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La vera innovazione sta nelle idee non nella tecnologia

A Human Innovation, organizzata da Kpmg insieme a Corriere Economia a Milano, si sono riuniti filosofi, ceo di grandi aziende, sindacalisti e imprenditori per ragionare della portata della rivoluzione digitale. Il convegno titolava “Idee per nuove leadership. Leader per nuove idee”

di Lorenzo Maria Alvaro

Una riflessione sul tema della leadership nell’epoca della digital transformation. È stato questo il convegno “The Frame: Human Innovation” il cui obiettivo era quello di portare al centro della discussione l’idea di un nuovo paradigma manageriale che, con una visione etica, rimetta al centro delle imprese il capitale umano. La capacità delle aziende di assumersi la responsabilità di rispondere alle richieste della società rappresenta uno snodo fondamentale per costruire un nuovo futuro.

Per cominciare la parola d'ordine è stata «uscire dalla comfort zone dell'emergenza per entrare nella fase del progetto e della programmazione per evitare che queste nuove tecnologie ci colgano impreparati», ha sottolineato Daniele Manca, vicedirettore del Corriere della Sera, che ha moderato i lavori.

Il primo intervento è stato quello di Èric Sadin, scrittore e filosofo francese, autore di “L’Intelligence artificielle ou l’enjeu du siècle: Anatomie d’un antihumanisme radical”. «Da qualche anno parliamo solo di intelligenza artificiale. Ci entusiasmo dei suoi meriti e ci preoccupiamo delle eventuali conseguenze. In generale ne parliamo più al futuro che al presente. Ma che cosa ne possiamo fare?», si è chiesto Sadin.

«Le funzionalità varcata una certa soglia possono privarci individualmente e collettivamente del nostro potere di libero arbitrio dando vita ad un anti umanesimo che prende corpo nei sistemi tecnici. In particolare i cambiamenti delle tecnologie numeriche. Si tratta di istanze per valutare i fenomeni del reale a una velocità infinitamente superiore alle nostre capacità intellettive e quindi più affidabile per rivelarci dimensioni che fino ad allora, cioè fino alla rivelazione del risultato, erano nascoste», ha spiegato.

Dobbiamo tornare ai valori della dignità e della integrità umana. Dal 2020 deve iniziare l'epoca della consapevolezza tecnologica

Èric Sadin

Per chiarire il concetto Sadin ha deciso di usare un esempio. «Waze è un'app che valuta in tempo reale lo stato del traffico e suggerisce di adottare itinerari alternativi più o meno ottimizzati. Questi sistemi non sono solo in grado di periziare la realtà quindi ma anche di enunciare la verità. L'esattezza è fattuale. Il 21 gennaio 2017 quando Trump è salito al potere pioveva. Non si può dire che ci fosse il sole. Sarebbe falso. Le parole dei genitori per i figli sono invece verità cui ci si deve conformare. Le macchine fanno lo stesso. Le macchine ci dicono come agire. Ecco dove sta la svolta imperativa della tecnica. Stiamo andando verso una mercificazione integrale della vita. Dobbiamo tornare ai valori della dignità e della integrità umana. Dal 2020 deve iniziare l'epoca della consapevolezza tecnologica», ha concluso.

Se per Sadin la tecnologia rischia di diventare un pericolo per Claudio Descalzi , ad di Eni invece è l'ultimo tassello in ordine di importanza. «Passiamo la nostra vita per costruirci una comfort zone. L'uomo ha bisogno di sicurezza. È chiaro che poi, non riuscendoci si seguono gli stereotipi e le mode. L'Ai non è una moda ma fa piacere sentire quando qualcuno va in controtendenza rispetto all'ideologia che su questi temi domina», ha spiegato riferendosi al filosofo. «La comfort zone è una necessità però è quella che ci porta a inseguire le cose invece che a prevederle. In Eni abbiamo invece deciso di anticiparle. Cioè andare in una direzione diversa da quella degli altri. Se avessimo fatto quello che hanno fatto le altre società saremmo arrivati ultimi e avrei avuto molto meno difficoltà a farmi approvare le azioni dal cda.», ha continuato.

È questa l'innovazione: un atto di fede che diventa un atto d'amore

Claudio Descalzi

Per Descalzi gli esempi che si posso portare sono diversi. «Veniamo da sei anni terribili dell'olio e gas integrato perché è il momento più basso di sempre. «Ci sono alcune cose che ci hanno salvato. Eni anche se più piccola di altri competitor ha fatot scelte diverse. Alcune sulla parte delle competenze, della ricerca e dell'esplorazione. Questo ci ha fatto ridurre i costi perché non dobbiamo comprare risorse. Oggi l'esplorazione è un nostro vantaggio competitivo. È stata una scelta controcorrente e rischiosa. La nostra idea è stata fare l'esplorazione, trovare degli asset, venderne una parte. L'innovazione qui sta nell'idea. Immaginare qualcosa che non vedi, pensare qualcosa che non hai. È questa l'innovazione: un atto di fede che diventa un atto d'amore. Quando hai un'idea difficilmente vengono bottom up. Sono sempre top down. Il concepimento è quando l'idea viene presentata e inserita nell'organismo della società. Significa prendere rischi, lavorare di più, e sviluppare tecnologie ad hoc. Il lavoro è tutto nel minimizzare l'incertezza. Per farlo devi massimizzare le competenze. Solo poi viene il fatto produttivo e commerciale».

Ma a che punto sono le aziende italiane rispetto all'innovazione? Una risposta ha provato a darla Domenico Fumagalli, senior partner Kpmg, presentando il sondaggio “Innovazione in azienda tra paure ed aspettative” condotto da Ipsos con interviste a 200 realtà imprenditoriali. «Sul tema dell'innovazione il 66% delle aziende ha una strategia o la sta implementando, mentre il 34% ancora non ne ha una il che dimostra un grande attendismo. Nel 38% dei casi chi si occupa di questa strategia è l'IT manager, nel 21% dei casi il responsabile amministrazione e finanza. Solo nel 18% dei casi l'AD. I vertici insomma non se ne stanno occupando», spiega Fumagalli che continua, «Delle aziende che hanno una strategia il 57% investe in nuove tecnologie mentre il 43% in formazione e riqualificazione. Non c'è equilibrio e omogeneità. Si rischiano situazioni o di tecnologie che nessuno sa gestire oppure risorse molto formate senza la tecnologia adeguata».

Tra gli interventi in chiusura c'è quello di Roberto Cingolani Chief Technology & Innovation Officer di Leonardoche ammonisce: «dobbiamo tenere presente che la tecnologia spazierà e raggiungerà tutti gli ambiti, da quelli economici a quelli sociali e pubblici. Non possiamo pensare a un futuro in cui non ci si sia adattati all'uso delle piattaforme. Servono grandi infrastrutture di calcolo e il potenziaramento dello sviluppo di algoritmi e machine learning. Tutto questo richiede una preparazione delle aziende e grandi investimenti».

Serve un'etica su cui bisogna fare un lavoro importante. La relazione tra vita e diritti e le macchine va regolata

Roberto Cingolani

Per Cingolani però «dal punto di vista sociale queste tecnologia avranno un forte impatto nell'interazione con gli uomini. Servono delle regole. E nessun Paese è attrezzato. Serve un'etica su cui bisogna fare un lavoro importante. La relazione tra vita e diritti e le macchine va regolata. L'impatto sulla vita dei cittadini è importante e serve formazione. Quindi la scuola e l'università devono crescere persone consapevoli. Serve una rivoluzione educativa e formativa. Forse così nei prossimi dieci anni potremo sfruttare questi cambiamenti. Altrimenti queste tecnologie rischiano di essere dannose. Prima della governance, per tutti questi motivi, servono le competenze».


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