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Morti sul lavoro: crescono in Lombardia, diminuiscono nel Paese

Mentre a livello nazionale il dato è in calo (- 5,46%), la Lombardia è in controtendenza e da gennaio allo scorso ottobre sono 137 i casi, con un aumento del 3%. Brescia ha segnato il passo, con un +61% di infortuni mortali

di Marco Dotti

È emergenza. Continua emergenza per i morti sul lavoro. Mentre a livello nazionale il dato è in calo (- 5,46%), la Lombardia è in controtendenza e da gennaio allo scorso ottobre sono 137 i casi, con un aumento del 3%.

A livello nazionale, infatti, rispetto al periodo gennaio-ottobre 2018 ci sono state 49 denunce di infortunio mortale in meno: 896 contro le 945 del 2019. Ma è a livello lombardo che le cose cambiano e prendono ben altra piega:

In Lombardia, le denunce di infortuni mortali sono state 137. Brescia ha segnato il passo, con un +61% di infortuni mortali, ossia 25 morti sul lavoro, escludendo gli infortuni in itinere. Seguono, in questa triste classifica, Napoli e Milano, con 22 decessi. Peggio fa solo Roma, capitale anche in questo, con 43 morti sul lavoro.

Una situazione, quella della Leonessa lombarda, che il presidente provinciale di Anmil, Roberto Valentini attribuisce anche alla crescente precarietà: «se per quindici giorni una persona lavora come imbianchino, poi per altri quindici giorni fa il muratore e dopo ancora il commesso – spiega Valentini al Giornale di Brescia – e dopo ancora fa il commesso mi chiedo come possa ricevere una formazione adeguata».

La formazione mancante e la scomparsa dei contratti di apprendistato sono indicate dagli esperti come concause degli infortuni mortali.

Manca ancora una cultura della sicurezza denunciano i sindacati. Da quanto ne sentiamo parlare? Nel frattempo, là dove crescono lavori precari e lavoretti, crescono anche i morti.


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