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Corte Ue: «è legittima l’imposta sulle scommesse per i Centri Trasmissione Dati stabiliti in Italia»

La Corte di Giustizia Europa mette fine a una disputa che si trascina da anni: anche gli operatori stranieri che operano in Italia dovranno pagare le tasse

di Redazione

Stanleybet è una società di bookmaking stabilita in Malta che esercita la sua attività in Italia attraverso il Centro Trasmissione Dati (CTD) Stanleyparma, essendo priva di concessione. Il contratto di scommessa viene stipulato direttamente tra il bookmaker e lo scommettitore, mentre il CTD è un mero trasmettitore materiale.

Nel 2016, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) ha richiesto il pagamento di oltre 8 milioni di euro a titolo di Imposta Unica sulle scommesse raccolte in Italia nel 2011 a Stanleyparma, quale CTD gestore «per conto terzi» di attività di scommesse, nonché a Stanleybet, quale obbligato solidale di Stanleyparma.

Stanleybet e Stanleyparma hanno impugnato l’avviso di accertamento dell’ADM davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Parma.

Nelle more del procedimento, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma in materia di imposta unica sui pronostici e sulle scommesse, nella parte in cui prevede, per le annualità precedenti al 2011, che siano assoggettate al tributo le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione.

In tale contesto, la Commissione Tributaria Provinciale di Parma ha chiesto alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione osti ad una normativa nazionale che assoggetti ad imposta sulle scommesse i CTD stabiliti in un certo Stato membro e, in solido e in via eventuale, gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in altro Stato membro.

Con l’odierna sentenza, la Corte dichiara che il diritto dell’Unione, e in particolare il principio di libera prestazione dei servizi, di cui all’articolo 56 TFUE, non osta a tale normativa nazionale.

In base a tale principio, va eliminata, nei confronti del prestatore di servizi stabilito in altro Stato membro, qualsiasi discriminazione fondata sulla sua cittadinanza. Inoltre, detto principio impone la soppressione di qualsiasi restrizione – ancorché applicabile indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri – idonea a vietare, a ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi. Ciò posto, la Corte conclude che la normativa italiana non lede siffatto principio.

In particolare, la Corte osserva che, secondo quanto indicato dal giudice del rinvio, in Italia l’imposta unica si applica a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte sul territorio italiano, senza operare alcuna distinzione in funzione del luogo di stabilimento di tali operatori, cosicché l’applicazione di tale imposta alla Stanleybet Malta non può essere considerata discriminatoria.

D’altro canto, la Corte rileva che, a differenza dei CTD che trasmettono i dati di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali, dotati di concessione, la Stanleyparma raccoglie scommesse per conto della Stanleybet Malta, che ha sede in un altro Stato membro e che non ha alcuna concessione in Italia. Stanleyparma non si trova quindi in una situazione analoga a quella dei CTD che operano per conto di operatori titolari di una concessione per l’organizzazione delle scommesse in Italia: pertanto, Stanleyparma non può ritenersi discriminata perché assoggettata ad imposta, mentre detti operatori non lo sono.

Per quanto riguarda l’argomento della Stanleybet Malta secondo cui, in base alla normativa italiana, essa è soggetta a doppia imposizione, a Malta e in Italia, la Corte risponde che, allo stato attuale dello sviluppo del diritto dell’Unione, gli Stati membri non hanno un generale obbligo di adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine, in particolare, di eliminare la doppia imposizione.


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