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Innovazione sociale, la Pubblica amministrazione è l’elefante nella stanza

Dopo l'annuale conferenza dell'Evpa (European Venture Philanthropy Association) che ha dato l'opportunità di confrontarsi con le diverse esperienze europee non si può non riflettere sul ruolo che il Pubblico ricopre nel dibattito italiano: non più solo come regolatore, ma come alleato per costuire un vero impatto. La sfida però è creare un vocabolario comune fra Pubblico e Privato sociale

di Tiziano Blasi

Aia, in un grande hangar che era stato un’officina per la costruzione di aeroplani, la responsabile di un incubatore olandese racconta come sia difficile sostenere le organizzazioni non profit che vogliono lanciare un business sociale. Dall’altro lato del tavolo un imprenditore spiega come i suoi due ristoranti gestiti da rifugiati non si sentano start-up sociali ma “imprese dove si serve buon cibo”. Siamo alla conferenza annuale dell’EVPA (European Venture Philanthropy Association), una rete di organizzazioni – da fondi di investimento ad associazioni – che promuove la Venture Philanthropy. Semplificando si esplorano tutte le opzioni, alternative alla donazione a fondo perduto (grant – impact only), che prevedono un ritorno sia sociale che finanziario (prestiti, obbligazioni, ecc. – impact first).

Il format dell’evento è molto particolare: pochissime presentazioni frontali, diversi tavoli di lavoro con piccoli gruppi facilitati dagli stessi partecipanti. Incontri rapidi, tanti break, caffè, biglietti da visita. Il modello della conferenza non aiuta certo l’approfondimento, ma a giudicare dal costo del biglietto (fino 1.100 euro) e dalla presenza (almeno 400 persone) sembra che lo scambio e la creazione di reti sia percepito come un valore aggiunto notevole.

In due giornate e mezzo di incontri, dove tutto è girato intorno all’innovazione sociale, in realtà le domande chiave sulla bocca di tutti sono molto tradizionali: “Come rendo sostenibile quello che sto finanziando/realizzando? Come faccio a scalarlo? Che vuol dire impatto e come lo misuro?“
Parlando con colleghi inglesi, russi e tedeschi ci si rende conto come il dibattito italiano, seppur poco visibile a livello europeo, sia fra i più avanzati soprattutto se si pensa allo sviluppo e alle riflessioni nate intorno alle linee guida sulla valutazione di impatto sociale o al lavoro sulla valutazione ex-post promosso da Con i Bambini.

Come accade spesso nel dibattitto italiano, anche qui c’è un elefante nella stanza: la Pubblica Amministrazione. “Come faccio a creare lavoro per i rifugiati nel mio ristorante se poi i percorsi di inclusione linguistica e l’iter di registrazione sono così lunghi?” si chiede un imprenditore, “Stiamo provando a sviluppare realtà innovative nel sociale ma se il Comune non facilita i processi, le aziende si spostano in altre aree con maggiori facilitazioni” si domanda un acceleratore locale ed insiste “Stiamo lavorando anche con una startup sociale romena, ci sono voluti nove mesi per aprire un conto corrente, l’ecosistema dove si lavora è fondamentale”.

Anche nel mondo della Venture Philanthropy, il ruolo del Pubblico appare quindi sempre più rilevante non solo come regolatore, ma come alleato per costruire un vero impatto sociale. Soprattutto se per impatto si intende raggiungere le vere aree di bisogno come, ad esempio, la riattivazione di giovani neet (not in employment, education or training): non i neolaureati disoccupati, ma la fascia più fragile che vive disagi familiari e psicologici gravi e che non è entrerà domani né nel mercato del lavoro né negli indicatori di successo di un pitch.

Da queste riflessioni emerge sempre più chiaramente che la sfida è creare un vocabolario comune fra Pubblico e Privato sociale. Serve contaminare di più i settori, magari immaginando iniziative di distacco del personale fra pubblico e privato e lavorare sulla formazione del personale da entrambi lati: quanto sanno gli operatori del sociale di governance pubblica e quanto gli operatori pubblici di impatto sociale o community engagement?
In questo senso, la lunga esperienza nella policy e nella lobby del terzo settore più politico – quello apparentemente più lontano dal mondo del business e per alcuni a rischio rottamazione – potrebbe diventare fondamentale per stabilire un’alleanza con il Pubblico e costruire un ecosistema che faciliti e moltiplichi l’impatto delle associazioni e delle imprese.

In altre parole, il motore per una reale innovazione sociale potrebbe essere proprio il patrimonio di tradizione sociale e civica del Terzo settore.


*Tiziano Blasi, è Head of Fund Raising and Partnerships – Italy & Europe di ActionAid Italy, (responsabile dell’ufficio di raccolta fondi e partnership da fondazioni e istituzioni)


In apertura image by PIRO4D from Pixabay


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