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Economia & Impresa sociale 

Intesa-Ubi, Sapelli: «È un monito a Bcc e Popolari. È finita l’epoca delle divisioni e dei particolarismi»

L’Ops che il gruppo torinese ha lanciato nei confronti delle ex popolari lombarde è stato un fulmine a ciel sereno. «Una bellissima operazione, anche per la capacità di mantenerlo riservato. Dubito possa naufragare. È un’acquisizione che mette in sicurezza il sistema bancario italiano», spiega a vita.it l’economista Giulio Sapelli. L’intervista

di Lorenzo Maria Alvaro

L'Offerta pubblica di scambio attraverso la quale Intesa Sanpaolo diventerebbe proprietaria al 100% della quarta banca del Paese, lanciata lunedì, è al centro dei ragionamenti del consiglio di amministrazione di Ubi che l'ha raccolta limitandosi per ora a valutare la proposta, che prevede il conferimento di 17 nuove azioni di Intesa ogni 10 azioni Ubi consegnate, con un premio del 22,6% sui prezzi antecedenti la proposta, al netto dei dividendi. Insomma la probabile acquisita prende tempo. «È molto presto per trarre considerazioni, ma è importante sottolineare come questa operazione rappresenti, per il momento, solo una proposta», ha scritto l'ad di Ubi, Victor Massiah, in una lettera inviata ai dipendenti del gruppo. «L'offerta», ha aggiunto, «sarà, secondo dichiarato da Intesa Sanpaolo, depositata in Consob entro il 7 marzo prossimo. Prima dell'inizio del periodo di adesione, previsto entro fine giugno, il cda di Ubi dovrà esprimersi al riguardo, a valle di una adeguata istruttoria». «Dubito possa saltare», commenta l’economista, storico, accademico e dirigente d'azienda Giulio Sapelli, «mi sembra un’operazione costruita molto bene».


Prof. come ha letto questa operazione?
Come una risposta alla situazione complessiva determinata dall’abbassamento dei tassi. Quando si parla di una banca come questa, di sistema e molto ampia e che continua a fare utili, e si commenta una proposta di acquisizione così si è di fronte ad un progetto di consolidamento fatto acquisendo una banca altrettanto sana.

Una mossa, quella del Ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina (nella foto di copertina) che a lei piace…
Sì, quello che mi piace, al netto del contenuto, è la forma. Nessuno ha sottolineato che è stato fatto tutto in assoluto silenzio. Non è mai trapelato nulla. È una prova di capacità, professionalità straordinaria. A questo avranno lavorato decine di persone per più di un anno. È un bel segnale per la serietà e professionalità del Paese. Anche se bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare

In che senso?
Il grande regista è Stefano Lucchini, che anche questa volta ha dimostrato grandissima professionalità. Certamente Messina ha grandi meriti. Ma la strategia è di quel grande professionista che è Lucchini

Tutti danno per certa la buona riuscita della fusione. Perché?
No, non è detto che si faccia perché è un’operazione complessa. Bisogna operare adesso con altrettanta maestria per convincere gli azionisti.

C’è chi dice però che di fatto Ubi non ha scelta. Oggi l’Ops non è ostile ma può sempre diventare domani un Opa ostile…
Sì è giusto. Il problema sta nel rapporto di concambio che oggi sta 1 a 17. Che tecnicamente mi sembra fatto molto bene e riflette il peso relativo delle banche. Bisogna che gli azionisti trovino giustificato e redditizio per loro questo rapporto. Anche a me sembra non abbiano altra scelta. Il Consiglio deve dare prova di grande autorevolezza e ragionevolezza. Perché rispondere negativamente potrebbe essere delicato per l’equilibrio dl sistema.

Nel senso che se invece va in porto aiuta il sistema bancario italiano?
Certo, lo mette in sicurezza dandogli una base solida fatta da due banche grandi e sane. Ma questa è un’operazione che manda anche un monito forte alle Bcc e alla popolari

Quale?
Che è ora di finirla con le divisioni e i particolarismi. Bisogna cercare di andare verso il consolidamento. Attenzione, non significa che tutti debbano essere grandi. Anzi, continueranno ad esistere le piccole banche. Il punto che devono stare all’interno di un sistema bancario solido e unitario. Solo così si potrà avere una forte biodiversità bancaria

E poi c’è il tema dell’innovazione. C’è chi parla di estinzione delle banche tradizionali…
No, non c’è nessun rischio. La biodiversità vale anche per quello che riguarda la tecnologia. C’è posto per tutti. Non va dimenticata la questione demografica: la clientela anziana, molto numerosa, vuole parlare ancora vis a vis e andare allo sportello senza contare che tante operazioni non si possono fare sul cellulare, come i mutui. Credo che andremo verso banche in cui conviveranno livelli tecnologici diversi. Non è un caso che la maggior parte delle migliaia di nuovi assunti giovani sono proprio qualificati nell’ambito digitale.


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