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Ovadia: «Liliana Segre? Basta con la favoletta degli italiani brava gente»

L'intellettuale Moni Ovadia interviene durissimo sul caso della senatrice a vita appena messa sotto scorta: «Siamo un Paese poco serio, in declino e che non ha mai fatto i conti con la propria storia. Solo una rivoluzione può salvarci»

di Lorenzo Maria Alvaro

In seguito alle minacce via web e allo striscione di Forza nuova esposto nel corso di un appuntamento pubblico a cui partecipava a Milano, il prefetto Renato Saccone ha deciso di assegnare la tutela alla senatrice a vita Liliana Segre, ex deportata ad Auschwitz, che, da ieri, ha due carabinieri che la accompagnano in ogni suo spostamento. Una vicenda che è diventata prima un caso nazionale e poi, in breve, scandalo internazionale. Ne abbiamo parlato con l'intellettuale Moni Ovadia.


Come ha accolto la notizia della scorta a Liliana Segre?
Non mi ha minimamente sorpreso. L'Italia è un Paese che non ha fatto i conti con il fascismo che significa non averli fatti neanche con il nazismo. Ci siamo baloccati con un mito fradicio e falso, “gli italiani brava gente”. Basterebbe leggere il libro del professor Angelo Del Boca “Italiana brava gente”, per sapere che i fascisti italiani hanno commesso crimini atroci per contro proprio. In Cirenaica un genocidio, in Etiopia uno sterminio di massa, nelle terre della Ex Jugoslavia pulizia etniche, roghi di case, istituzioni di campi di concentramento e di sterminio. Italia brava gente un cazzo, per dirla fuori dalla solita ritualità.

Siamo quindi un Paese fascista?
I fascisti hanno sempre cercato il revanscismo. Gli americani per ragioni di politica estera e di potenza hanno chiesto di reintegrare tutti i fascisti negli organi più delicati dello stato, come i Servizi Segreti, e di espellere tutti i resistenti. Per questo abbiamo dovuto subire stragi di Stato e una democrazia malata. Appena è crollato il muro di Berlino, di cui in questi giorni cade l'anniversario, è cominciata la sarabanda di un revisionismo da talk show, sconcio infame e criminale. I racconti su Mussolini grande statista e brava persona. Un vigliacco, genocida, traditore, infame, disonorato. Onore al Duce si sente in giro. Quale onore? Un uomo che si è imboscato in un camion di tedeschi lasciando le camicie nere in balia dei partigiani. Ha avuto per 12 anni un'amante ebrea, la Sarfatti, che era all'estero quando furono fatte le leggi razziali, ma la sorella era in Italia è finita ad Auschwitz e ci è morta. Si può riabilitare un assassino del genere? E poi tutti compiacenti in quelle cloache che si chiamano talk show. Dove il rispetto è assente. Dobbiamo ancora sentire un anchorman dire a una signora violentata e picchiata che è fortunata perché è ancora viva (Bruno Vespa ndr). Non siamo un Paese fascista. E siamo un Paese in cui c'è naturalmente tanta brava gente. Il problema è che dobbiamo capire che non è brava perché italiana. Sant'Agostino era africano e Gesù era ebreo. La nazionalità non c'entra nulla.

E allora come si spiega questo reflusso nazionalista?
Semplicemente siamo un paese in pieno declino. Basta guardare il caso AccelorMittal. Ci trattano come se fossimo il casinò d'Europa. Abbiamo una classe dirigente pietosa, fatte le dovute eccezioni. Ma le dovute eccezioni purtroppo non sono quelle che dirigono.

C'è chi però dice che le classi dirgenti sono lo specchio dei popoli…
Non credo nell'esistenza dei popoli. Certamente non di quello italiano. Altrimenti non ci sarebbero le guerre civili che sono le più sanguinose e violente. Non credo per altro che l'Italia sia una nazione, altrimenti il sud non sarebbe in queste condizioni. Siamo una comunità nazionale unita solo dalla Costituzione Repubblicana che è antifascista, ineludibilmente e irrevocabilmente. Bisognerebbe solo applicare le leggi e se gli italiani se ne ricordassero insorgerebbero contro i demagoghi, i falsificatori e gli odiatori seriali.

Dunque le aggressioni alla Segre e la sua scorta sono una semplice conseguenza della situazione?
Sì, trovo naturale quello che è successo con Liliana Segre. L'Italia come dicevo è una società corrotta profondamente e una parte rilevante degli elettori, perché la maggioranza degli italiani non vota più, è bene ricordarlo, vuole questa classe dirigente.

Non è un quadro un po' troppo severo nei confronti degli italiani?
Chiariamoci: in Italia esiste una parte di Paese meraviglioso. E Vita me lo insegna. I volontari, chi si spende gratuitamente per gli altri, chi si occupa degli ultimi. Il Terzo settore con le sue associazioni è magnifica a di fronte a loro e alle loro battaglie per la giustizia e i diritti mi tolgo il cappello. Però nel sistema in cui viviamo purtroppo questo non aggrega una forza che sia trasformatrice al punto di fare una rivoluzione. Perché noi abbiamo bisogno di una rivoluzione. I palliativi sono inutili. Lo dico con un'espressione veneta: l'è pejo el tacòn del bus. Quando il tessuto è marcio sono peggio le toppe dei buchi.

Stiamo parlando ancora del '68?
Non penso a una rivoluzione bolscevica. Penso a una rivoluzione ghandiana: disobbedienza civile e non violenza attiva. Abbiamo bisogno di un orizzonte nuovo perché finché saremo in questo sistema queste vicende saranno normali. Due i punti principali di agenda politica nuova: educazione e cultura. Non ci sarà mai una società giusta finché ogni cittadino non avrà fame e sete di giustizia. La giustizia non è tribunali, carceri e polizia. Non crederò a nessun governo che non triplicherà gli investimenti in educazione e cultura.

E perché nessun Governo lo ha mai fatto?
Il potere in Italia ce l'hanno gli evasori, i corrotti e corruttori. Altrimenti quello che succede non si spiega. Sono la lobby più potente. Se io avessi il talento dei fratelli Cohen scriverei “Un Paese per malfattori”. Non significa che è un Paese di malfattori. Tutt'altro. Ma che è perfetto per i malfattori. Il caso di AcelorMittal raconta di un'azienda che arriva specula e poi chiede impunità. Perché lo fanno qui e non in Francia, Germania o Marocco. Perché qui è il posto perfetto per farlo. Finisce sempre tutto a tarallucci. Siamo un Paese con una mancanza cronica di serietà. Prendiamo il caso di Calenda. Che è un persona intelligente. Bene, ultimamente ha dichiarato testualmente di aver sparato cazzate per trent'anni. Serietà vorrebbe che si assumesse la responsabilità di questa affermazione e si facesse da parte. Tutti possono sbagliare. Ma un uomo per bene si assume la responsabilità di quello che fa. In Italia no, In Italia è sempre colpa di qualcun altro.

Cosa c'entra la serietà con il caso Segre?
Se in Italia qualcuno compie un omicidio viene portato in tribunale e se l'imputato dovesse sostenere di non sapere che l'omicidio è un reato gli verrebbe detto che la legge non ammette ignoranza. E allora perché costantemente ci si può permettere di sfregiare la Costituzione. Se ci fosse serietà si applicherebbe la legge e basta. Legge che esiste per motivi storici enormi di cui non abbiamo più memoria.

Sulla memoria c'è anche però qualche colpa di chi dovrebbe stimolarla…
Questo è verissimo. La Giornata della Memoria, per esempio, dico da tempo sia ormai solo un giorno della retorica, del celebrativismo e della falsa coscienza. Non si può ricordare la tregedia del nazifascismo e al tempo stesso lasciare morire la gente in mare. È talmente incredibile che dovrebbe fare sobbalzare. Dobbiamo trovare nuove parole e nuove strade per insegnare ai giovani. Io ci provo nel mio piccolo. Ma bisogna che si sia in tanti. Bisogna che diventi un esigenza di tanti.


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