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Le mani del profit sull’accoglienza

Crescono gli interessi di grosse società for profit nel settore dell'accoglienza: un effetto perverso del decreto Sicurezza che ha reso sempre più difficile per i soggetti del Terzo settore operare in quell'ambito, favorendo invece gli interessi privati

di Marco Dotti

Colpevoli di tutto. Colpevoli di aver tentato una buona accoglienza. Colpevoli di partecipare ai bandi e, dopo l'entrata in vigore del cosiddetto decreto Sicurezza nel 2018, quando non partecipano, colpevoli anche di non parteciparvi.

«La MANGIATOIA è finita, chi speculava con margini altissimi per fare "integrazione", spesso con risultati scarsissimi, dovrà cambiare mestiere»: maiuscole alla mano, dai suoi social d’attacco l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini commentava così una notizia dell’aprile 2019: le Caritas di Treviso e Vittorio Veneto, assieme ad altre cooperative sociali, non avrebbero partecipato alla gara della Prefettura per l'assegnazione dei servizi di accoglienza. Un risultato di cui andava fiero.
E sui “famosi 35 euro”, qualche mese prima, in un comizio in Abruzzo affermava: «guarda caso molte di queste cooperative, avendo visto ridurre i loro guadagni, hanno smesso di essere solidali, accoglienti e generose. Vuol dire che non gliene fregava assolutamente niente di accogliere il prossimo, ma solo di intascare i quattrini».

I dati

A dispetto di ogni veridicità, attraverso affermazioni del genere reiterate con sfacciataggine e calcolo, le cooperative sociali sono diventate il capro espiatorio di un intero sistema. Un sistema di accoglienza, con alcune storture e parecchi picchi virtuosi, che i capitolati di spesa decisi dal Ministero dell’Interno in accordo con l'Anac per definire la gestione dei centri hanno nel frattempo mandato in cortocircuito.

Tra il 2016 e il 2019, mentre diminuiva il numero degli sbarchi, cresceva il discredito nei confronti dell’accoglienza. L’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti ricorda come «nel 2016, in Italia sbarcarono 181.436 persone, con un incremento del 17,94% rispetto all'anno precedente». Un numero che sarebbe diminuito nei due anni seguenti, passando dai 119.0386 del 2017 ai 23.371 del 2018.

Oggi – dati dal 1 gennaio al 13 dicembre 2019 – gli sbarchi sono stati in totale 11.097: in percentuale, una diminuzione del 93,9% in 3 anni. Anche il numero dei minori non accompagnati è passato dai 17.373 del 2016 ai 1583 del 2019. Possiamo davvero continuare a parlare di "emergenza migranti"? No, non possiamo. Eppure continuiamo a farlo. «Affermare che il fenomeno migratorio sia congiunturale e non strutturale, ovvero non sia un trend dell’intero pianeta è un’immensa fake news», spiega ancora Minniti, che ricorda come il ruolo del Terzo settore e delle coop «nell’accoglienza sia cruciale, «proprio per non lasciare i cittadini soli davanti alle loro paure». Non possiamo ottenere «sicurezza pagando in umanità, è casomai vero il contrario», conclude Minniti. «Per questo è necessaria la presenza dei corpi intermedi nella gestione dei flussi migratori e dell’accoglienza».

La retorica dei 35 euro

Di vero, dietro la retorica sui “35 euro”, c’è un fatto: ad essere colpiti dal decreto Sicurezza convertito in legge il 1 dicembre di due anni fa, sono state prevalentemente le associazioni della società civile e le cooperative che partecipavano ai bandi per l'apertura di centri di accoglienza con massimo 50 ospiti, quelle meno impattanti sul territorio.

Nel 2017, su questa tipologia di struttura le realtà cooperative rappresentavano il 57% del totale. Oggi, non solo la partecipazione di coop e associazioni è stata pregiudicata, ma il sistema si è orientato verso centri di dimensioni maggiori. Centri a lungo termine sostenibili solo da strutture for profit, capaci di generare quel profitto che l’ex ministro attribuiva ai “famosi 35 euro”. Non solo: per le grandi strutture, in certi bandi, le quote pro-capite sono addirittura aumentate.

Nel frattempo, si è creato un enorme buco occupazionale: quasi 18mila persone altamente qualificate nel sociale – la stima è a della Fp Cgil – hanno perso il lavoro.

Giuseppe Guerini, a lungo presidente di Federsolidarietà e attualmente a capo di CECOP, la confederazione europea delle imprese e delle coop sociali che conta oltre 50 mila aderenti, osserva che le condizioni previste dai nuovi bandi, dopo il “decreto Salvini”, «sono tali per cui si riesce a gestire esclusivamente l'accoglienza, chiamiamola così, “alberghiera” e nemmeno di particolare qualità». Omar Piazza, vice presidente di Federsolidarietà Lombardia, osserva però che in territori sani, come nella bergamasca, la risposta al cortocircuito normativo, ai capitolati e alle fake news sulle “cooperative mangiatoia” è arrivata direttamente dal basso. Anche dove la Lega ha preso, alle ultime elezioni, il 40%.

La mappa e il territorio

A Bergamo, un accordo con la Diocesi ha permesso di reggere l’urto. Qui chi non ha retto è stata proprio una Srl storica nel settore dell’accoglienza lombarda che, dopo aver vinto il bando della Prefettura, si è vista escludere per omessi versamenti per svariati milioni di euro. Nel frattempo, un centinaio di persone ospitate nel Cas gestito dalla Srl sono state spostate in altre strutture gestite da coop.

I dati delle Prefetture e del Ministero dell’Interno che abbiamo potuto consultare ridisegnano la mappa del territorio dell’accoglienza: in Lombardia, al 30 novembre, sono registrati 11.178 ospiti dei centri di accoglienza “straordinari” su un totale di 13.259 immigrati presenti sul territorio regionale (84,31%). In Emilia, 7.252 su un totale di 9.462 (76.64%) , in Piemonte 6.875 su un totale di 8.614 (79.81%), in Veneto 5.591 su un totale di 6.267 (89.21%), in Campania 5.641 su un totale di 7.459 (75.63%) e nel Lazio 5.882 su un totale di 8.719 (67.46%). Nel complesso, i CAS ospitano 69.971 persone, il 73.64% del totale dei migranti presenti nei centri italiani.

A Milano e provincia, secondo il recente rapporto (Stra)ordinaria accoglienza del Naga sono 183 le strutture CAS, mentre sono 18 gli Sprar. Strutture – dal B&B all'albergo, dall'appartamento in condominio alla villetta singola, fino a edifici come centri diurni o pensionati – amministrate da almeno 35 enti gestori di diversa natura, ma che per numero di ospiti “gestiti” vedono emergere proprio la forma giuridica della Srl. L’ingresso sul “mercato” di strutture multinazionali come la francese GEPSA, controllata da ENGIE, un colosso dell’energia d’Oltralpe, mostra chiaramente la tendenza: il taglio dei “famosi 35 euro” non ha scoraggiato, anzi sembra aver aperto un’autostrada ai colossi for profit dei centri di detenzione.

In territori più fragili come la Campania, per fare un confronto, la proporzione è già di 1 a 3: su 94 CAS, 31 sono gestiti direttamente da Srl. Per lo più società immobiliari o di logistica. Le altre province campane si attestano su questa linea.

Un altro territorio fragile è la Sardegna. In Sardegna, negli anni scorsi, molti impresari del turismo avevano improvvisato strutture di accoglienza. Oggi restano i cocci. E restano in mano a chi, per vocazione e per scelta, non obbedisce alle leggi del mercato: il sociale. Ultime notizia dall’Isola: la chiusura dell’Ufficio regionale per l’accoglienza da parte della giunta di centrodestra. Non bastasse, il 13 dicembre scorso, la Corte dei Conti ha rinviato l’apertura del Centro regionale per il rimpatrio dei migranti irregolari, realizzato nell'ex carcere di Macomer.

Ad aggiudicarsi la gara europea bandita dalla Prefettura di Nuoro e dal Ministero dell'Interno, Ors Italia, società legata a un fondo di private equity controllato dalla londinese Esquitone Partners, che gestisce oltre 10mila profughi e rifugiati tra Svizzera, Austra e Germania. A lungo al centro di dispute, sul sito di Macomer le autorità locali avevano a suo tempo chiesto un chiarimento all’allora Ministro Salvini. Risposta? Mai pervenuta. Il problema, per lui, erano e sono le coop e i “famosi 35 euro”. Nel frattempo, il sistema dell’accoglienza arranca e quel poco che resiste, resiste grazie al mondo cooperativo e al Terzo settore. Sul resto, il profit ha già messo abbondantemente le mani.


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