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Fake News in campo medico, mamma Valentina racconta la storia di G.

Nelle scorse settimane è trapelata la notizia di una bimba siciliana, G., ammalata di Neuroblastoma, che era stata trasferita dall’Istituto Giannina Gaslini di Genova all’Ospedale Meyer di Firenze per un ciclo di terapia radio metabolica. Alcuni media hanno pubblicato la notizia. Ma le cure e l’intero protocollo venivano presentati in modo non corretto. «In medicina la rigorosità scientifica delle informazioni è fondamentale perché in gioco c’è la salute e spesso la vita delle persone», dice Massimo Conte, pediatra oncologo presso l’istituto Gaslini

di Redazione

Nelle scorse settimane è trapelata la notizia di una bimba siciliana, G., purtroppo ammalata di Neuroblastoma, che era stata trasferita dall’Istituto Giannina Gaslini di Genova all’Ospedale Meyer di Firenze per un ciclo di terapia radio metabolica.

Tale terapia non è così nota al grande pubblico come radioterapia e chemioterapia, anche se, in realtà «Questo trattamento è utilizzato da oltre 20 anni per la cura del Neuroblastoma refrattario – spiega Massimo Conte, Vice Presidente dell’Associazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma e pediatra oncologo presso l’istituto G. Gaslini – e può essere attualmente erogato in diversi centri di medicina nucleare presenti sul territorio nazionale, collegati tra loro, e con centri di oncologia pediatrica per collaborare al trattamento dei piccoli pazienti. Nello specifico – prosegue il Dottor Conte – G. è stata indirizzata al centro di Firenze dagli oncologi curanti per una temporanea indisponibilità del servizio di Medicina Nucleare locale».

Il trasferimento dal Gaslini al Meyer è dipeso quindi soltanto da questioni tecniche e rientra in un normale rapporto di collaborazione tra i due prestigiosi Istituti. Purtroppo alcuni media siciliani hanno riportato la notizia fornendo informazioni errate, affermando che G. sarebbe stata sottoposta a una nuova cura presso il Meyer. «Non si tratta di una terapia innovativa salvavita – ribadisce il Dottor Conte – semmai è innovativo il concetto di utilizzarla in associazione con la chemioterapia ad alte dosi per offrire ai piccoli pazienti come G., affetti da un tumore scarsamente responsivo alla chemioterapia convenzionale, il massimo delle chances per guarire».

A fare ulteriore chiarezza è intervenuta la mamma della bimba, Valentina, che ha scelto di uscire allo scoperto per raccontare esattamente come è andata.

«G. – spiega Valentina – è una bambina meravigliosa che, purtroppo, all’età di 7 anni inizia ad avere diversi dolori: mentre gioca, mentre fa sport, insomma durante le normali attività di una bimba della sua età. Inizialmente gli esami non evidenziano nulla di male; i dolori di G. però sono sempre più forti, allora viene ricoverata prima a Siracusa e poi a Catania, dove viene operata il 24 dicembre 2018. Rimaniamo 12 giorni a Catania in attesa del risultato dell’esame istologico: sono giorni difficili, G. è sempre più magra e ha dolori un po’ ovunque. Poi la drammatica conferma: Neuroblastoma. Io non avevo mai sentito questa parola: per me è stata una vera coltellata».

La rete porta Valentina in contatto con l’Istituto G. Gaslini: «Ho semplicemente digitato “Neuroblastoma” sui motori di ricerca e ho scoperto l’attività dell’Istituto nella cura di questo tumore.Il mio istinto– dice Valentina – mi dice che devo portare G. a Genova. Contatto subito l’Ospedale, anche perché G. ha necessità immediata di cure, le è stato diagnosticato un Neuroblastoma al 4^ stadio e le possibilità di sopravvivenza sono del 30%. Inoltre i risultati della biopsia confermano che G. ha metastasi al midollo e alle ossa. La notizia per me è devastante– continua Valentina – magiuro a me stessa che lotterò per salvare mia figlia. Dopo 3 cicli di chemioterapia a Catania, terapia messa in atto d’accordo con lo staff dell’Istituto G. Gaslini, partiamo per Genova. L’impatto è forte: una nuova città, un nuovo ospedale… ma devo sottolineare la grande disponibilità di medici e infermieri nel metterci a nostro agio».

Nella prima parte del 2019 la battaglia è dura: «Dopo diversi cicli di chemioterapia – spiega ancora Valentina – il Neuroblastoma regredisce, ma le metastasi no; i medici allora pensano a un cambio di protocollo; quello nuovo prevede 3 cicli di chemio e l’autotrapianto; dopo diverse difficoltà la bimba reagisce bene alle cure e a settembre finalmente possiamo riportarla in Sicilia, a rivedere la sorellina di 4 anni, i nonni e gli amici, in attesa della cura associata al secondo autotrapianto; questa cura si chiama MIGB terapeutica e, per problemi tecnici, in accordo con i medici dell’Istituto G. Gaslini, si terrà al Meyer».

Infatti il Servizio di Medicina Nucleare dell’Istituto G. Gaslini è, come detto, in quel momento temporaneamente fuori servizio e la cura, per la sua peculiarità, necessita di strutture adeguate.

«Purtroppo- racconta ancora Valentina – tempo fa un giornale locale della Sicilia, che ha deciso di lanciare una campagna di solidarietà a favore della nostra bimba, ha pubblicato un articolo in cui le cure e l’intero protocollo venivano presentati in modo non corretto.Una volta accortami di questo errore ho provveduto a chiamare il giornale per far eliminare la notizia.Inoltre- continua Valentina– io stessa precedentemente durante un’intervista a una radio locale avevo chiarito le modalità di cura e le motivazioni del trasferimento al Meyer. Voglio ribadire ancora una volta la mia grande stima nei confronti di tutto lo staff dell’Istituto G. Gaslini, medici e infermieri, che fin dal primo contatto sono al nostro fianco nella lunga battaglia contro questa terribile malattia».

Per quanto fossero nobili i motivi, insomma, si è trattato di una vera e propria “fake news”: «In medicina– conclude il Dottor Massimo Conte – più che in altre discipline umane la rigorosità scientifica delle informazioni è fondamentale perché in gioco c’è la salute e spesso la vita delle persone. Talvolta però la fame di scoop ad alto impatto mediatico fa sì che le fonti di informazione non siano criticamente controllate e allora si corre il pericoloso rischio di diffondere notizie distorte o parzialmente vere. La ricaduta sull’ “uomo della strada” non addetto ai lavori può a questo punto essere devastante, creando false speranze e frustranti sensi di colpa del tipo “se avessi fatto così”, “se fossi andato in quel centro a curarmi”, se avessi seguito quel tipo di terapia” ecc ecc. Chiunque lavori con il materiale “uomo” ha il dovere morale ed etico di assicurarsi in scienza e coscienza che ciò che sta facendo o dicendo sia vero».