Cooperazione & Relazioni internazionali

Le ong e la solidarietà internazionale al tempo del coronavirus

Nessun operatore umanitario sta chiedendo di tornare in Italia ma preoccupano i blocchi al trasporto aereo di numerosissimi Paesi. Occorre prevedere il verificarsi di condizioni che non permettano di continuare ad operare all’estero in molti Paesi: in questo caso il personale delle ong italiane deve poter tornare in Italia agevolmente se lo si ritiene opportuno. E poter aiutare chi è già impegnato sul fronte della sanità interna

di Silvia Stilli

Nessuna organizzazione italiana di solidarietà e cooperazione internazionale ha intenzione di abbandonare i Paesi e le aree di crisi ed emergenza ove opera, anche ai tempi del Codiv-19: sgombriamo il campo da ogni possibile equivoco.

Migliaia di donne e uomini, anche giovani in Servizio Civile Universale o dei Corpi Civili di Pace, in questi giorni stanno facendo i conti con la spinta solidale e l’impegno civico che li ha portati lontano dall’Italia e il comprensibile desiderio di essere vicini al proprio Paese, ai propri familiari e amici, a chi soffre inaspettatamente per la paura di non riuscire a farcela: una paura minore, certamente, ma comunque simile a quella che leggono ogni giorno negli sguardi dei rifugiati in fuga da guerra e violenza, delle tante persone colpite da carestie, disastri ambientali, emarginazione e abbandono sociale.

Sinceramente non ho notizie di medici delle ong che intendono lasciare gli ospedali africani dove si combatte il virus Ebola, nè mi sono noti casi di abbandono dell’aiuto umanitario in Siria o Iraq o sulle sponde del lago Ciad, per fare alcuni esempi. È una grande prova di umanità e di responsabilità sociale quella che tante colleghe e colleghi solidali stanno affrontando in questo momento difficilissimo per l’Italia. In questa delicata fase, a chi coordina il loro lavoro e dirige le ong di provenienza spetta un compito altrettanto complesso a distanza nel tenere attivo il dialogo e il sostegno; vi è in più l’obbligo di prevedere se e come possa esserci un’escalation drammaticamente diffusa dei casi di positività legati a questa pandemia.

La garanzia primaria cui ha diritto ogni operatore umanitario e ogni cooperante e volontario è quella di essere in grado di poter svolgere il proprio compito e di non mettere in pericolo la sicurezza delle comunità in cui e con cui agisce e anche la propria. Le istituzioni italiane attraverso il Ministero degli Affari Esteri hanno sempre garantito la certezza del supporto nell’eventuale evacuazione dai Paesi di cooperanti e personale delle ong in situazioni di emergenza o crisi, utilizzando voli speciali da trasporto di civili anche con mezzi messi a disposizione dal Ministero della Difesa. Ci auguriamo che ciò avvenga nella prevedibile evoluzione non positiva di una situazione molto particolare come quella che si sta vivendo, evidentemente non circoscrivibile.

Le rappresentanze delle ong e organizzazioni di solidarietà e cooperazione internazionale hanno espresso preoccupazione per il graduale blocco dei voli in molti Paesi per l’Italia prima, poi per l’Europa e adesso per molte destinazioni internazionali a causa del codiv-19. Sta avvenendo questo a Beirut, Amman, Tunisi, Doha. Si aggiungono gli stop dal Madagascar , dalla Turchia e altri sono a breve in arrivo. Laddove poi sia possibile raggiungere scali europei, le limitazioni dei voli esistenti verso l’Italia sono conosciute. Ma anche altri trasporti , via treno ad esempio, sono in forse. Da Barcellona si può utilizzare il passaggio in nave per Civitavecchia, ma chissà per quanto ancora.

Occorre prevedere il verificarsi un insieme di condizioni che non permettano di continuare ad operare all’estero in molti Paesi: in questo caso il personale delle ong italiane deve poter tornare in Italia agevolmente se lo si ritiene opportuno, soprattutto se intende portare esperienza e aiuto concreto in emergenza e anche per stare vicino ai propri affetti. D’altronde, in queste ore molti medici e altro personale di ong italiane stanno operando nelle aree del Paese maggiormente colpite dall’emergenza sia negli ospedali che nel sostegno delle fasce a rischio: senza tetto e fissa dimora, anziani isolati, bambini o persone in situazione di disagio e disabilità, altre attività sociali. Non siamo inutili, anzi. Pochi giorni fa in Mozambico il Governo ha detto che se si presentasse la stessa situazione di contagio dell’Italia, non potrebbe garantire l’assistenza a tutti i cittadini colpiti.

L’Europa ha tardato molto ad affrontare l’emergenza e a dare risposte all’Italia, ancora incomplete peraltro, e adesso sta tremando per le notizie dalla Spagna, dalla Germania: quali impegni prenderà per aiutare quei Paesi fuori dai suoi confini e fortemente impoveriti se il virus li colpirà gravemente? Questo il pensiero di tanti cooperanti delle ong, restii a tornare fino a che sarà possibile svolgere i loro compiti. Con il cuore a pezzi, soprattutto quei medici e paramedici che vedono a distanza le immagini di colleghe e colleghi negli ospedali italiani stremati da un lavoro h24. Questo il peso che porta con orgoglio chi sceglie per la vita la solidarietà.

*Portavoce AOI (Associazione Ong Italiane)


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