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Media, Arte, Cultura

Amadeus in loop, bella è l’unico aggettivo che conosce

Durante la conferenza stampa per la presentazione della kermesse musicale il conduttore Amadeus colleziona più di un’uscita infelice. «Eccolo sempre lì il luogo comune del sessismo: “la donna che sta un passo indietro rispetto all’uomo”», dice la scrittrice Lea Melandri. «Ma non è possibile che ci si esprima sul femminismo solo per commentare queste volgarità»

di Anna Spena

A condurre la Settantesima edizione della Kermesse musicale italiana, al via il prossimo 4 febbraio, ci sarà Amadeus. Durante la prima conferenza stampa il conduttore ha presentato le undici co-conduttrici che lo accompagneranno: Emma D’Aquino, Rula Jebreal, Diletta Leotta, Francesca Sofia Novello, Georgina Rodriguez, Sabrina Salerno, Alketa Vejsiu, Mara Venier Monica Bellucci, Laura Chimenti, Antonella Clerici. E per farlo ha ripetuto (in loop) che «sono tutte bellissime e che certo, non le ho scelte solo per quello».

«Le ho scelte», aveva dichiarato precedentemente, «perché rappresentano mondi, ruoli ed esperienze diverse. Perché limitarsi solo a due, ho pensato. E così ho invitato amiche che stimo e donne che mi incuriosiscono».

Sia chiaro, non c’è niente di male in un complimento. Però, poi, amadeus si inceppa. Sulla presentazione dell’influencer Francesca Sofia Novello (fidanzata del motociclista Valentino Rossi ndr) per esempio. «È stata scelta da me perché vedevo che – intanto, la bellezza – ma la capacità di stare vicino a un grande uomo stando un passo indietro».
E poi ha continuato con Sabrina Salerno scelta perché «donna che è stata un’icona sexy tanti anni fa ma che ancora oggi può raccontarci qualcosa».

È probabile che Amadeus non si sia neanche accorto di come stava parlando, di quello che stava dicendo. Ed è questo il problema: «Ecco, ancora una volta, il luogo comune del sessismo: le donne che stanno e sanno stare dietro agli uomini», dice la femminista e scrittrice Lea Melandri. «E noi paghiamo pure queste cialtronerie.. Bisogna boicottare Sanremo? O tutta la televisione?».

«È vergognoso che si arrivi a parlare delle questioni femministe solo quando si verificano uscite di questo tipo. È inutile, bisogna cambiare paradigma. Si potrebbero riempire palinsesti con dibattitti che raccontano la storia del femminismo degli ultimi 50 anni. Si potrebbe parlare di lotta alla violenza sulle donne. Di diritti e parità. Invece? Siamo costretti a esprimerci su queste volgarità».


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