Welfare & Lavoro

Svimez: il reddito di cittadinanza allontana dal mercato del lavoro

Allarmanti i dati del rapporto: dal 2000 hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati

di Redazione

Il reddito di cittadinanza è utile, ma aumenta la distanza tra chi lo percepisce e il mercato del lavoro. Quanto all’occupazione, il divario tra Nord e Sud è risalito: per colmarlo, nel Meridione bisognerebbe creare tre milioni di posti di lavoro. C’è poi un dato che evidenzia quanto sia ancora diffusa l’emigrazione dal Sud: dal 2000 hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni di persone. Metà di queste sono giovani. Sono i dati più rilevanti del nuovo rapporto Svimez. L’associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno giudica “utile il Reddito di cittadinanza” ma sostiene che “la povertà non si combatte solo con un contributo monetario: occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza”. Quanto all’aspetto occupazionale si sottolinea nel report: “L’impatto del Reddito sul mercato del lavoro è nullo, in quanto la misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro”.

Il divario tra Sud e Nord non si rimargina, anzi, ha subito un incremento. Nel rapporto si legge ancora: “Si riallarga il gap occupazionale tra Sud e Centro-Nord, nell’ultimo decennio è aumentato dal 19,6% al 21,6%: ciò comporta che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centro-Nord sono circa 3 milioni”. Nello specifico: “La crescita dell’occupazione nel primo semestre del 2019 riguarda solo il Centro-Nord (+137.000), cui si contrappone il calo nel Mezzogiorno (-27.000)”.

Allarmanti i dati dell’emigrazione: “Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati”. Il Rapporto Svimez lancia l’allarme sulla “trappola demografica”. In Italia nel 2018 si è raggiunto “un nuovo minimo storico delle nascite”, si ricorda, sottolineando che al Sud sono nati circa 157 mila bambini, 6 mila in meno del 2017. La novità, spiega, è “che il contributo garantito dalle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli”.

Senza un’inversione di tendenza, si legge ancora, “nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centro-Nord (-3,9 milioni) e del 40% nel Mezzogiorno (-5,2 milioni)”. Uno scenario questo definito “insostenibile”, viste anche le conseguenze economiche: tra meno di cinquant’anni “con i livelli attuali di occupazione, produttività e di saldo migratorio, l’Italia perderà quasi un quarto del Pil, il Sud oltre un terzo”. Per Svimez “le possibilità di contenere tali effetti sono legate ad un significativo incremento del tasso di occupazione, in particolare di quello femminile”.


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