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Caporalato, un cancro che non riguarda solo il sud e l’agricoltura

I dati del report presentati nella sede dell'Inail al convegno organizzato dall'associazione nazionale dei lavoratori mutilati e invalidi del lavoro e dall'associazione italiana coltivatori. «Ci troviamo di fronte ad una piaga sociale che rappresenta una realtà criminosa molto ampia e diffusa su tutto il territorio nazionale e in due settori in modo specifico, quali l’agricoltura e l’edilizia, ma non solo», ha spiegato il presidente dell’Anmil, Zoello Forni

di Paolo Biondi

Dal 2017, anno di entrata in vigore della nuova legge contro lo sfruttamento del lavoro, i controlli per il contrasto al caporalato sono aumentati del 260% con oltre 28mila aziende controllate, 756 persone denunciate delle quali 164 arrestate, 5 mila denunce in materia di sicurezza sul lavoro e 30 milioni recuperati da evasioni contributive.

I dati dei carabinieri sintetizzano il bilancio dei primi mille giorni dalla entrata in vigore della legge contro il caporalato e lo sfruttamento, «un problema che è un peso sul lavoro: il lavoro ha una dignità, deve essere sicuro e non deve essere nascosto», ha detto il neo presidente dell’Inail, Franco Bettoni, accogliendo nel parlamentino della sede romana dell’istituto il convegno organizzato dall’Anmil (l’associazione nazionale dei lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) e dall’Aic, l’associazione italiana coltivatori che riguarda cioè quel settore con «ampie sacche di irregolarità» e che «torna a far preoccupare fortemente», come ha commentato il presidente dell’Anmil, Zoello Forni. «Ci troviamo di fronte ad una piaga sociale che rappresenta una realtà criminosa molto ampia e diffusa su tutto il territorio nazionale e in due settori in modo specifico, quali l’agricoltura e l’edilizia, ma non solo».

Per ciò che riguarda i settori di diffusione del caporalato, c’è però un falso pregiudizio da sfatare: il caporalato non è sinonimo di agricoltura nel profondo Sud del Paese ma, come ha raccontato il magistrato della Corte di Cassazione Bruno Giordano, ha visto arrestati pure dirigenti di Fincantieri, o del mondo della sanità e delle griffe dell’alta moda, finanche coinvolgere alcune ricche tenute vinicole del Chianti e delle Langhe. «Sfugge alla contabilità statistica l’esatto numero degli ingaggi regolari, ma alcune stime indicano ancora oggi in almeno 300mila i lavoratori, in larga maggioranza stranieri, totalmente privi di tutele contrattuali», ha ricordato Giuseppino Santoianni, presidente dell’Aic, una stima che secondo la Cgil raggiungerebbe addirittura 400mila lavoratori: «Parliamo di un problema grande quanto 40 volte quello dell’Ilva», ha detto Bruno Giordano con una comparazione plastica e su un tema d’attualità per rendere l’idea della gravità della situazione.

Giordano ha anche sottolineato che è riduttivo chiamare la legge 199 del 2016 quella contro il caporalato «perché riguarda un fenomeno ben più ampio che sfocia nella corruzione, l’estorsione fino allo sfruttamento sessuale, in particolare delle lavoratrici straniere. Ci sono 15 sentenze nel 2019 arrivate in Cassazione che hanno disegnato la ramificazione di questi casi. In sintesi si può dire che si tratta di situazioni nelle quali si cerca di far prevalere il guadagno sui diritti».

Maria Giovannone, responsabile dell’ufficio Salute e sicurezza dell’Anmil, ha documentato come le «tematiche del lavoro irregolare riguardino settori molto diramati anche nelle zone progredite del Paese. Nel primo semestre del 2018, secondo l’Ispettorato nazionale del lavoro, su un totale di 5.439 provvedimenti di sospensione adottati dall’Ispettorato, bel 2.028 fanno riferimento al settore della ristorazione e dei servizi, mentre 927 a quello delle costruzioni. Su un totale di 100 arresti bel 64 hanno avuto luogo nel macro settore di agricoltura, silvicoltura e pesca mentre, in riferimento ai 190 sequestri avvenuti, 75 si sono verificati nei settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio e in quello della riparazione di autoveicoli e motocicli».

«La legge è stata molto utile se la viviamo come punto di partenza perché ha favorito l’emersione di un reato che mette in luce ora la sua effettiva ramificazione. Dobbiamo puntare adesso i riflettori su questa ramificazione. È quindi utile che il Senato abbia voluto creare una commissione d’inchiesta sullo sfruttamento del lavoro», ha concluso il convegno Tommaso Nannicini, membro della commissione Lavoro del Senato.


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