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L’assistenza domiciliare in tempi di Coronavirus: sì, ma senza educatori

La posizione dei MILLE: «Gli interventi domiciliari dovrebbero avere caratteristiche prettamente infermieristiche o assistenziali. Immaginiamo coinvolti in questi interventi infermieri professionali ed Oss, dotati di appropriati Dispositivi di Protezione Individuale. In questo contesto le attività educative a cura degli educatori professionali dei centri diurni devono essere sospese (e rivalutate quelle nei servizi residenziali)»

di Redazione

Abbiamo tra i primi chiesto a gran voce un “provvedimento centrale” di chiusura temporanea dei centri diurni e semiresidenziali per disabili, in costanza di questa emergenza Coronavirus. Ci apparivano come potenziali focolai epidemici: per le caratteristiche di vulnerabilità e fragilità di utenze spesso compromesse da patologie debilitanti e per l’impossibilità delle stesse di osservare prescrizioni autoprotettive. Ora purtroppo la cronaca ci dà ragione: il problema è stato in tutta evidenza trascurato. C’è una prima vittima, la più giovane tra i deceduti per Covid-19 in Italia sino ad ora. Si tratta di un ragazzo disabile che frequentava il centro diurno “Il gabbiano" di Brescia, dove un educatore era risultato positivo al Covid-19. Alla sua famiglia, alle amiche ed agli amici del suo centro, alle colleghe ed i colleghi, vanno le nostre condoglianze e la nostra solidarietà. Confcooperative e Legacoop Lombardia arrivano a dire che il 30% dei loro operatori (presumibilmente educatori, oss) sono ammalati o in quarantena. Nella Regione colpita per prima e più duramente sono mancate direttive tempestive e le scelte sulle chiusure sono state demandate agli enti gestori, per non dire “scaricate sugli stessi".

Riteniamo che una disposizione di sospensione temporanea dei centri diurni della Regione Lombardia sia, se pur tardiva, urgente e non più rinviabile. Finalmente anche le associazioni di famigliari chiedono a gran voce la chiusura temporanea dei centri diurni e semiresidenziali. Domandando interventi domiciliari sostitutivi. Posizione ragionevole. Riteniamo che gli interventi domiciliari debbano essere individuati solo per i casi di estrema necessità, laddove la famiglia non riesca a reggere il carico assistenziale e sanitario del famigliare disabile. Tali interventi dovrebbero dunque avere caratteristiche prettamente infermieristiche o assistenziali. Immaginiamo coinvolti in questi interventi infermieri professionali ed Oss, a condizione che siano dotati di appropriati Dispositivi di Protezione Individuale. Dispositivi che sono quasi ovunque mancati del tutto o scarseggiati nelle strutture di cui stiamo parlando.

Gli interventi domiciliari dovrebbero rispondere a criteri di urgenza, indifferibilità e necessità: attinenti alla sfera della salute fisica della persona. Riteniamo dunque che in questo contesto le attività educative a cura degli educatori professionali dei centri diurni debbano essere sospese (e rivalutate quelle nei servizi residenziali, limitandole all’essenziale laddove non possano essere temporaneamente interrotte). Pensiamo che non siano inoltre gli EP le figure deputate per gli interventi domiciliari durante una emergenza sanitaria senza precedenti negli ultimi cento anni.

Per questo contestiamo anche una presa di posizione dei Presidenti della Commissione d'albo e del Tsrm Psrtp di Torino, Aosta, Alessandria, rispettivamente il Dr. Graziano Lomagistro e Dott.ssa Floriana Simeone. La commissione d'albo sopramenzionata «esorta e sostiene tutte le iniziative di coinvolgimento degli educatori professionali che lavorano nelle scuole nella educativa territoriale. Nella applicazione delle proprie competenze e nella messa a disposizione delle risorse educative a supporto di interventi domiciliari che necessitano supporto didattico, educativo, relazionale». Comprendiamo ragioni e i nobili principi che hanno ispirato questa presa di posizione, ma riteniamo che in questo frangente i rischi di diffusione del virus sarebbero più alti dei benefici, se non si limitassero gli interventi domiciliari agli aspetti assistenziali e sanitari essenziali ( di cui sopra abbiamo dato descrizione).

Il fatto poi che una parte degli educatori professionali rientri oggi nella definizione di “professione sanitaria" non fa di questi operatori degli esperti di igiene e profilassi, né delle figure paramediche. Va anche aggiunto che, a nostra conoscenza, in nessun servizio si sono registrate differenze di comportamento (o di imposizione di comportamenti da parte dei datori di lavoro) tra EP dei due distinti profili (sociosanitari e sociopedagogici).

Vero è che l'educatore ha sviluppato competenze multidisciplinari e nel suo agire nei confronti della disabilità utilizza approcci che comprendono interventi basati sul contatto fisico, sulla proposta di attività sensoriali e di stimolazione basale. Non si discute sulla validità ed utilità di queste pratiche per la salute ed il benessere psicofisico della persona disabile, in particolare in condizione di gravità, ma occorre, in una situazione emergenziale, ridurre all'osso contatti ed interventi per spezzare la catena di possibile diffusione epidemiologica.

Le stesse professioni sanitarie intese in senso stretto hanno sospeso in questo frangente moltissime prestazioni, mantenendo quelle urgenti ed indifferibili. Dunque, per un tempo limitato, ci appare più responsabile mettersi di lato. Per preparare, dopo alcune settimane di misure restrittive anticontagio a cui sono sottoposti tutti i cittadini, un ritorno alla normalità ed alla socialità. In questo contesto lo spazio e la agibilità degli interventi educativi si allargherà. Mentre ora è il momento di attuare tutti i dispositivi che fermino il contagio e favoriscano l'azione del personale medico ed infermieristico, evitando la congestione delle strutture ospedaliere.

IL DIRETTIVO DELLA ASSOCIAZIONE M.I.L.L.E. – PROFESSIONI EDUCATIVE

Photo by Yogesh Pedamkar on Unsplash


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