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Reddito di Cittadinanza: nessun patto per il lavoro per il 70% dei beneficiari

Secondo i nuovi dati dell'Inps, sette beneficiari su dieci non hanno sottoscritto il patto di servizio che serve per avviare al lavoro. Un’interrogazione in Senato chiede trasparenza nei dati

di Annamaria Parente

Sulla base dei dati dell’Osservatorio sul Reddito di Cittadinanza dell’Inps, aggiornati al 7 gennaio 2020, le domande di Reddito e Pensione di Cittadinanza pervenute all’ente previdenziale sono state 1.641.969, di cui 1.153.906 sono state accolte, 87.649 risultavano in lavorazione e 456.636 sono state respinte o cancellate.

Dei 1.153.906 nuclei le cui domande sono state accolte, 56.222 sono decaduti dal diritto, pertanto i nuclei percettori del Reddito di Cittadinanza risultano pari a 915.600, con 2.370.938 persone coinvolte. I restanti 125.862 nuclei comprendono i percettori di Pensione di Cittadinanza, con 142.987 persone coinvolte.

A fronte di 915mila e 600 nuclei di famiglie richiedenti il RDC e di quasi 2,4 milioni di persone coinvolte, sono state individuate (a dicembre 2019) circa 791mila persone avviabili al lavoro. Questo numero rappresenta il bacino potenziale di persone direttamente richiedenti o beneficiarie del reddito nell’ambito del nucleo coinvolto, che risultano occupabili. Rispetto a questo primo ampio gruppo di persone potenzialmente eleggibile per essere destinatario di una offerta di lavoro, solo il 53%, pari a circa 423mila persone, risultavano essere state (a dicembre 2019) convocate per il primo colloquio con i Centri per l’Impiego, primissimo passaggio della procedura di inclusione occupazionale prevista dalla normativa.

I primi colloqui effettuati nei Centri per l’Impiego con l’obiettivo di verificare i requisiti per esonerare dalla prosecuzione del percorso chi aveva dei legittimi impedimenti, hanno visto il coinvolgimento in tutto di 331mila persone. Rispetto a questo gruppo, gli esonerati dalle attività di ricerca di lavoro per cause ammissibili sono stati 44mila, quelli inviati direttamente ai percorsi di inclusione sociale e quindi riconosciuti come non in grado di intraprendere percorsi di inserimento al lavoro oltre 7mila, mentre quelli inviate a procedure sanzionatorie per violazioni commesse circa 15mila. Al termine di questa fase pertanto le persone effettivamente pronte per essere prese in carico risultavano essere pari a 264mila unità, a fronte di un ammontare complessivo di beneficiari avviabili al lavoro di 724mila unità a dicembre 2019 e stimato di oltre 745mila a gennaio.

Le persone che, successivamente, hanno stipulato il patto di servizio, a inizio dicembre, risultavano essere 220mila, pari al 30,4% dei beneficiari effettivamente attivabili (al netto quindi degli esonerati o esclusi). Il dato calcolato sulle platee di gennaio è sceso al 29,5%. Il 70% dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza non è, dunque, ancora arrivato a stipulare il patto di servizio che è il punto di partenza da cui si dovrebbero cominciare ad attivare tutte le misure per favorire l’accesso al lavoro.

Occupati

Considerando tutta la platea di beneficiari, i dati Anpal del 18 dicembre indicavano come risultassero aver trovato una occupazione dall’avvio della misura 28.700 persone, registrate come beneficiari del reddito. Si tratta del 3,1% del totale delle persone che hanno beneficiato della misura in quanto avviabili al lavoro o alle azioni di inclusione sociale. Anche calcolando solo la quota di persone avviabili al lavoro – che in base alle stime aggiornate al 7 gennaio 2020 sono pari a 815mila unità – la quota sale al 3,5% e resta comunque molto esigua.

È importante osservare che si tratta, in realtà, di assunzioni che non sono necessariamente riconducibili alle azioni concrete messe in atto per favorire l’inserimento occupazionale dei beneficiari della misura. Basti pensare che nel computo degli occupati sembrano essere state comprese le assunzioni avvenute a partire da aprile 2019, mentre i navigator hanno iniziato ad essere operativi nei Centri per l’Impiego solo da settembre-ottobre 2019.

Anpal non fornisce i dati sulla quota di soggetti beneficiari del Reddito di Cittadinanza presi in carico e inseriti in qualche attività di incontro domanda e offerta, che hanno effettivamente trovato un lavoro. Si tratta di una mancanza di trasparenza che pregiudica l’effettivo monitoraggio e quindi la possibilità di una chiara valutazione dell’impatto di una misura che appare comunque, per il momento, ancora molto poco efficace.

Penso che le forze politiche di maggioranza debbano sedersi al più presto intorno a un tavolo per discutere di come stia funzionando la misura, senza ideologie e preconcetti, per il bene dei percettori di reddito e del nostro Paese. Occore mettere mano subito al Reddito di Cittadinanza, per correggere ciò che ha dimostrato di non funzionare, perché c'è il forte rischio che – essendo che oggi in Italia le politiche contro la povertà coincidono con il Reddito di Cittadinanza – un eventuale fallimento dello strumento porti con sé anche il fallimento delle politiche contro la povertà, cosa che non ci possiamo permettere.

*Senatrice di Italia Viva, nella passata legislatura era stata relatrice del provvedimento sul reddito di inclusione. Qui il testo dell'interrogazione

Photo by Pop & Zebra on Unsplash


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