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Ci vuole subito un #decretobambini

È la richiesta di un gruppo di organizzazioni per tutelare le situazioni di forte vulnerabilità che molti bambini e ragazzi vivono in questo momento, che rischiano di rimanere invisibili. Servono task force locali immediate e misure di protezione. Nei prossimi giorni verrà attivata anche una petizione online che persone singole e organizzazioni potranno sottoscrivere

di Redazione

Sono circa 450.000 in Italia i minorenni in carico ai servizi sociali, di cui 91.000 a causa di maltrattamenti. Guardandola da un altro punto di vista, sono 1.260.000 i minorenni che vivono in condizioni di povertà assoluta. Impossibile quantificare quanti vivano in situazioni di disagio sommerse o invisibili. La certezza, comunque è che ci sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze che vivono situazioni di forte vulnerabilità, condizioni di povertà economica, sociale ed educativa. Travolti dalla paura, vittime di violenza in famiglia, che vivono in condizioni di degrado, maltrattamento e abuso grave, impossibilitati a chiedere aiuto.

Questi ragazzi e bambini come stanno vivendo questa pervasiva esperienza traumatica? Senza alcun genitore in grado di spiegare loro cosa stia succedendo. Oppure trovandosi senza vie di fuga in situazioni di violenza fisica e psicologica perpetrata contro loro e le loro madri. Ragazzi per i quali stare a casa, senza andare a scuola per tanto tempo, senza contatti sociali e – dunque – senza essere adeguatamente supportati a livello emotivo, educativo e didattico – genera o riattiva le esperienze di rifiuto, abbandono, pericolo, emarginazione, già vissute in altre situazioni. Ragazzi e bambini, tutti, che hanno inalienabili diritti sanciti dall’Onu che dipendono anche da come gli adulti intorno a loro agiscono, pensano e attuano le norme, reagiscono alle emergenze.

In questa fase è praticamente impossibile attivare le necessarie segnalazioni alle autorità giudiziarie competenti (Procure e Tribunali per i minorenni) e i conseguenti interventi di protezione, secondo le indicazioni previste dalla legge e gli aiuti alle famiglie di origine, affidamenti familiari, inserimenti in comunità, adozione.

Ci sono inoltre molti minorenni non allontanati dalle famiglie ma che vivono in situazioni familiari a rischio (di povertà educativa, maltrattamento e incuria) per i quali erano stati attivati interventi di supporto educativo (inserimento in centri semiresidenziali, diurni, educativa territoriale e domiciliare). A causa dell'emergenza sanitaria quasi tutti questi servizi non residenziali sono stati sospesi, con gravi ripercussioni sulla loro tutela. Solo in alcuni casi – e grazie all’impegno degli operatori e delle organizzazioni coinvolte – sono stati mantenuti contatti e sostegni da remoto.

Ci sono, infine, i giovani care leaver: ragazzi neomaggiorenni cresciuti in comunità o in affido, che oggi vivono soli o sono rientrati nelle famiglie di origine. Alcuni tra loro vivono altrettante situazioni di rischio perché privati dell’aiuto necessario.

Dinanzi a questa realtà, una ventina di organizzazioni più alcuni privati cittadini hanno scritto una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri per chiedere «misure urgenti per andare incontro alle esigenze di protezione e per assicurare i diritti di tutti i bambini e i ragazzi, mettendo nelle condizioni i servizi sociali, scolastici, educativi, formativi e di altro genere di poter intervenire – con strumenti appropriati e con il coinvolgimento ove necessario della magistratura minorile – in tutte le situazioni di rischio sopra elencate e in tutte quelle legate ai diritti dei minorenni (tutela, protezione, istruzione, gioco, socialità, partecipazione, informazione adeguata, etc.)». Nei prossimi giorni verrà attivata anche una petizione online che persone singole e organizzazioni potranno sottoscrivere.

Le organizzazioni chiedono vengano attuate le seguenti misure:

  1. costituire task force locali tra scuola, autorità giudiziarie minorili, servizi sociali, sanitari e terzo settore (comprese le associazioni familiari), accreditati e collegati ai soggetti decisori locali/regionali, per segnalare e per intervenire subito sulle situazioni più fragili e a rischio con interventi di sollievo (dispositivi per collegamento a distanza, tablet o pc, giochi, materiale di cartoleria, spesa alimentare, vestiti, ecc.), nonché monitoraggi quotidiani da parte di personale competente e, in generale, tutte le iniziative applicabili nell’ambito delle misure emergenziali per favorire l’esercizio massimo dei diritti di tutti i bambini e i ragazzi;
  2. realizzare i necessari interventi urgenti di tutela attivati anche in attuazione a provvedimenti dei Giudici minorili, per mettere in protezione le vittime (se necessario anche tramite art. 403 c.c.) assicurando il rispetto delle norme sanitarie per le realtà di accoglienza;
  3. creare gruppi di informazione e sostegno psicologico per insegnanti che devono curare in questa fase ancora di più non solo gli aspetti didattici ma anche quelli relazionali, facendo sentire a questi bambini e bambine che continuano a essere pensati, che c'è un adulto di riferimento. Lo stesso dovrebbe essere realizzato anche nei confronti dei piccoli della fascia 0-5 anni con il supporto dei consultori pediatrici e delle altre strutture territoriali come scuole dell’infanzia e ludoteche;
  4. sensibilizzare le forze dell'ordine a dare tempestivo riscontro alle chiamate di aiuto che possono ricevere rispetto a situazioni di violenza familiare;
  5. individuare una figura istituzionale che coordini tale task force, definendone funzione, qualifica e ambito di competenza.

Per quanto riguarda il lavoro degli operatori coinvolti nei servizi residenziali, «si ritiene necessario fornire supporto sanitario e per intervenire nelle situazioni più delicate (affidatari, case-famiglia, comunità educative, comunità genitori-bambini, centri antiviolenza, case rifugio) nei confronti di bambini, ragazzi e donne accolte, per trattare i temi di questo trauma così pervasivo che stiamo vivendo, anche attraverso consulenza psicologica ed educativa e progettazione di attività non solo di intrattenimento».

Infine, «occorre connettere le misure per salvaguardare i soggetti del terzo settore, come la cassa integrazione e altre forme di sostegno economico. Il settore sociale e sociosanitario in questo momento sta garantendo la tenuta territoriale e la mediazione sociale attraverso la continuazione delle attività, il rischio è di far collassare l’intero sistema pubblico e del privato sociale che gestisce i servizi essenziali per la tutela dei bambini, dei ragazzi, delle famiglie nel nostro Paese».

Qui sotto i primi firmatari:

  • Agevolando
  • Artemisia (Firenze)
  • Anfaa – Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie
  • Arciragazzi nazionale
  • Care Leavers Network Italia
  • Centro educativo diocesano Regina Pacis (Napoli)
  • Cismai – Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia
  • Cnca – Coordinamento nazionale comunità di accoglienza
  • Cncm – Coordinamento nazionale comunità per minori
  • Fondazione Domus De Luna (Cagliari)
  • Kayros (Vimodrone)
  • L’Orsa Maggiore (Napoli)
  • Mcf Mondo comunità e famiglia (Milano)
  • Progetto Famiglia
  • SOS Villaggi dei Bambini
  • Istituto Don Calabria
  • Terra dei piccoli (Roma)

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