Comitato editoriale

Dai vita ai sogni: volontari a 17 anni in una terra lontana

Dall’esperienza in Perù di alcuni liceali di Terlizzi la testimonianza di come la vita possa cambiare prospettiva. I giovani hanno prestato servizio volontario in alcune strutture caritative e l’incontro con una realtà diversa ha portato a fare scelte consapevoli per il futuro

di Marilù Ardillo

Si va a scuola per molte ragioni: per ampliare la conoscenza, per imparare il valore delle regole, per accrescere la propria cultura. Raramente ci si siede tra i banchi con la convinzione di cambiare la propria vita.
I libri, i quaderni, le interrogazioni, seppure indispensabili, difficilmente vengono percepiti come un’opportunità per acquisire uno sguardo nuovo sulle cose. Poche volte quando si torna a casa da scuola si ha la sensazione di aver donato, quanto invece di aver appreso.

Un gruppo di ragazzi di 17 anni del Polo Liceale Sylos-Fiore di Terlizzi (BA) ha espresso due anni fa la volontà di fare un’esperienza di volontariato in una terra lontana, in una terra povera.
Il desiderio è nato dalla necessità di restituire la parte migliore di se stessi a chi vive nell’incapacità di riconoscersi in un’esistenza degna. Perché anche solo garantire la propria presenza a chi ha vissuto sempre nell’assenza, è una scelta che può risignificare la vita. «La ragione per cui abbiamo scelto di intraprendere questo tipo di esperienza ci è stata chiara sin da subito. Un desiderio puro il nostro, quello di aiutare i più bisognosi o semplicemente strappare loro un sorriso seguendo le orme di Madre Teresa che ha accolto con enorme generosità i più poveri tra i poveri, senza alcuna riserva, raccontano Mariarita e Francesca nel blog che la scuola ha dedicato ai loro racconti.
Un’esperienza che destabilizza, che scuote profondamente ma che insegna a decidere di restare.

La meta è stata Lima, capitale del Perù. Tre settimane estive sottratte alle vacanze al mare e alla spensieratezza in virtù dell’incontro con il dolore. Una grande motivazione espressa nei colloqui di selezione svolti dai docenti, alcuni dei quali si sono impegnati anche economicamente per garantire ai ragazzi meno abbienti l’opportunità di partire già per la prima edizione.
Un’energia quasi sovrannaturale ha unito chi insegna e chi impara lungo un’unica linea di orizzonte.

È nato così un vero e proprio progetto chiamato “Dai vita ai sogni”, che ha visto coinvolti 10 ragazzi che hanno prestato il loro supporto presso varie strutture: prima tra tutte il Centro delle Missionarie della carità di Madre Teresa a Lima, in uno dei quartieri più degradati della città.
“Il centro in cui abbiamo volto le nostre attività ospita bambini con malattie psichiche e fisiche, uomini malati di Aids, persone incapaci di comunicare o semplicemente di svolgere le attività primarie. Una realtà dura e senza filtri in cui si respira un profondo senso di sofferenza e solitudine”.
Ai ragazzi non sono state richieste competenze specifiche, se non essere disposti a fare. Cambiare un pannolino, nutrire alcuni bambini attraverso il sondino, aiutare negli esercizi di fisioterapia, stimolare i sensi motori attraverso l’uso dei colori. O fare compagnia, abbracciare, sorridere, esserci e dare fondo a tutta la forza e il coraggio necessari per convincere quelle persone che il domani è una piccola certezza.
In una stanza piccola con poca luce e molti odori, davanti a 5 culle con poche coperte, la spinta a dare è inevitabile, come tutto l’arricchimento che portano a casa al ritorno.

Un’altra struttura in cui i ragazzi sono stati volontari è l’Hogar San Camilo, un centro ospedaliero che accoglie malati di Aids e donne e uomini di ogni età in stato di estrema povertà. La missione del centro è di sviluppare un modello di assistenza familiare completa per le persone e le famiglie che vivono con l'Hiv/Aids, fornendo loro servizi sanitari, medici, nutrizionali, sociali, psicologici, infermieristici e di ascolto.
In questa struttura i giovani studenti hanno smistato vestiti ottenuti da diverse donazioni, hanno prestato aiuto in cucina, giocato con i bambini e preso parte alle visite domiciliari programmate presso le abitazioni dei pazienti insieme ad una squadra di professionisti, al fine di promuovere una cultura umanitaria all’interno del sistema familiare.
«Un'esperienza straordinaria è stato l'incontro con giovani donne incinte malate di Aids che hanno condiviso con noi le loro storie, tristi ma cariche ancora di sogni e di speranze. Non dimenticheremo più Arianna, umiliata e cacciata via di casa perché malata di Aids. Non dimenticheremo più la sua forza, il suo coraggio e le sue parole in risposta alla nostra domanda: Qual è il tuo sogno più grande? Vivere almeno per altri 5 anni per veder crescere i miei 3 figli e dare loro lo stretto necessario per la vita».

Quattro figure sono state fondamentali per la realizzazione del progetto alla sua seconda edizione: Annalisa Marinelli, giovane docente di filosofia e storia appassionata e già promotrice di altre iniziative di volontariato nel suo passato personale e professionale; il Nunzio Apostolico S.E. Mons. Nicola Girasoli, ambasciatore del Vaticano e decano di tutti gli ambasciatori in Perù che ha garantito ai ragazzi vitto e alloggio e che ha curato i contatti con tutte le strutture visitate; la dirigente scolastica Anna Maria Allegretta che ha creduto fortemente nel progetto e la Fondazione Vincenzo Casillo che ha offerto il suo contributo per assicurare ai ragazzi la possibilità di un’esperienza umana irripetibile.

«Il Perù è stato una lezione di vita, di umiltà e di collaborazione. Prestare i miei occhi a Sebastian è stata la cosa che mi ha toccato e che mi mancherà di più. L'unica grande disabilità di Sebastian è la cecità, eppure lui riesce a vedere il mondo. Mi riconosce dal rumore dei passi, si abbandona all'ascolto di ogni rumore. Pensando a Sebastian a volte chiudo gli occhi e ascolto ciò che mi circonda. Grazie a Papacho ho scoperto l'importanza di un abbraccio, grazie a Miguel ho capito che un semplice sorriso può farti sentire a casa. Oggi, alla fine di questi giorni, mi sento una persona diversa, più consapevole e sopratutto più grata», racconta Elisa.
Fabio ha suggerito di riflettere sui sogni, anche quelli infranti. E su quanto sia importante potersi sentire fratelli nella sofferenza, per imparare anche l’accudimento, l’accompagnamento nel dolore.
Sono temi esistenziali così profondi e vasti, sopratutto se assorbiti a soli 17 anni, che non possono non cambiare l’intero svolgimento della vita. E che d’ora in avanti ci impediranno di restare comodi e sereni sulle poltrone della nostra casa solo perché non si tratta di figli nostri. Fabio ha imparato in Perù che ciascuno è figlio della stessa umanità e che lasciarsi scomodare dal prossimo è una delle occasioni più belle che ci possa capitare. Che avere paura non è l’unico modo per vivere la sofferenza, ma che si può scegliere di affrontarla con ostinazione e determinazione e che mettendola in condivisione si fa un poco più leggera.

Il progetto offre anche un’altra opportunità ai ragazzi, quella della conoscenza culturale che pure fa più grandi gli animi.
Così, sempre grazie alla generosità del Nunzio, hanno organizzato delle visite istituzionali presso l’Istituto Italiano di Cultura, il Teatro municipale di Lima e presso il Ministero degli Affari Esteri, incontrando anche la moglie del Ministro Emma Rios Popolizio, Presidente dell’Associazione Voluntariado Solidaridad y Servicio che si occupa dell’integrazione di gruppi etnici che vivono in zone isolate.
Sono partiti anche alla scoperta del noto Machu Picchu su un treno panoramico che li ha ripagati di una bellezza senza pari e sono approdati ai geroglifici di Nasca, città del centro-sud del Perù, abbracciati dalle Ande, meravigliati dalla grandezza.

Oggi, due dei ragazzi che hanno preso parte alla prima edizione del progetto lavorano presso Medici senza Frontiere e le Nazioni Unite in America Centrale. Un altro ragazzo ha scelto di studiare lingue all’Università, per diventare un interprete.
Questo è il risultato più efficace e più appagante attraverso cui un’esperienza può virare la prospettiva, instillando prima di ogni altra cosa la cultura del sogno.