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Dorina, dalla Romania alla Sicilia: volontaria per gli anziani e i giovani italiani

Arrivata dalla Transilvania nel 95, ha fondato a Messina l’associazione "Totius mundi una domus": aiuta in particolare le donne straniere a integrarsi nella legalità, ma realizza attività anche per tanti nostri connazionali

di Tania Poguisch

Quando Dorina Coman è arrivata in Italia, a Messina, dalla Transilvania nel 1995 era tra i pochissimi stranieri presenti sull’isola. Aveva appena sposato un ragazzo messinese conosciuto all’estero e aveva deciso di seguirlo nella sua città. Per lei, la difficoltà più grande era quella di esprimersi in una lingua ancora sconosciuta. La sfida da affrontare è stata impegnativa ma Dorina ha deciso di mettersi alla prova, per integrarsi in un mondo del tutto nuovo rispetto a quello che aveva lasciato, ma anche a quello che si aspettava di trovare in Italia.

Anche lei ha partecipato alla ricerca “Volontari inattesi” di CSVnet, su quelle persone che pochi si aspetterebbero di trovare in un’associazione di volontariato, con una divisa, ad offrire aiuto spontaneamente, perché di solito sono viste come coloro che ne ricevono.

Il suo impegno nel volontariato è nato proprio dall’esperienza personale. Dopo aver superato gli ostacoli della lingua, della casa, di un lavoro stabile, anche grazie alle conoscenze e alle capacità acquisite con il volontariato, Dorina ha deciso di fondare un’associazione per offrire, come racconta lei stessa, “ciò che avrei voluto trovare quando sono arrivata io”. Nel 2000 è nata così Totius mundi una domus. “Il Csv di Messina è stato il primo ente a cui mi sono rivolta – racconta Dorina – e tramite il suo aiuto io e altri 3 amici abbiamo fondato la nostra associazione per venire incontro agli stranieri, ma anche agli italiani, in modo da creare un dialogo, un ambiente di collaborazione tra stranieri, italiani e istituzioni, per favorire l’integrazione e l’inclusione sociale, con una particolare attenzione alle leggi e ai diritti da conoscere”.

Nel tempo l’associazione ha organizzato diverse attività, affrontando temi come la lotta al razzismo, l’emarginazione e cercando di intrecciare e far conoscere culture, usi e costumi e religioni differenti. È il caso degli eventi realizzati in occasioni comuni a molte comunità straniere, come la Pasqua o il Natale.

Ma c’è una particolare “categoria” di stranieri che più di tutte sta a cuore a Dorina e alla sua associazione. Quella delle donne, provenienti soprattutto dall’est Europa, che una volta arrivate in Italia hanno trovato un impiego come “badanti”. Migliaia di donne che negli ultimi decenni hanno lasciato il loro paese con la speranza di costruirsi una vita migliore; figlie, mogli e madri che hanno lasciato a casa i propri affetti con l’obiettivo di alleviare le loro difficoltà e garantirgli un futuro dignitoso.

La principale preoccupazione dell’associazione Totius mundi una domus nei confronti di queste donne è che siano coscienti delle regole, delle leggi italiane, ma anche dei loro diritti di lavoratrici, affinché non vengano sfruttate e non incorrano in errori che possano portarle sulla strada dell’illegalità.

Oltre ad offrire assistenza e aiuto per imparare la lingua, trovare un alloggio e rispondere quindi alle esigenze primarie di una persona straniera che arriva in un paese sconosciuto, l’associazione le assiste per ciò che riguarda i documenti da richiedere, il pagamento dei contributi, l’assistenza medica. “Il nostro compito, – spiega, – è di fare da ponte con le istituzioni per ricevere le risposte che cercano”.

Ma dietro la figura della badante c’è più dell’esigenza di integrarsi in una comunità dal punto di vista sociale e lavorativo. Molte storie di queste donne, sono fatte di solitudine, sofferenza, forse anche di sensi di colpa per avere lasciato a casa un figlio, o un genitore altrettanto anziano come quello di cui ci si prende cura. “Per la maggior parte si tratta di famiglie sradicate, distrutte, perché anche se una donna manda i soldi nel suo paese d’origine, ciò che manca di più sono gli affetti. E noi allora cerchiamo di ricoprire anche questo ruolo di ‘famiglia’, perché so per esperienza quanto se ne possa sentire la mancanza”.

A questo si aggiunge un lavoro duro, incessante, che impegna per 24 ore al giorno, 6 giorni su 7, in un ambiente che a volte può essere difficile da sopportare, ma da cui spesso è difficile evadere, perfino nei giorni di riposo, per mancanza di alternative. E allora Dorina e gli altri volontari offrono quindi a queste donne la possibilità di allargare le loro reti di conoscenze e le loro occasioni di socializzazione e integrazione.

Queste stesse occasioni si rivolgono però anche agli anziani e ai giovani. Per i primi, ad esempio, l’associazione ha realizzato per due anni un progetto insieme ad altri partner, come la Caritas, alcune case di cura, il Csv e il Comune di Messina. L’iniziativa prevedeva la realizzazione di eventi culturali in cui lo scambio e l’arricchimento è stato reciproco: “gli anziani ci hanno trasmesso molto della loro esperienza, della loro cultura; noi invece siamo riusciti a trasmettergli un po’ di quel calore, affetto e conforto di cui sentono spesso la mancanza”.

Le attività rivolte ai giovani, stranieri e italiani, riguardano invece la formazione e l’orientamento professionale. Questa infatti “è un’altra categoria svantaggiata in questa zona, dove il contesto economico e sociale è più disagiato e molti ragazzi si trovano in punti lontani dalle città, in cui mancano risorse, così come la possibilità di creare relazioni”. Ad esempio l’associazione Totius mundi una domus ha partecipato a un salone dell’orientamento, sostenendo tanti giovani nella ricerca di una loro strada personale, utile ad una formazione sia formale che informale. Altri prendono parte a progetti di mobilità all’estero. Per i ragazzi migranti il lavoro avviene in sinergia con la Caritas diocesana, le chiese, i centri di accoglienza, il tribunale dei minori, il Csv e il Comune. “Diamo loro un sostegno culturale, – spiega Dorina, – per imparare la lingua, conoscere altre religioni, altre culture, altre etnie presenti sul territorio, per farli integrare e fargli trovare la loro strada. Cerchiamo di accompagnarli mentre si costruiscono un futuro”. Altri ancora sono i giovanissimi, quei “minori non accompagnati” di cui si sente parlare al telegiornale, e che nella realtà sono bambini o poco più, soli, che vanno “tutelati in tutte le fasi della loro crescita”.


*Intervista realizzata da Tania Poguisch (Csv Messina)


Testimonianza tratta dalla ricerca Volontari inattesi – L’impegno sociale delle persone di origine immigrata, a cura di Maurizio Ambrosini e Deborah Erminio (Edizioni Erickson, pagg. 352) che, salvo rinviii, sarà presentata a Roma il 17 aprile 2020 presso il Cnel.


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