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Dalla mafia alla comunità: quando dai beni confiscati si crea lavoro

Aziende vinicole, ristoranti, hotel: da Nord a Sud sono centinaia le attività avviate dove prima dominavano i clan mafiosi. Ecco qualche storia

di Redazione

Oltre 23mila beni confiscati, di cui circa 14mila restituiti alla comunità. La lotta alla mafia passa anche dal sequestro di terreni, aziende e immobili di proprietà dei clan, che grazie a una legge del 1996 vengono assegnati di volta in volta ad associazioni, enti o istituzioni che si occupano di dare utilità sociale a quel bene. Ma al fianco di strutture sanitarie, di accoglienza o di cultura, ogni anno nascono anche decine di nuove attività produttive, aziende sane che germogliano dove prima dominavano le mafie. E così il contrasto alla criminalità diventa occasione per creare lavoro.

Qualche numero al riguardo lo ha elaborato l'associazione Libera nel suo rapporto BeneItalia: su 70 esperienze di “riqualificazione” analizzate, si accertano ben 403 dipendenti, oltre a 1.421 volontari. Se, come detto, i beni confiscati già restituiti alla comunità sono circa 14mila, una stima spannometrica ci restituisce migliaia di posti di lavoro creati.

Di esempi virtuosi in questo senso ne è piena l’Italia, da Nord a Sud.

A Scafati (Salerno), per esempio, un terreno confiscato alla malavita oggi si chiama Fondo agricolo “Nicola Nappo” e qui l'Ats “Terra Viva” ha appena messo in vendita 3.000 bottiglie di passata di pomodoro San Marzano Dop, ricavate dai 30 quintali messi a produzione. Davvero niente male, e non è finita qui. Come annuncia il segretario generale Flai Cgil Campania, Giuseppe Carotenuto, i progetti sono ancor più ambiziosi: “Sono già partite le coltivazioni del cipollotto nocerino, dei finocchi, delle scarole e dei fiarielli. E si sta anche procedendo con la coltivazione dei mille alberi da frutto piantati nei mesi scorsi”.

Sempre a proposito di prodotti alimentari, un altro caso esemplare è quello della Nuova Cucina Organizzata. Nome che fa il verso alla Nuova Camorra Organizzata, a testimonianza di come il clan di “Sandokan” Schiavone controllasse il centro Don Milani a Casal di Principe (Caserta). All’interno di quella struttura, dal 2015 Peppe Pagano gestisce questo ristorante, pizzeria e servizio di catering, diventato sempre più grande dando lavoro a un centinaio di persone, compresi donne e uomini da reinserire nella società.

Su 70 esperienze di beni confiscati analizzati, l'associazione Libera ha registrato 403 nuovi posti di lavoro

Da una cucina all'altra, ma questa volta a Nord. Una nuova occasione di lavoro è il recupero dei locali dell’ex ristorante Wall Street di Lecco, per anni sede di incontri dei clan. Confiscato nel 1996, per oltre vent'anni i locali sono rimasti senza nuovo uso, finché nel 2017 è stata aperta la pizzeria Fiore – cucina in libertà, che si è presentata come “un progetto di startup di imprenditoria sociale” con particolare attenzione “alla cultura della legalità, dell'accoglienza e dell'insediamento lavorativo di persone svantaggiate”…


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