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Il personal fundraiser? Ora anche per le buone cause individuali

Su Rete del Dono si possono attivare raccolte fondi per aiutare singole persone in difficoltà. Come Maria Chiara, che ha raccolto 33mila euro per aiutare la famiglia del piccolo Cesare a pagargli una costosa operazione in Germania. O Gaia, che vuole aiutare Paola, che ha lasciato il lavoro 17 anni fa per fare da caregiver al padre e al fratello, a comprare un'auto nuova

di Sara De Carli

Maria Chiara, dall’11 gennaio ad oggi, ha raccolto 33mila euro per aiutare una coppia di conoscenti a pagare le spese necessarie per stare accanto a loro figlio, che sta per sottoporsi a un intervento delicato e costoso in Germania, dove dovrà rimanere per due mesi. Il piccolo Cesare vive in un paese di provincia, nel Nord Italia, ha poco più di due anni e mezzo e una tetraparesi spastica. Maria Chiara ha pensato di attivare una raccolta fondi su Rete del Dono, per coinvolgere più persone in un tam tam di solidarietà: è stato un successo, con 403 donatori e il target della raccolta (ancora aperta) che si è progressivamente spostato da 3mila a 30mila euro.

È la prima volta che Rete del Dono apre una raccolta fondi per buona causa individuale, cioè per sostenere direttamente una persona in difficoltà e non un progetto di solidarietà promosso da un’organizzazione non profit. «Abbiamo sempre ricevuto tantissime richieste in questo senso, per attivare raccolte fondi per buone cause personali, per singole persone in difficoltà economiche, con problemi di salute o disabilità… Alla fine ci siamo detti “perché no?” e nell’autunno 2019 abbiamo implementato questa possibilità», spiega Valeri Vitali, fondatrice di Rete del Dono. «Quante volte, d’altronde, di fronte a un problema di un parente, di un amico o di un conoscente ci siamo sentiti impotenti? Avremmo voluto fare qualcosa ma spesso non si sa come fare. Le raccolte fondi per questi motivi sui territori si fanno già, il digitale dà la possibilità di raggiungere più persone in meno tempo e rende anche un po’ meno imbarazzante la richiesta di aiuto».

Sono tre in questo momento le raccolte fondi per individui attive su Rete del Dono. Non si tratta ovviamente di raccogliere fondi per progetti ma per buone cause: «la griglia è un po’ la stessa delle aree di intervento che abbiamo per le non profit», dice Vitali. Oltre a quella per il piccolo Cesare c’è quella di Gaia che ha aperto una raccolta fondi a beneficio di Paola, una donna siciliana caregiver di un padre molto anziano e di un fratello disabile, che ha bisogno di un'auto nuova per portarli a fare le visite mediche. Da 17 anni, da quando è mancata la mamma, Paola ha lasciato il lavoro per seguire il papà Pietro e il fratello Nino: ha bisogno di comprare una nuova auto, perché la sua ormai sta cedendo, adatta anche a trasportare la sedia a rotelle. L’obiettivo di raccolta è di 8mila euro: ne sono stati raccolti poco più di 1.600. «La terza è partita proprio ieri e riguarda Vincenza Sicari, una maratoneta italiana di 41 anni, che dal 2013 soffre di un grave disturbo neuromuscolare difficile da diagnosticare e curare, è ferma a letto da allora e nessuno ancora ha capito esattamente che cos’ha. Potrebbe essere trasferita all’estero per approfondimenti, con costi importanti. Gli atleti della UltraMilano-Sanremo hanno aperto una raccolta fondi per sostenere queste spese».

Ma come si fa a garantire che queste raccolte fondi individuali non si rivelino truffe? «Studiamo le richieste, facciamo una nostra valutazione. In ogni caso mandiamo e chiediamo sia alla persona che attiva la raccolta fondi sia al beneficiario dei documenti: la carta d’identità, il consenso del beneficiario ad esempio, qualora non sia lui ad attivare la raccolta, diciamo che i fondi raccolti costituiscono reddito e quindi ci sarà da pagare al fisco una quota, che teniamo traccia delle transazioni e che potremmo interrompere la raccolta fondi se vedessimo delle irregolarità», risponde Vitali. «Alcune richieste che ci arrivano sono veramente molto bizzarre, si escludono da sole. Poi c’è l’assoluta trasparenza della raccolta fondi, che tutti possono vedere. Questo aiuta sia chi dona, sia chi chiede. La paura delle truffe, francamente, non mi preoccupa: non è così banale trovare persone che donino soldi, figuriamoci se lo è per una causa falsa! E poi in questo tipo di raccolte fondi entrano massimamente in gioco i contatti personali e di amici degli amici…».

La raccolta fondi diventa quindi sempre più disintemediata. «Io in questo caso la disintermediazione la vedo solo in positivo: una persona in difficoltà ha l’opportunità, attraverso il proprio network di raccogliere fondi raggiungendo grazie al digital sia le persone che conosce ma che sono lontane (che senza questo tipo di strumento non riuscirebbero a donare) sia gli amici di amici, grazie a una catena di persone che danno visibilità in modo genuino alla richiesta di aiuto. A volte in situazioni di indigenza è faticoso chiedere aiuto, mentre con questa modalità ti senti meno a disagio. Sappiamo che ci sono tante situazioni in cui il welfare e l’assistenza pubblica non riesce ad arrivare: o l’individuo è economicamente in grado di far fronte alle spese, o è nelle condizioni di avere un prestito o non ci sono altre vie. Questo è uno strumento in più», conclude Vitali.

Foto Unsplash


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