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La percezione europea delle migrazioni: un fenomeno sovrarappresentato

Una ricerca Ipsos per WeWorld fotografa una frattura fra realtà e percezione sui fenomeni migratori. Guidano la classifica Ungheria con il 20% percepito verso 2% reale e l'Italia con il 31% rispetto al reale 9%

di Redazione

WeWorld Onlus – Fondazione italiana indipendente che lavora in 29 Paesi, tra cui l’Italia, per promuovere progetti di Cooperazione allo Sviluppo e Aiuto Umanitario, garantendo i diritti di donne e bambini – ha presentato oggi a Milano il sondaggio CIAKMIgrACTION condotto dall’Istituto IPSOS sulla percezione del fenomeno migratorio in quattro Paesi europei: Italia, Austria, Ungheria, Grecia.

La ricerca è stata presentata dal Presidente di WeWorld Onlus Marco Chiesara in occasione della Conferenza Internazionale CiakMigrAction presso il Comune di Milano, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Marco Lombardo (Assessore Relazioni Europee e Internazionali del Comune di Bologna), Gabriele Rabaiotti (Comune di Milano, Assessore Politiche Sociali), Angelique Petrits (Policy Unit Migration, Commissione Europea), Tito Boeri (Università Bocconi), Chiara Ferrari (ricercatrice IPSOS).

L’opinione pubblica dei quattro Paesi esaminati è caratterizzata da un’elevata sovra-rappresentazione del fenomeno migratorio, per quanto riguarda la presenza di migranti sul territorio: è evidente soprattutto in Ungheria, dove i cittadini pensano che i migranti siano il 20% della popolazione, a fronte di un dato reale del 2%, ma anche in Italia (31% contro il reale 9%), Grecia (35% vs 9%) e Austria (35% vs 16%). Un dato che può essere spiegato dal forte scollamento tra realtà del fenomeno e rappresentazione che ne viene fatta a livello di discorso pubblico e mediatico, e che alimenta una percezione negativa. La maggioranza di italiani, greci ed ungheresi risponde infatti che l’immigrazione ha avuto un impatto negativo sul Paese: i più critici sono greci (64%), seguiti da italiani (57%) e ungheresi (56%). Più positivi gli austriaci (49%).

I dati del sondaggio IPSOS ci restituiscono un’Europa convinta che si stia consumando un’emergenza migratoria di dimensioni epiche. I numeri però ci raccontano di un fenomeno molto più contenuto rispetto al percepito dall’opinione pubblica. Le migrazioni sono sempre esistite, a cambiare sono i popoli che si muovono e le ragioni che li spingono a farlo. La mobilità umana è un fenomeno complesso che va gestito a più livelli: con politiche di sviluppo nei Paesi di origine dei migranti, di orientamento pre e post partenza e strategie di integrazione a lungo periodo nei paesi di arrivo.

Il progetto europeo CiakMigrAction, di cui l’indagine IPSOS è parte integrante, nasce con l’obiettivo di diffondere una narrazione delle migrazioni bilanciata e libera da stereotipi, per contrastare l’aumento delle forme di odio e intolleranza, di diffidenza e paura nei confronti delle diversità.

“Le migrazioni non sono un fenomeno singolo e isolabile, ma fanno parte della vita delle persone da sempre. WeWorld lavora in tutto il mondo, dalla parte dei diritti delle persone, di tutte le persone, siano esse in fuga da povertà e guerra o alla ricerca di una vita migliore in un altro paese", dichiara Marco Chiesara, Presidente di WeWorld.

Riguardo alla sicurezza e alla percezione dei migranti come minaccia per l’ordine pubblico nazionale, i cittadini greci sono i più preoccupati. Il 40% di loro ritiene che non sia possibile accogliere altri rifugiati nel Paese e che si debbano chiudere le frontiere. Per il 33% degli italiani la maggior parte dei crimini in Italia è commessa da immigrati e per il 40% è troppo pericoloso accogliere migranti perché rappresentano una grave minaccia terroristica.

Riguardo all’ambito economico/sociale, la ricerca ha misurato il grado di chiusura delle società nei confronti dei migranti, visti come “competitor” rispetto all’accesso a lavoro e welfare. La società più chiusa da questo punto di vista risulta quella ungherese (indice pari a 60 in una scala da 0 a 100), seguita da Grecia (55), Italia (46). Più aperti gli austriaci (indice pari a 40). In particolare, il 70% degli ungheresi pensa che i datori di lavoro dovrebbero privilegiare le assunzioni di persone di nazionalità ungherese, contro il 39% degli austriaci e il 46% degli italiani. Di contro, il 36% degli austriaci pensa che i migranti incidano positivamente sull’economia, contro il 24% degli italiani, il 19% degli ungheresi e il 15% dei greci.

Sul ruolo delle Istituzioni: i cittadini dei quattro Paesi valutano piuttosto negativamente l’operato di Unione Europea, Governi nazionali e ONG nella gestione dei fenomeni migratori. I più positivi su ONG e governo sono gli ungheresi (quasi il 50% degli intervistati), mentre in Italia e Grecia solo un cittadino su 3 valuta positivamente l’operato delle ONG in termini di efficacia delle azioni di gestione degli arrivi di rifugiati e migranti ed uno su 4 valuta positivamente l’operato del proprio governo.

Giudizio negativo sull’Unione Europea: considerano efficace il suo operato solo il 17% degli ungheresi, il 13% dei greci, il 12% degli austriaci. Ma è l’Italia il Paese più scettico riguardo all’azione della UE sui fenomeni migratori: solo il 7% la giudica positiva.

Preoccupano anche i livelli di fiducia su attendibilità e accuratezza delle notizie dei media tradizionali (tv e stampa) quando si parla di migranti sono piuttosto scarsi in tutti e 4 i Paesi. Gli austriaci tendono a fidarsi di più (27%), seguiti da ungheresi (18%), italiani (16%) e greci (13%). Ungheresi (61%) ed italiani (50%) i più convinti che nell’agenda di tv e stampa il tema migratorio sia troppo presente e che se ne parli in misura eccessiva.

“La campagna mediatica di attacco a chi si occupa di accoglienza ha distorto le percezioni sulle migrazioni, creando un’emergenza dove non c’è e fondendo in un’unica preoccupazione i temi di accoglienza e di inclusione. Per questo ribadiamo la necessità di definire una strategia comune che non tenga conto solo dell’accoglienza. L’Unione Europea avrebbe gli strumenti – e le leggi – per affrontare le migrazioni ma non ha ancora varato una strategia a lungo termine per una gestione comune del fenomeno, che superi le politiche d’odio che si respirano con sempre maggior frequenza in Italia e in Europa. Politiche non solo ingiuste ma, come è sempre più evidente, anche inefficaci”.


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