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Coronavirus, ultima stazione: l’età sarà una discriminante per salvarsi?

La Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva ha pubblicato un documento in cui parla di «giustizia distributiva» e ipotizza uno scenario dove l'accesso alla terapia intensiva, per i malati di coronavirus, sarà basato sulla speranza di vita del paziente

di Marco Dotti

Qualcuno può leggerle come una semplice presa d'atto, altri come una pratica di realismo. Sta di fatto che le le "Raccomandazioni" pubblicate in queste ore dalla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, vista la situazione socio-sanitaria che attraversiamo, sembrano andare ben oltre le normali "raccomandazioni" e delineano un futuro prossimo in cui certe scelte impatteranno sull'accesso alla cura e sulla vita stessa delle persone colpite da coronavirus.

Il documento, che riportiamo integralmente in pdf in calce all'articolo, titolato Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, si colloca in un contesto mediatico complessivo che, da giorni, insiste sul fatto che ad ammalarsi e morire sono (sarebbero) i più anziani.
Il contesto mediatico («muoiono gli anziani»), ovviamente non generato da SIIARTI, ma in cui il documento di SIIARTI inevitabilmente ricade, lascia implicitamente intendere che sia inevitabile il sacrificio di decine di persone a causa dell'età e della loro fragilità.

La SIAARTI, comunque, ipotizza uno «scenario in cui potrebbero essere necessari criteri di accesso alle cure intensive (e di dimissione) non soltanto strettamente di appropriatezza clinica e di proporzionalità delle cure, ma ispirati anche a un criterio il più possibile condiviso di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate» (p. 3).

Questo criterio di «giustizia distributiva» dividerà la popolazione italiana in sommersi e salvati, non meno della malattia? «In una situazione così complessa», scrive la Siaarti, «ogni medico può trovarsi a dover prendere in breve tempo decisioni laceranti da un punto di vista etico oltre che clinico: quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi quando le risorse non sono sufficienti per tutti i pazienti che arrivano, non tutti con le stesse chance di ripresa (…)».

Può rendersi necessario porre un limite di età all'ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone

SIIART, Raccomandazione n. 3

Nel Documento si legge ancora che «l’allocazione in un contesto di grave carenza (shortage) delle risorse sanitarie deve puntare a garantire i trattamenti di carattere intensivo ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico: si tratta dunque di privilegiare la “maggior speranza di vita”».


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