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Immigrazione: caro Governo occorre coraggio

Appello al Governo perché abbia il coraggio di fare una riforma organica della normativa sull’immigrazione per costruire un nuovo modello che si basi su di un sistema strutturale e non fatto di interventi emergenziali dovuti dai diversi interventi legislativi succedutisi nel tempo. Occorre superare le storture della bossi-fini e gli interventi dei decreti Salvini, ed approvare norme per ingressi regolari

di Giovanni Lattanzi

Cercare di rimanere a galla, mettere delle “pezze” e non cercare di affronatarlo con una vera riforma è il peggior modo di trattare un importante tema, quello dell’immigrazione.

Sono stati anni difficili per le ONG e per tutte quelle organizzazioni del terzo settore che si occupano, o si occupavano, di accoglienza e integrazione dei richiedenti e titolari di protezione internazionale. Ci siamo sentiti soli, attaccati da forze che erano all’opposizione prima e al governo poi. Ci hanno chiamati taxi del mare, siamo stati insultati come se fossimo delinquenti solo perchè c’è chi con passione cercava, e cerca, di salvare vite umane o accompagnare persone in fuga dalle guerre, dai soprusi, dalla fame in percorsi di accoglienza e di integrazione. Si è deciso di creare confusione nel Paese senza affrontare la questione, approvando due decreti dal Ministro Salvini, diffondendo odio, paura incertezza e insicurezza. Due decreti che hanno aumentato il numero di persone in strada, persone senza punti di riferimento ma in balia di questa o quella mafia o piccole bande. Persone che avrebbero potuto essere inserite in percorsi di formazione e integrati nel tessuto sociale e che invece si sono ritrovate in strada dalla mattina alla sera, questuando un posto letto nei tanti rifugi delle tante associazioni di volontariato, purtroppo commettendo piccoli reati, che in molti casi si sono ritrovati anche con l’impossibilità di rientrare nella misura del Rimpatrio Volontario Assistito.

Sono stati mandati a casa decine di migliaia di giovani professionisti del Terzo Settore che con passione e abnegazione erano diventati una rete di protezione sociale per coloro che, arrivati in un territorio a volte anche ostile cercando un futuro migliore, si affidavano agli operatori per essere aiutati e consigliati.

In molti si sono sempre riempiti la bocca delle parole “Aiutiamoli a casa loro”, sia a destra che a sinistra, cosa che noi ONG e associazioni facciamo da oltre mezzo secolo. Abbiamo chiesto attenzione per la Cooperazione allo sviluppo e nell’ultima legge di bilancio abbiamo preso solo schiaffi, con la certificazione della diminuzione degli impegni presi a livello internazionale sull’Aiuto pubblico allo sviluppo. I fondi che sono stati risparmiati per l’accoglienza che fine hanno fatto? Quindi a casa loro no, a casa nostra no e allora? Meglio che muoiano in mare?

Ora il Governo ha un’opportunità, quella di affrontare il tema Immigrazione, e chiediamo di farlo senza seguire sondaggi o paura di spostamento di voti. Innanzitutto serve il coraggio di fare una riforma organica della normativa sull’immigrazione per costruire un nuovo modello che si basi su di un sistema strutturale e non fatto di interventi emergenziali dovuti dai diversi interventi legislativi succedutesi nel tempo, che hanno modificato l’impianto originario della turco-napolitano. Superare le storture della bossi-fini e gli interventi dei decreti Salvini, ed approvare norme per ingressi regolari che sarebbero la prima arma di diminuizione di morti in mare.

Leggiamo che è pronto un Decreto del Ministro dell’Interno che si limiterà a recepire le indicazioni del Presidente della Repubblica sui precedenti decreti Salvini. Chiediamo che ci sia una discontinuità forte rispetto al precedente approccio ed innanzitutto far passare il principio che chi salva vite umane deve avere la disponibilità del primo porto sicuro immediatamente senza vagare nel mediterraneo a pietire un luogo dove attraccare e soprattutto che non è multato neanche con un euro, sia l’armatore che il comandante, norma figlia della chiusura dei porti, perchè chi salva vite umane dovrebbe essere destinatario di un encomio per ogni vita strappata alla morte. Non credo che questo sia complicato per una maggioranza in cui alcuni dei propri esponenti sono saliti sulle navi chiedendo l’apertura dei porti per far scendere velocemente le persone salvate dalla possibile morte in mare o nelle carceri/lager, qualora riportati in Libia.

Le politiche sull’immigrazione devono partire da un concetto fondamentale, le persone. Non possiamo permetterci di avere dei centri della cosiddetta prima accoglienza che sono ormai luoghi in cui viene dato un letto e del cibo con un operatore ogni 50 persone, senza alcuna attività di mediazione e lasciati per lo più soli a far nulla, accattonare in giro o diventare manovalanza per la malavita o per i caporali, attraverso lo sfruttamento lavorativo, in particolare nel settore dell’agricoltura e dell’edilizia. Dobbiamo fin da subito riattivare un percorso di integrazione per dare loro gli strumenti per l’inserimento nel mondo sociale e, quando possibile, nel mondo lavorativo. Un percorso conosciuto e regolato non lasciato all’improvvisazione o alla bontà di questa o quella associazione di volontariato, ma con il coinvolgimento delle tante professionalità che hanno costruito la vera rete di protezione sociale nel tessuto migratorio. Il nostro sistema Sprar, ora Sipromi, è stato un fiore all’occhiello dell’Italia nei modelli europei di accoglienza e integrazione, e per molto tempo abbiamo sempre ragionato che sarebbe dovuto essere l’unico modello strutturale in Italia, sicuramente migliorato, ma con un obiettivo, quello dell’integrazione sociale e lavorativa, con quei modelli di accoglienza diffusa in cui il protagonista è il territorio attraverso i Comuni e il coinvolgimento delle organizzazioni di terzo settore con le loro professionalità, che è la risposta alla “paura”, iniettata dai diffusori di odio, e alla richiesta di sicurezza.

Si deve cambiare anche la parte che riguarda la cittadinanza. Non è giusto che una persona debba aspettare 4 anni per una risposta alla domanda di cittadinanza, come previsto ora dai decreti Salvini, si deve tornare a 2 anni minimo ed anzi trovare una modalità per sveltire la procedura che, ormai con le varie banche dati, potrebbe essere molto più veloce. E se di cittadinanza parliamo chiediamo il coraggio di approvare lo Ius Culturae, è giusto ed è doveroso per tutti quei ragazzi che sono di fatto italiani, e che contribuiscono a migliorare questo Paese essendone parte attiva.
Serve Coraggio, speriamo che questa volta potremo esultare!


*Presidente Cocis Coordinamento delle ong per la cooperazione italiana allo sviluppo – Esecutivo AOI Associazione Ong Italiane


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