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Politica & Istituzioni

Rossini (Acli): “Non c’è spazio per una partito dei cattolici, ma i cattolici sono necessari alla buona politica”

Il numero uno dell'associazione interviene nel dibattito sollecitato dal manifesto “Per la costruzione di un nuovo soggetto politico democratico e popolare”: «Noi stessi come organizzazione sociale vogliamo essere più vicini alla politica, ma non nel senso di tenere un dialogo piatto. La Chiesa ha prima individuato una questione sociale, poi si è passati a una questione antropologica, oggi c’è una questione politica. C’è un problema di ragionare su dove dobbiamo portare questa società. Serve una visione"

di Redazione

“Le municipalità, i corpi intermedi e le associazioni – strumenti di solidarietà e generatori di relazioni e dialogo civile – rivestono ruolo fondamentale per ricostruire la “coesione sociale”: è questo uno dei passaggi fondanti del manifesto (“Per la costruzione di un nuovo soggetto politico democratico e popolare”, in allegato) promosso dagli economisti Stefano Zamagni e Leonardo Becchetti. Un documento che qualcuno ha letto come il programma politico della nuova Democrazia cristiana e che in ogni caso ha acceso il dibattito pubblico all’interno del mondo cattolico e non solo. Con Roberto Rossini, numero uno delle Acli, il network delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (980mila iscritti e 8mila strutture territoriali, tra cui 4mila circoli, 105 sedi provinciali e 21 regionali), partiamo proprio dai corpi intermedi. Con una premessa: «Guardiamo sempre con attenzione quello che succede nel mondo cattolico, abbiamo consapevolezza che siamo in una fase in cui i cattolici possono dire molto».

Zamagni e non solo lui negli ultimi mesi hanno evidenziato la necessità di “contrastare quelle forme della politica (populista o sovranista) che umiliano i corpi intermedi della società, privati della capacità di proposta e di indirizzo”. Nasce anche da qui l’urgenza del protagonismo cattolico in politica?
Durante i governi giallo verde l’attacco ai corpi intermedi è stato pesante, pensiamo al caso delle ong. Detto questo i corpi intermedi vanno difesi non solo in sé come soggetti, ma anche come modello di società. Noi ci immaginiamo una società dove i corpi intermedi abbiamo un ruolo e rappresentino il “popolo” organizzato con cui occorre confrontarsi e lavorare. Chi invece pensa che lo spazio pubblico debba essere occupato solo da un leader e da una moltitudine di individui non fa politica, ma marketing. È una questione di modello sociale.

Oggi è cambiato il clima?
Senza dubbio. Col nuovo governo è cresciuta l’attenzione verso il Terzo settore e comunque non subiamo più attacchi. Rimane un tema: noi abbiamo una politica che spesso sottolinea gli elementi di paura, di nostalgia, di negatività. Chi in questi anni ha fatto battaglie nel nome del bene comune? La società civile, che non va santificata, ma nemmeno ci si può dimenticare a mobilitazioni come L’Italia sono anch’io, l’Alleanza contro le povertà, l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile, il Forum delle diseguaglianze. Quello che serve è un soggetto politico che sappia cogliere e valorizzare le spinte positive che arrivano dalla società. Non solo. Penso anche che, escluse poche eccezioni, i partiti non formino più la classe dirigente e che quindi il vivaio naturale da cui pescare sia proprio la società civile. Una volta si parlava di “palestra di democrazia”.

Per raccogliere queste “pulsioni” serve una Balena Bianca 4.0?
Io sono convinto che il modello del partito leggero determini una democrazia leggera. Detto alla Renzi, un partito light genera una democrazia light. Non dobbiamo ceto tornare ai partiti pesanti degli anni 50, ma ci sarà pure una via di mezzo.

Veniamo al punto: serve un nuovo partito dei cattolici?
Il manifesto individua punti molto interessanti, oggi per esempio il tema centrale è quello della diseguaglianza; bisogna però capire quale sia lo spazio politico per un’iniziativa del genere.

Qual è la sua risposta?
Non credo ci siano le condizioni. Almeno oggi non c’è spazio per fare un partito di soli cattolici, a meno di non voler costituire un partito molto piccolo. Ci sono però tutte le condizioni perché la presenza dei cattolici in politica sia autorevole e forte e ponga le questioni reali. In sintesi: in politica c’è bisogni di cattolici, ma non di un partito cattolico. Noi stessi come organizzazione sociale vogliamo essere più vicini alla politica, ma non nel senso di tenere un dialogo piatto. La Chiesa ha prima individuato una questione sociale, poi si è passati a una questione antropologica, oggi c’è una questione politica. C’è un problema di ragionare su dove dobbiamo portare questa società. Serve una visione. Per questo serve l’impegno dei cattolici.

Salvini, Meloni, Berlusconi, Di Maio, Renzi e via dicendo: difficile trovare un leader che non si dichiari cattolico…
Le rispondo con una frase di Sant’Ignazio di Antiochia spesso ripresa dal cardinale Dionigi Tettamanzi: “è meglio essere cristiani senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo”. Come ricorda Mauro Magatti l’essere cattolico ha a che fare con la concretezza e col pragmatismo di chi entra nelle cose e nei problemi per affrontarli e risolverli. Il cattolicesimo non è astratto, né praticone. Niente a che fare col simbolismo, nè col marketing.


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