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Simone Feder: «Servono comunità pensate solo per gli adolescenti»

Occorre ridisegnare e tornare ad investire sul sistema dei servizi e aumentare le risorse destinate al sistema di prevenzione per le dipendenze. Ma la tragedia vera di questi ultimi anni riguarda i giovani. E per loro bisogno trovare nuove strade di cura

di Anna Spena

La legge 309 del 1990 sulle droghe è obsoleta. Non tiene conto di tutti i mutamenti in atto. Lo scorso 26 novembre le principali reti de servizio pubblico e privato sociale che si occupano di dipendenze comportamentali hanno presentato alla camera dei deputati una proposta di revisione con l’obiettivo di ridisegnare e tornare ad investire sul sistema dei servizi e aumentare le risorse destinate al sistema di prevenzione. Ma la tragedia vera di questi ultimi anni riguarda i giovani. E per loro bisogno trovare nuove strade di cura. «Soprattutto», dice Simone Federpsicologo della Comunità Terapeutica la Casa del Giovane di Pavia, «Bisogna investire nei percorsi educativi dove la relazione con il ragazzo deve avere sempre più attenzione».

Qual è la differenza tra comunità terapeutica ed educativa?
A livello burocratico le comunità terapeutiche accolgono su invio del sistema sanitario o socio sanitario. Mentre quelle educative da segnalazioni degli enti locali. E sono loro che sostengono la retta. È chiaro che si fatica a tenere una divisione netta tra le due perché nella terapia la relazione educativa è fondamentale. Anche se mi occupo di qualcosa che riguarda l’ambito sanitario, come la dipendenza da droghe, il focus rimane sempre sul livello educativo. Quello educativo è un canale privilegiato che ti permette di “invertire la rotta”. Anche perché sostanze come la cocaina e la cannabis comportano, prima di tutto, una dipendenza psicologica e non fisica. Dobbiamo metterci in testa che è più importante guardare al disagio in cui i giovani vivono oggi e non solo la punta dell’iceberg. È il malessere che fa da sfondo a tutto ciò che bisogna curare.

L’analisi dei dati degli ultimi 10 anni della Comunità specialistica Casa Accoglienza, registrano di come l’età media degli ospiti si sia pericolosamente abbassata: 153 ingressi di età compresa tra i 13 e i 21 anni: il 49% ha tra i 16 e i 18 anni, e il 5% tra i 13 e i 15 anni. L’abbassamento dell’età media è un fenomeno generalizzato?
Sì, sono sempre di più i giovani che fanno uso di sostanze, anche appena adolescenti. E bisogna, per essere davvero efficaci, cogliere sin da subito i segni del disagio. Che si può manifestare con uno scarso investimento scolastico, l’assenza da casa. L’invenzione di continue scuse o giustificazioni. Più si temporeggia più il rischio di cronicizzare il problema diventa alto.

Sempre nella ricerca si legge: “Inizialmente due erano gli anni intercorsi in media tra l'inizio del consumo di cannabinoidi e la prima assunzione di un'altra sostanza stupefacente. Esiste un periodo "finestra" in cui i ragazzi hanno già iniziato un consumo di stupefacenti, ma non sono ancora passati ad altre sostanze e a una vera e propria dipendenza. Negli ultimi anni questo periodo sta vertiginosamente diminuendo”. Perché?
C’è più disponibilità e facilità nel trovare le sostanze e inoltre in questi anni stiamo assistendo allo sdoganamento “del proibito”. Ma tutto porta comunque alla ricerca di qualcosa. I ragazzi cercano le sostanze per “spegnere” le sensazioni e gli stati d’animo che non sanno gestire.

L’altro tema da tener presente è quello delle poli dipendenze
Oggi non esiste più una dipendenza e basta. Magari un ragazzo di 16 anni è dipendente dalla cannabis e poi anche dai videogiochi. E quindi anche in questo caso il solo approccio medico non può essere sufficiente. Servono nuovi spazi, comunità più appropriate per i giovani. Che mettano a disposizione, per esempio, anche dei servizi scolastici in modo che una volta uscito il ragazzo non sia svantaggiato rispetto agli altri. Ma quale comunità oggi eroga questo tipo di servizio?


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