Media, Arte, Cultura

Sanremo 2020, prova di dialogo tra le generazioni

I nuovi linguaggi musicali sempre rivelano disagi, paure, angosce dei giovani. Non parlano di noi, ma parlano a noi gettando un ponte fra le generazioni

di Angelo Moretti

È arrivato Sanremo, con il suo carico di polemiche e di dibattiti che lo accompagnano da sempre.

Gli avi raccontano dello scandalo di Mina, una delle prime cantanti pop a divorziare, alcuni ricordano la prima esibizione di Vasco e molte di Patty Pravo. Oggi la cronaca racconta di Junior Kally, giovane trapper mascherato che nei suoi testi precedenti sembra voler esaltare un femminicidio, con parole violente, mettendolo finanche in scena con una clip orribile.

L’anno scorso, periodo di populismo di ultradestra al governo, la polemica era sulla nazionalità di origine del giovane vincitore, un ottimo rapper lombardo di razza non ariana.

Sanremo è esattamente questo: il barometro dei nostri costumi e dei nostri dialoghi in corso.

E quindi, dobbiamo parlare male di Sanremo? È tutta ipocrisia nazionalpopolare? Uno spettacolo inutile ? Stando ai dibattiti che provoca ogni sua nuova edizione, dire di no. Sanremo è necessario per questo, perché ci fa discutere, ci interroga su dove va la cultura, cosa è la cultura, quali sono i limiti della cultura e fin dove è lecito che un cantante, con i suoi costumi sociali e privati discutibili, possa essere invitato a salire sul palco solo perché ha una buona canzone da portare.

Questo è l’anno di Junior Kally. È una grande occasione , non sciupiamola, non chiudiamo in fretta le discussioni.

Chiunque abbia in casa un ragazzo che ha poco più di 10 anni sa che la musica trap è entrata ad abitare buona parte della giornata del figlio già da un po’. Parole violente, scene sessiste, richiami alle sostanze psicotrope, soldi, sono il linguaggio corrente di questo genere musicale nato negli Stati Uniti del Sud, ad Atlanta, alla fine degli anni ‘90, quando gruppi di giovani occupavano le case vuote nei sobborghi di quella città, trasformandole in “comuni“ della società liquida . Nelle trap houses si spacciava abitualmente, le droghe erano il principale collante economico e sociale ed è accaduto così che le canzoni che in quelle case venivano “generate” avessero la droga ed i soldi come principali protagonisti dei testi.

Dopo venti anni dallo sbarco in Europa di quel genere nato nella disperazione, ti ritrovi bambini con il volto ancora da latte o adolescenti che non farebbero mare ad una mosca che ripetono i testi di Sfera Ebbasta e Capoplaza, magari mentre studiano, ragazzine che dovrebbero essere disgustate ed invece canticchiano serenamente “Strega” di Kally, magari mentre sistemano una stanza o si preparano per scendere la sera.

Oggi, grazie a Sanremo, tutti quei genitori hanno la grande occasione di parlare con i figli e chiedere loro “perché?” Cosa ci trovano di attraente nella musica trap? Hanno davvero quella rabbia dentro che cantano? O è solo il ritmo ed il sintetizzatore delle voci che hanno funzionato ? È possibile che il suono di una chitarra sia stato sostituito per sempre da una riproduzione digitale della voce dello stesso cantante? Ma chi sente musica trap avrà più possibilità di assumere quegli atteggiamenti sessisti e di assumere sostanze?

Tutte domande legittime, con risposte sempre diverse. Ogni figlio che ascolta musica Trap lo farà a suo modo e per la sua ragione interiore, e questo è l’anno in cui i genitori sono costretti ad interrogarsi, perché uno dei peggiori trapper salirà sul palco di Sanremo e all’improvviso, deponendo gli armamentari lessicali tipici di quel genere, vuole parlarci di politica. Ascoltiamolo.

Mettiamo in scena non tanto il festival delle canzoni, ma il Festival del dialogo tra generazioni che non si comprendono abitualmente.

L’anno scorso i testi dei giovani ( da “Soldi” ad Irama a Daniele Silvestri) erano urla di dolore dei bambini e dei ragazzi contro la violenza e il menefreghismo degli adulti.

Oggi c’è un giovane che scriveva, e che forse scriverà ancora, testi violenti ed oggettivamente orrendi e deprecabili, ma che vuole parlarci di altro, ascoltiamolo.

Sanremo è in questo spaccato una grande occasione. Da adulti cresciuti con De Andrè, i Pink Floyd, gli U2, Springsteen, sopportare la musica trap che esce oggi dalle stanze e dai telefonini dei nostri figli può essere molto complicato, a volte ci rende supponenti e chiusi, a volte troppo facilmente e frettolosamente aperti e lassisti, come se ogni genere fosse uguale ad un altro, come se musica eLSD non fossero già andate a braccetto una volta.

Cercare di capire perché nel 2020 sia Tha Supreme il trapper/rapper più ascoltato, e parlarne senza supponenza e senza fretta con i ragazzi è l’occasione che ci mette su un piatto d’argento Sanremo. Cogliamola.


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