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2mila operatori con contratti in scadenza: il Reddito di Cittadinanza rischia di saltare

«Da un momento all’altro mancherebbero 160 assistenti sociali a Napoli, 120 a Roma... professionisti e operatori specificamente formati su cui lo Stato ha investito e che stanno già lavorando con le persone. Sarebbe un disastro», denuncia Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali

di Redazione

Duemila operatori che stanno seguendo i percorsi legati al Reddito di cittadinanza nel 2020 vedranno scadere i loro contratti. Assistenti sociali, amministrativi, psicologi, educatori… professionisti e operatori che erano stati assunti negli ultimi anni proprio per rafforzare l’infrastruttura dei servizi per l’inclusione, dopo anni di austerity e di servizi sociali territoriali con le piante organiche profondamente depauperati. Il Pon inclusione e il fondo di contrasto alla povertà introdotto insieme al REI avevano messo risorse sull’infrastruttura, che ora al contrario rischia di nuovo di implodere. «Dalle strutture territoriale arrivano alert di ogni tipo. Da un momento all’altro mancherebbero 160 assistenti sociali a Napoli, 120 a Roma… professionisti e operatori specificamente formati su cui lo Stato ha investito e stanno già lavorando con le persone nelle periferie. Sarebbe un disastro», denuncia Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali. «Occorre prorogare l’impiego di chi segue il Reddito di cittadinanza e il Rei. Diversamente nel 2020 i provvedimenti di contrasto alla povertà, pur con i loro limiti, smetteranno di funzionare».

Al decreto Milleproroghe, all’esame della Camera per la sua conversione in legge, sono stati presentati alcuni emendamenti (i primi firmatari sono Luca Rizzo Nervo, Guglielmo Epifani e Ubaldo Pagano) per prorogare questi contratti, che erano tutti a tempo determinato (mancando un fondo strutturale) e che ora, secondo le regole del lavoro nella PA non possono più essere rinnovati. Gli emendamenti chiedono una proroga di diversa durata e fino a un massimo di 24 mesi, che sarebbero di fatto un tempo-ponte per arrivare a stabilizzare le persone, nell’ottico di stabilizzare le strutture e quindi garantire l’accesso delle persone più fragili ai loro diritti.

«Sappiamo tutti cosa significa, in ottica di percorsi di inclusione, ricominciare daccapo ogni volta con persone di riferimento nuove. Se, pur intensificando i controlli e perseguendo chi se ne approfitta, vogliamo assicurare la continuità dei progetti di assistenza e accompagnamento previsti dalle misure di contrasto alla povertà, alle diseguaglianze e all’esclusione sociale, se al di là delle parole non vogliamo che l’erogazione del Rdc o del Rei si blocchino – spiega Gazzi – è necessario che si proroghino questi contratti».

Foto Unsplash


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