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Severino: «L’intelligenza naturale? È artificiale»

Ripubblichiamo un estratto dell'intervista fatta a Emanuele Severino, sul tema dell'Intelligenza Artificiale, pubblicata sul numero di Vita di giugno del 2018 dedicato ai "Social robot"

di Marco Dotti

Ripubblichiamo un estratto dell'intervista fatta a Emanuele Severino, sul tema dell'Intelligenza Artificiale, pubblicata sul numero di Vita di giugno del 2018 dedicato ai "Social robot".

Scienza e coscienza, filosofia e consapevolezza… Non è forse un dibattito da lasciare alla scienza?
Non è il caso che la filosofia metta le mani all’interno della scienza. La scienza sa fare molto bene ciò che intende fare. Ma la filosofia può cercare di capire qual è il significato delle parole usate dal sapere scientifico. E il professor Roger Penrose ha usato delle parole importanti in campo filosofico: intelligenza, coscienza, comprensione, consapevolezza.

Il pensiero filosofico che, oggi, sta quasi in ombra rispetto all’imponenza del sapere scientifico si spinge, però, fin dove il pensiero umano può spingersi. Iniziando così a rilevare che la scienza non può enunciare verità incontrovertibili. Questo non è solo la filosofia a dirlo, ma la scienza stessa.

La scienza si autopresenta come un sapere deduttivo, probabilistico, di dettaglio. Quando la scienza parla di “coscienza”, di “comprensione”, di “intelligenza”, di “intelligenza artificiale” o “intelligenza umana” si riferisce a oggetti particolari. A cose particolari: il capir questo, il capir quest’altro; il compiere questa operazione; il compiere quest’altra. Ma quando parliamo di dimensioni particolari e trattiamo la coscienza come cosa particolare, si aprono incredibili scenari: da dove le scienze – psicologiche, neurologiche, fisiche – attingono la notizia dell’esistenza della coscienza, di fatto psichico, di consapevolezza, di operazione cosciente? La attingono da una dimensione alla quale la scienza, in genere, non presta attenzione. Questa dimensione è la manifestazione del mondo. Non c’è un passo che la scienza possa compiere che non è la manifestazione del mondo.

Oggi sul tema dell’Intelligenza artificiale la tecnica lancia la sua sfida in termini di produzione. La produzione di “intelligenza”, eventualmente di “coscienza”, probabilmente di “consapevolezza”…
Dobbiamo intenderci sul tema della produzione e della producibilità. La manifestazione del mondo, intesa non come cosa fra le cose, bensì come insieme di cose passate, presenti e future, non può precisamente essere oggetto di produzione. Se non altro per questo motivo: se il produttore potesse produrre la totalità della manifestazione del mondo sarebbe al di fuori delle produzione del mondo e, quindi, sarebbe qualcosa di ignoto. Pensiamo a questo proposito al tema “intelligenza artificiale vs. intelligenza naturale”: si vuole produrre l’intelligenza, ma come ci ha spiegato il professor Roger Penrose dobbiamo prima di tutto capire che cosa l’intelligenza sia. E per farlo, dobbiamo fare i conti con ciò che il pensiero filosofico ha detto a proposito dell’intelligenza. Per la fisica e per le scienze in genere esiste qualcosa di indipendente dall’intelligenza, qualcosa di acquisito.

Non ci si deve dimenticare che questo mondo che starebbe al di là dell’intelligenza lo stiamo comprendendo proprio tramite la scienza. E, da capo, non è qualcosa che realmente stia al di là della comprensione che ho chiamato manifestazione del mondo. A proposito di questo mondo, un mondo consaputo, Cartesio diceva: «tutte quelle cose che sono in noi, avvengono in noi e in noi divengono coscienza di essere».

ç’intelligenza che si vuole costruire che intelligenza è? Io dico: è l’intelligenza altrui. No si vuole costruire la propria intelligenza, ma l’intelligenza dell’altro. Ma l’altro, il nostro prossimo, non è osservabile. L’altro è insondabile. Ma che cosa vedo nell’altro? Nell’altro vedo un comportamento

Emanuele Severino

È il grande tema della coscienza artificiale o algoritmica, che secondo alcuni neuro scienziati sarebbe integralmente riproducibile, anche sul piano delle emozioni… è il vecchio sogno di produrre l’uomo…
Il termine che viene dato fuori discussione in questa discussione, ma che è invece determinante è il termine: produzione. Tutte le scienze, non solo quelle naturali, ma anche le scienze storiche usano questo termine senza preoccuparsi dell’abisso che sotto questo termine si cela. Platone dà della produzione una definizione molto chiara. È una definizione che resta alla base di tutto ciò che l’Occidente ha compiuto, ha pensato, ha realizzato in campo scientifico e in campo non scientifico.

È una definizione che diamo per scontata, che impregna il senso comune perché è diventato ciò che la nostra civiltà considera come l’evidenza indiscutibile. Ma è proprio questa evidenza che dobbiamo portare alla superficie. Platone usa il termine poiesis e in un passo del Simposio leggiamo: produzione è ogni causa che faccia passare una qualsiasi cosa dal non essere all’essere. Allora non esiste in Occidenti, in campo scientifico o non scientifico, alcun luogo in questo che viene considerata oramai una banalità non sussiste. È la base di tutto ciò che facciamo e pensiamo. E così, anche quando si vuole parlare di “produzione della coscienza” o dell’intelligenza artificiale non si può scansare questo problema.

Una bella contraddizione. Dentro questa contraddizione si colloca il tema del nostro dibattito…
Concentriamoci su un tratto che è decisivo non solo per la storia della filosofia o per la storia della scienza, ma per la vicenda dell’uomo. Il professor Penrose ha ricordato un’espressione corrente: «costruire la coscienza» o «produrre la coscienza»…

Si vuole produrre l’intelligenza, ma dobbiamo prima di tutto capire che cosa l’intelligenza sia. E per farlo, dobbiamo fare i conti con ciò che il pensiero filosofico ha detto a proposito dell’intelligenza. Per la fisica e per le scienze in genere esiste qualcosa di indipendente dall’intelligenza, qualcosa di acquisito

Emanuele Severino

Pongo un ulteriore problema: l’intelligenza che si vuole costruire che intelligenza è? Io dico: è l’intelligenza altrui. No si vuole costruire la propria intelligenza, ma l’intelligenza dell’altro. Ma l’altro, il nostro prossimo, non è osservabile. L’altro è insondabile. Ma che cosa vedo nell’altro? Nell’altro vedo un comportamento. Un comportamento che come tale non è “intelligenza”, ma è esattamente ciò che una macchina può riprodurre. Andiamo alla ricerca dell’intelligenza, ossia della sua non riproducibilità o della sua riproducibilità, ma per il modo in cui l’uomo è stato inteso in Occidente, la sua intelligenza, ovvero l’intelligenza naturale è già, di per sé, intelligenza artificiale: produzione di cose dal non essere all’essere. Produzione di mezzi in vista di produzione di scopo: questa è la definizione che l’Occidente dà dell’uomo, ma è anche la definizione che lo stesso Occidente dà della macchina.

In apertura Foto Sintesi


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