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Enti erogatori: due direttrici da seguire

Il co-direttore di Ashoka Italia reagisce agli interventi del segretario generale di Assifero e del presidente di Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo: «I donatori dovrebbero progressivamente costruire le proprie strategie erogative su due direttrici. Da una parte costruire percorso di rafforzamento delle organizzazioni, dall'altra sostenere le risposte che aspirano al cambiamento sistemico»

di Federico Mento

Non è la prima volta che un intervento di Carola Carazzone suscita un vivace dibattito in seno all'ecosistema dell’impatto sociale (qui l'intervento del presidente di Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo). Qualche tempo fa, il sefretario generale di Assifero ha dato vita ad una sequela di stimolanti contributi sulle conseguenze dello starvation cycle per le organizzazioni del Terzo Settore. Si tratta di una dinamica, connessa con le policy dei grandi donatori, in base alla quale le organizzazioni del Terzo Settore tendono a ridurre l’allocazione delle risorse nel rafforzamento della struttura organizzativa a causa del progressivo decremento della quota di costi indiretti rendicontabili.

Attese irrealistiche da parte dei donatori determinano scelte contraddittorie in capo alle organizzazioni del Terzo Settore, come se un albero con un tronco esile potesse produrre una copiosa raccolta di frutti. L’interrogativo che pone nuovamente Carazzone al mondo della filantropia è potente – qui timide rogat, docet negare – qual è la differenza che i soggetti filantropici possono fare? Come ci ricorda la dirigente di Assifero, le fondazioni godono di una posizione privilegiata, rispetto all’attore pubblico possiedono un’ampia autonomia e maggiore flessibilità nella gestione delle proprie risorse.

La crisi sanitaria – prosegue nella sua argomentazione – avrà degli effetti devastanti sulla tenuta del Terzo settore, poiché a causa delle scelte dei donatori le organizzazioni non hanno avuto modo di lavorare nel rafforzare la fragile struttura. Per tornare all'immagine dell’albero, come potrà una pianta così esile sopportare la severità delle intemperie che ci attendono? Le soluzioni proposte necessitano che le fondazioni siano disposte a rivedere profondamente le proprie pratiche, superare le costrizioni dei bandi, modificare le modalità erogare, passare dal supporto al progetto al sostegno alla missione di un’organizzazione. Con la consueta lucidità, Borgomeo ha immediatamente ripreso alcuni punti delle argomentazioni. La Fondazioni Con il Sud è da tempo impegnata nella sperimentazione di nuove modalità di gestione delle erogazioni, ma al di là delle soluzioni metodologiche che si possono mettere in atto, più o meno ambiziose, penso che Borgomeo abbia centrato il punto della questione, ovvero la necessità di determinare la visione del donatore rispetto alle scelte erogative (grandi versus piccole organizzazioni, nuove versus consolidate ecc.).

Dal mio punto di vista, gli enti erogatori dovrebbero progressivamente costruire le proprie strategie erogative su due direttrici. Da una parte costruire percorso di rafforzamento delle organizzazioni, attraverso la leva del capacity, in tal senso vi sono già interessanti esperienze tra le fondazioni di origine bancaria. Dall'altra, leggere i bisogni e provare a sostenere quelle risposte che aspirano a perseguire obiettivi di cambiamento sistemico.

Supportare organizzazioni con un approccio sistemico garantisce in primo luogo l’implementazione di soluzioni potenzialmente scalabili, rispetto alle dimensioni bonsai che spesso connotano alcune iniziative, al medesimo tempo, un’organizzazione che opera per generare un cambiamento sistemico sarà tendenzialmente più resiliente, poiché non animata dal “professionalismo” senza passione, per riprendere Borgomeo, ma dall'urgenza di promuovere delle radicali discontinuità rispetto allo status quo. Il Terzo settore è nato "stupire", per trovare soluzioni nel vuoto dei fallimenti, spesso simmetrici, di Stato e Mercato.


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