Welfare & Lavoro

Caro ministro, avrei voluto sentire la sua voce

Signor ministro, forse è vero che il coronavirus è stato una goccia che ha fatto traboccare il vaso, e le rivolte che hanno provocato dei danni sono io il primo a condannarle, sia chiaro, però è anche vero che il vaso è stato riempito da anni e anni di inefficienza istituzionale, di inerzia dei vertici di comando. E ora il suo silenzio

di Redazione

Gentile Ministro, chi le scrive è un detenuto, non importa quale sia il mio nome o la pena che sto scontando, non importa in quale carcere io sia collocato adesso o in quale carcere a breve sarò spedito, non importa se lavoro o meno, non importa se ho rapporti continui con i miei famigliari o meno, non importa se nel carcere dove sono rinchiuso è stato impedito l'accesso ai volontari e familiari, non importa se ci è stato impedito di approvvigionarci di generi alimentari o denaro tramite colloqui, non importa se chi non ha soldi sul conto del carcere rischia di non poter chiamare per rassicurare ed essere rassicurato dai propri famigliari, non importa nemmeno se, per lungo tempo agli agenti di polizia penitenziaria non è stata fornita alcuna mascherina.

Gentile ministro, nulla di tutto questo sembra essere importante per un ministro della Giustizia, che però è stato istituito dai nostri padri costituenti per far fronte anche ai problemi del carcere, ma forse a qualcuno era sfuggito. Ecco gentile ministro io ho sentito molto parlare in tv di queste rivolte, ma avrei voluto sentire la sua voce nel pieno della crisi, e invece non ho sentito una parola a riguardo delle drammatiche condizioni che i detenuti sono costretti a sopportare giorno dopo giorno, anno dopo anno a causa del sovraffollamento e non solo.

Perché certo io ho fatto del male e sto pagando per questo, ma chiedo solo di farlo in modo umano. Tra l'altro, ci sono stati disordini anche nel carcere dove sono ristretto io e mentre tanti detenuti urlavano e sbattevano le pentole, i coperchi o qualsiasi altra cosa che poteva fare rumore, ma non danni, sentivo anche urlare "lavoro, lavoro, lavoro".

Ecco signor ministro, forse è vero che il coronavirus è stato una goccia che ha fatto traboccare il vaso, e le rivolte che hanno provocato dei danni sono io il primo a condannarle, sia chiaro, però è anche vero che il vaso è stato riempito da anni e anni di inefficienza istituzionale, di inerzia dei vertici di comando nel realizzare dei piani di "sfollamento" che non dovevano per forza essere amnistie o indulti ma potevano essere per esempio una applicazione più ampia delle misure alternative, come dovrebbe essere sempre.

Riflettendo su quello che sentivo io prima delle rivolte e quello che sento adesso in tv non riesco a capire una cosa: se lei stesso nei vari talk show a cui partecipa mi pare abbia dichiarato più volte che in Italia non si va in carcere con pene inferiori ai 4 anni, adesso come spiega il fatto che si stanno adottando delle misure per mandare a casa i condannati sotto i 18 mesi di residuo pena? Questi non sono già liberi? Oppure come si spiega che si parli anche di mandare a casa detenuti con pene inferiori ai 3 mesi? E la legge n.199 che permetteva ai detenuti di andare in detenzione domiciliare sotto i 18 mesi perché non è stata applicata prima e adesso si muovono tutti in fretta e furia per invitare i detenuti a presentarne richiesta?

Mi scusi sig. ministro per questa mia "esplosione di pensieri" che butto su carta senza nemmeno rifletterci, ma quello a cui dovremmo e dovreste pensare adesso è come fare per riprendere in maniera seria e costruttiva una profonda e studiata riforma del sistema dell'esecuzione penale a partire da tutto il lavoro svolto nei tavoli degli Stati Generali che lei ha cestinato poco dopo la sua elezione, forse perché il lavoro era stato voluto e messo in atto da un partito politico che non esibiva la sua stessa bandiera, ma adesso è vostro alleato di governo quindi potete benissimo prendere le distanze dagli attacchi reciproci, perché quando ci sono di mezzo vite umane i colori sotto i quali si deve lavorare sono quelli del tricolore della bandiera italiana senza stelline né altri simboli, il caso impone serietà, credibilità e concretezza.

Sarebbe bello che lei avesse il coraggio adesso di riprendere quel progetto, almeno nelle parti che possono contribuire in questo momento a dare maggiore accesso alle misure alternative, e di fare quello che è giusto: realizzare quell'Ordinamento penitenziario, che è già stato elaborato, è frutto del lavoro svolto negli Stati Generali da molti fra i massimi esperti in materia di pene e carcere, e se fosse stato approvato prima forse oggi non saremmo in questo disastro.

Lettera firmata (da Ristretti Orizzonti)


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