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Migranti, sentenza del Tribunale: “I respingimenti sono illegali”

Il Tribunale civile di Roma ha accertato il diritto di entrare sul territorio dello stato allo scopo di presentare domanda di riconoscimento della protezione internazionale per quattordici cittadini eritrei respinti in Libia il 1 luglio 2009 dalla Marina Militare italiana oltre al diritto a risarcimento dei danni subiti

di Redazione

Il 28 novembre 2019 è stata depositata la sentenza con cui il Tribunale civile di Roma ha accertato il diritto di entrare sul territorio dello stato allo scopo di presentare domanda di riconoscimento della protezione internazionale per quattordici cittadini eritrei respinti in Libia il 1 luglio 2009 dalla Marina Militare italiana oltre al diritto a risarcimento dei danni subiti.

Tra il 2009 e il 2010, a seguito della conclusione dell’Accordo con la Libia, l’Italia ha effettuato numerosi respingimenti. Tale prassi è stata dichiarata illegittima dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo con la sentenza Hirsi Jamaa e altri c Italia. Nonostante la condanna molti richiedenti asilo sono rimasti, tuttavia, in attesa del giusto ristoro ma soprattutto di accedere a una forma di protezione.

Finalmente, grazie all’azione promossa da Amnesty International con il supporto di Asgi e curata da un collegio di difensori, fra cui gli avvocati Cristina Laura Cecchini e Salvatore Fachile, il Tribunale di Roma- con la storica sentenza emessa nell’ambito del procedimento RG 5615/2016- ha riconosciuto in tale situazione la necessità di assicurare l’ingresso in Italia finalizzato ad accertare il diritto alla protezione di coloro che siano illegittimamente respinti. La base di tale decisione è individuata dal Giudice, Dott.ssa Velletti, della I Sezione del Tribunale civile di Roma nell’art 10 comma 3 della Costituzione che riconosce allo straniero il diritto di asilo e che deve ritenersi applicabile anche quando questi si trovi fuori dal territorio dello Stato per cause ad esso non imputabili.

La sentenza è estremamente rilevante ed innovativa laddove riconosce la necessità di “espandere il campo di applicazione della protezione internazionale volta a tutelare la posizione di chi, in conseguenza di un fatto illecito commesso dall’autorità italiana si trovi nell’impossibilità di presentare la domanda di protezione internazionale in quanto non presente nel territorio dello Stato, avendo le autorità dello stesso Stato inibito l’ingresso, all’esito di un respingimento collettivo, in violazione dei principi costituzionali e della Carta dei diritti dell’Unione europea.”

E’ evidente da tali poche righe la rilevanza e l’attualità della decisione e la sua potenziale ricaduta anche in termini numerici su tutti coloro a cui sia impedito nel proprio Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione e che, nel tentativo di entrare nel territorio dello Stato per fare richiesta di asilo politico, sono quotidianamente respinti attraverso prassi illegittime dell’autorità italiana nelle zone di confine terrestri e marittime e di transito nei porti e negli aeroporti.

In particolare la decisione apre uno scenario estremamente interessante in relazione alle politiche di esternalizzazione della frontiera e di gestione della rotta mediterranea attuata attraverso la collaborazione con le autorità libiche. E’ evidente che, ove fosse accertata una responsabilità delle autorità italiane nella implementazione dell’insieme di misure che ha trasformato i respingimenti in una progressiva delega alla Libia per il blocco dei migranti, con i medesimi risultati in termine di mancato accesso alla protezione, migliaia di persone potrebbero essere interessate dai principi contenuti nella sentenza.


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