore

di Giulio D'Imperio

Considerando le disposizioni previste dalla Riforma del terzo settore riconducibili alla parte lavoro, ad oggi, l’unico provvedimento emanato è la nota n.4097 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali datata 3 maggio 2019 con cui sono stati forniti chiarimenti in merito all’impiego di soggetti ritenuti svantaggiati che non devono essere inferiori al 30% del totale dei lavoratori facenti parte dell’organico aziendale.

Inoltre è stato chiarito che i soggetti svantaggiati devono essere conteggiati per “teste” e non in base alle ore effettivamente svolte dai lavoratori stessi. Importante è stato specificare che le persone svantaggiate non concorrono a stabilire il numero complessivo dei lavoratori utile al calcolo del 30% dei lavoratori svantaggiati, poiché tale criterio rappresenterebbe una ulteriore penalizzazione per tale tipologia di lavoratori. Invece nulla però è stato chiarito in merito a quanto disciplinato dall’articolo 2 del decreto correttivo dell’impresa sociale che prevede la perdita del requisito di lavoratore molto svantaggiato dopo che siano trascorsi ventiquattro mesi dalla data di assunzione.

Pertanto non è ancora chiaro se il requisito di lavoratore svantaggiato lo si perde a seguito di una assunzione di almeno ventiquattro mesi continuativi presso una sola impresa sociale, oppure sommando più periodi magari trascorsi presso diverse imprese sociali. Oppure se i ventiquattro mesi vanno conteggiati sommando eventuali assunzioni dirette e quelle in somministrazione con la stessa impresa sociale. Inoltre sarebbe interessate chiarire, nell’ambito di una impresa sociale, quanto riportato all’articolo 5 del Decreto legislativo n.95 del 20 luglio 2018 “Le prestazioni di attività di volontariato possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti….”.

Pertanto sarebbe auspicabile, per una corretta gestione del personale di una impresa sociale, che si chiarisse cosa si intende per “ruolo complementare e non sostitutivo”. Azzardando alcune ipotesi possiamo ritenere che questa situazione potrebbe essere rispettata quando l’impiego del volontario in una impresa sociale, per svolgere una determinata mansione, avviene per un brevissimo lasso di tempo come supporto a chi in qualità di lavoratore dipendente già svolge quella determinata mansione. Oppure l’impiego del volontario non deve avvenire per sostituire una lavoratrice che è in maternità, oppure un lavoratore infortunato od uno che è assente per ferie o per malattia. E’ chiaro che in assenza di chiarimenti le ipotesi interpretative potrebbero essere infinite.

Importante sarebbe emanare il decreto ministeriale in modo da rendere noti i criteri attraverso i quali è possibile riconoscere, sia in ambito lavorativo che scolastico, le competenze acquisite dal volontario nello svolgimento della propria attività, così come stabilito dall’ articolo 19 comma 2 del decreto legislativo n.117 del 3 luglio 2017. Questo passaggio che ai più potrebbe sembrare superfluo, invece è molto importante sia per chi è in cerca di un lavoro, sia per gli studenti a cui potrebbero essere riconosciuti importanti crediti formativi. Un simile provvedimento potrebbe essere anche un valido incentivo per numerosi ragazzi per avvicinarsi al mondo del volontariato e delle solidarietà.

Passando alla disamina delle norme di carattere giuslavoristico previste dal codice del terzo settore nulla è stato chiarito riguardo l’articolo 17 comma 6-bis del decreto correttivo che prevede, per i lavoratori dipendenti che svolgono attività di volontariato, la possibilità usufruire di forme flessibili di orario di lavoro oppure di turnazioni disciplinate dalla contrattazione applicata o da eventuali accordi sottoscritti. Mi spiego: sarebbe interessante comprendere quali sono le forme di orario flessibili, perché in base a queste è possibile comprendere meglio la tipologia contrattuale con cui assumere il dipendente. Ad esempio accanto ad un contratto a tempo parziale, un’altra formula contrattuale che potrebbe trovare spazio potrebbe essere il telelavoro, ma queste sono ipotesi che sarebbe bene trovassero conferma in indicazioni anche Ministeriali.

Esaminando il codice del terzo settore non è stato reso noto quando una prestazione lavorativa svolta presso un APS, anche da parte dei propri associati, deve essere considerata indispensabile per svolgere attività di interesse generale così come previsto dall’articolo 36 del decreto legislativo 117/2017.


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