Welfare & Lavoro

Odio locale, rancore globale: non sottovalutiamo le aggressioni agli Sprar

Succede in provincia di Brescia, ma succede anche in Danimarca. Sta crescendo un'onda d'odio che non dobbiamo sottovalutare. Ecco perché

di Angelo Moretti

Per capire i fatti di Brescia, precisamente di Collebeato, dove il 27 ottobre un gruppo di hater, non del luogo, ha organizzato una spedizione punitiva contro uno Sprar del posto, in seguito ad un fatto criminoso compiuto da un ospite ubriaco, si possono fare due diverse riflessioni.

Possiamo riflettere partendo dall’avanzata delle ultradestre in Europa, dall’antismetismo di ritorno, dalle conseguenze mai sopite del colonialismo e del rapporto sperequato tra bianchi e neri che da secoli pone i secondi in una condizione di svantaggio rispetto ai primi, dalla xenofobia. Oppure possiamo fare riflessioni attorno alla figura di Alberto. Alberto è uno dei tanti nomi di persona divenuti improvvisamente e fugacemente famosi per aver commesso un omicidio, come Emanuele, come Olindo, come Ivan…ma Alberto, omicida reo confesso, ha segnato un punto in più nella storia della violenza giovanile. Ha 23 anni, a luglio di questo anno ha lucidamente ucciso uno dei suoi amici per una questione di banalissima gelosia ed ha affidato il suo personale testamento da omicida ai social. Su Facebook pochi minuti dopo aver accoltellato l’amico, dice di aver fatto una “cazzata”, l’uccisione di Yoan, e soprattutto si rivolge ai suoi follower chiamandoli “ragazzi”. Prima scrive un messaggio di suo pugno, poi sente che non basta e mentre guida si riprende mentre recita il suo messaggio in diretta. Annuncia anche un suo possibile suicidio, ma poi non farà in tempo perché i militari lo fermeranno prima che possa fare altro.

Perché Alberto è fondamentale per capire Collebeato? Perché i “ragazzi” esistono, non sono un pubblico immaginario di Alberto. Come i pagliacci di Joker che improvvisamente seguono il personaggio solo a patto che diventa un crudele omicida, così i “ragazzi”. Nella rete c’è un enorme gruppo di “ragazzi”pronti ad ascoltare il messaggio di chi “schifa”i neri e vorrebbe vederli morti. Nella rete il nichilismo attivo, come lo ha definito da anni il sociologo Umberto Galimberti, occupa una porzione importante dell’audience, ed ha bisogno di essere nutrito da parole di odio per non scomparire. E quando un fatto diventa eclatante per i “ragazzi”, allora essi sentono la necessità di fare qualcosa, di mettere mano alle mazze ed alle molotov e colpire qualcuno. Non è una sceneggiatura americana, è una storia che connette il web alle periferie esistenziali, che porta un manipolo di disgraziati “ragazzi” ad ergersi giustizieri violenti di Collebeato, per punire chi accoglie i migranti, il sindaco, lo Sprar.

Cosa abbiamo di fronte ? Abbiamo una massa enorme di parole di odio che armano le mani ed i cuori di giovani senza storia e senza apparente destino, che improvvisamente sentono di poter vestire i panni della solennità per una missione violenta da compiere, abbiamo un esercito di ragazzi pronti ad iscriversi ai fight club sempre più diffusi nelle periferie, ma anche a spedizioni punitive improvvisate. Chi non vede la diffusione dei fight club non vede cosa sta accadendo. Dall’altra parte della barricata abbiamo la tattica tiepida della politica che dovrebbe aiutare a distinguere l’accoglienza tra regolari ed irregolari, Cas e Sprar, come se una sigla così cacofonica potesse significare di per sé un qualche valore di riferimento. Cosa fare? Non mollare.

È il momento più delicato della storia, l’uscita di Salvini dal governo è stato certamente un fatto importante per il calo dell’odio filogovernativo, ma non basterà a farlo regredire. Con il ghigno di un Joker può salire chiunque altro alla ribalta di una missione violenta, pur senza velleità politiche. Al partito del nichilismo attivo le iscrizioni sono più che aperte, perché chiuda bottega non basterà rispondere sui social, servirà essere concreti come i “ragazzi”, scendere sui territori. Dialogare, presidiare, mediare, integrare. Milano reagisce ma non servirà a tanto oggi. Sarà molto più utile che a reagire siano i milanesi che raggiungono le migliaia di Collebeato di Italia, quelle frontiere in cui chi accoglie può sentirsi all’improvviso una comunità sola ed isolata, alla mercé dei nuovi squadristi.

Non conta dire che siamo aperti ed accoglienti, è urgente presidiare l’accoglienza come patrimonio immateriale dell’umanità e dell’intelligenza sociale, epurarla dalle patologie ancora in corso (i sistemi sballati di accoglienza lucrativa ed assistenziale) e prendere esempio dagli squadristi: raggiungere Collebeato, non con un like, ma con uno sguardo vivo e con mani vere che si incrociano, non bastano più i semplici disegnini con i pollici in su.

La sfida dei “ragazzi” di Collebeato è chiara: dobbiamo essere in tanti a far capire loro che il loro nichilismo è solo un suicidio, sostenere i sindaci dell’accoglienza. Collebeato nella sua resistenza è capitale di Italia, proprio come Randers è oggi capitale di Europa.

Nella cittadina danese dello Jutland, dove 80 lapidi di defunti ebrei sono state profanate , il Sindaco Torben Hassen ha subito risposto: “Abbiamo uno dei più antichi siti di sepoltura ebraici e lo custodiremo sempre". L’Europa si fa a Randers oggi, prima che a Bruxelles.


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