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Flagello clima: in Africa 52 milioni di persone rischiano la morte per fame

Terrificanti alluvioni e siccità stanno devastando aree sempre più vaste dell’intero continente: solo nel 2019 2,6 milioni di “profughi climatici” si sono aggiunti alle 7,6 milioni di persone in fuga da conflitti

di Redazione

ltre 52 milioni di persone in 18 paesi, sparsi tra Africa centrale, orientale e meridionale, rischiano di morire fame a causa degli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, aggravati da conflitti e povertà estrema. Molte regioni sono colpite, per la seconda volta in 4 anni, da una gravissima e prolungata siccità, la più grave degli ultimi 38 anni.

TRA GRANDE SICCITÀ E ALLUVIONI

Nell’Africa meridionale, in diverse aree dello Zimbabwe, si registra il più basso livello di piogge dal 1981, con 5,5 milioni di persone che al momento sono colpite da grave insicurezza alimentare. La regione dello Zambia ricca di mais è oggi a secco: le esportazioni si sono azzerate, con la conseguenza che nel paese a soffrire la fame sono 2,3 milioni di persone. Intanto la situazione si sta aggravando anche in Angola, Malawi, Mozambico, Madagascar, Namibia e Zimbabwe, mentre in Sudafrica ci sono stati casi di suicidi tra gli agricoltori.

La siccità sta colpendo duramente anche l’Africa orientale e il Corno d’Africa, in particolare in Etiopia, Kenya e Somalia. Allo stesso tempo, le temperature record registrate nell’Oceano Indiano hanno scatenato piogge intensissime in Kenya e Sud Sudan, provocando alluvioni soprattutto lungo i principali corsi fluviali: il Sud Sudan ha dichiarato lo stato di emergenza, con oltre 900.000 persone colpite dalle alluvioni.

MILIONI DI PROFUGHI A CAUSA DI GUERRE E CLIMA

Quasi ovunque in Africa l’intensificarsi di questi eventi meteorologici estremi avviene in paesi già devastati da conflitti e violenza: nel 2019 nell’intero continente ai 7,6 milioni di sfollati in fuga da conflitti, si sono aggiunti 2,6 milioni di profughi del clima. Con alcune delle più situazioni più gravi che si sono verificate in Etiopia, Somalia, Sudan e Sud Sudan. Tre paesi che hanno dovuto fronteggiare simultaneamente l’esodo di oltre 1 milione di persone costrette a fuggire da guerre e siccità.

Insomma una situazione sempre più fuori controllo e vicina ad un punto di non ritorno, di fronte a cui la comunità scientifica internazionale ha già ampiamente dimostrato quanto all’origine dell’intensificarsi di eventi meteorologici estremi, ci siano proprio i cambiamenti climatici. È solo di qualche giorno fa uno studio firmato da 11.000 ricercatori di 153 Paesi, tra cui circa 250 italiani, pubblicato dalla rivista BioScience, in cui si avverte che la Terra è in piena "emergenza climatica", e di questo passo "indicibili sofferenze umane" saranno inevitabili.

Ebbene in 18 paesi africani, avverte Oxfam, la febbre del pianeta è altissima da 10 anni e le sofferenze umane sono già inimmaginabili.

IL COSTO DELL’EMERGENZA CLIMATICA

In parallelo, in termini economici – senza contare il costo delle ultime crisi – si registrano perdite per 700 milioni di dollari dovute all’emergenza climatica negli ultimi 10 anni e pochi fondi raccolti a livello globale per fronteggiare l’impatto dei danni subiti. Pur contribuendo solo per il 5% all’emissione di gas climalteranti in atmosfera, l’Africa è il continente più colpito dall’emergenza climatica.

Al centro della discussione della Conferenza ministeriale africana sull’ambiente (AMCEN), che si terrà a Durban dall’11 al 15 novembre, vi sarà proprio la sostenibilità e prosperità ambientale dell’Africa. Oxfam si augura che da qui i ministri chiedano con forza ai paesi industrializzati di tener fede alle promesse fatte, evitando ulteriori costi finanziari e soprattutto umani. Un prezzo altissimo, pagato da milioni di persone che si trovano in una condizione di insicurezza alimentare in Africa. Uomini, donne e bambini che, partendo già da una condizione di estrema vulnerabilità, stanno letteralmente esaurendo le loro riserve di cibo a causa degli shock climatici, e che per questo hanno bisogno immediato di aiuto prima che sia troppo tardi. Basti pensare che nella parte occidentale del Kenya, i raccolti sono diminuiti del 25% e in Somalia del 60%, mentre il bestiame in molte zone rurali produce poco latte a causa delle pessime condizioni di salute e il prezzo dei cereali è schizzato alle stelle, tagliando fuori le persone più povere. Quasi 7 milioni di persone nella regione sono allo stremo per la mancanza di cibo.

I PAESI DONATORI NON POSSONO CONTINUARE A GIRARSI DALL’ALTRA PARTE

Di fronte a questa crisi drammatica, Oxfam lancia perciò un appello urgente ai leader africani che si riuniranno a Durban, affinché facciano pressione sulle economie più avanzate, perché mantengano gli impegni sottoscritti con gli Accordi di Parigi: riducendo le emissioni di CO2 in atmosfera – con l’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5 gradi – e stanziando i 100 miliardi dollari promessi per l’adattamento ai cambiamenti climatici dei Paesi in via di sviluppo.

Allo stesso tempo è necessario che i Governi africani migliorino le loro politiche sul tema: definendo un nuovo modello di finanziamento per la riduzione dei danni dovuti all’impatto del clima in vista della prossima conferenza Onu sul clima (Cop 25); migliorando i loro sistemi di allarme sull’impatto di catastrofi naturali; stanziando i fondi necessari ad aiutare le comunità più vulnerabili, soprattutto di piccoli agricoltori; assicurando aiuti e sicurezza a milioni di “migranti climatici”.

Oxfam al momento è al lavoro a fianco di oltre 7 milioni di persone in 10 dei paesi africani più colpiti dalla crisi climatica, per garantire l’accesso al cibo e all’acqua pulita alla popolazione e aiutare le comunità più vulnerabili ad adattarsi all’impatto di eventi climatici sempre più estremi e frequenti. Con l’obiettivo di raggiungere nel prossimo futuro il 10% della popolazione più colpita dall’impatto dei cambiamenti climatici in questi paesi.

Si può sostenere la risposta di Oxfam su https://www.oxfamitalia.org/donazioni/dona-emergenza-fame-africa/

© Philip Hatcher-Moore per concessione di Oxfam


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