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Oro blu, nove storie d’acqua, di uomini e d’ambiente

Il viaggio di Edoardo Borgomeo in nove capitoli che partono da altrettante storie di vita per allargare lo sguardo a tutte le questioni umane e ambientali connesse. Dalla Sicilia al Bangladesh, dall'Olanda al Brasile per capire come parlare d'acqua parlare della nostra vita

di Giulio Sensi

Il viaggio nel Pianeta acqua di Edoardo Borgomeo – honorary research associate all’Università di Oxford dove ha conseguito un dottorato in Idrologia- inizia nel Bangladesh sud-occidentale. Qua Namrata, una allevatrice di gamberetti incinta del quarto figlio, combatte coi segni sul suo corpo dovuti all’assunzione di acqua troppo salata. Ma nella comunità di Namrata si è fatto anche molto per ridurre gli impatti delle tremende tempeste che uccidono l’ambiente e le persone. Il Bangladesh è uno dei simboli della sfida globale forse più importante: governare la risorsa idrica in un contesto di cambiamenti climatici che vedono proprio nei movimenti di acqua uno dei loro effetti più devastanti. Una sfida sempre inevitabilmente aperta e che richiede capacità di intervento e adattamento continue.

Quello di Borgomeo – raccontato nel libro “Oro blu, storie d'acqua e di cambiamento climatico” appena uscito per Laterza – è un viaggio affascinante e mai banale: perchè, da una prate le storie raccontate non sono banali ma pezzi di realtà vissuta e ben narrata, dall'altra perché unisce la sua competenza tecnica e la conoscenza della scienza idraulica ad una vasta cultura umanista, capace di cogliere i segni ancestrali dell’acqua e soprattutto di delineare con semplicità e concretezza le sfide che abbiamo di fronte. Il viaggio si compie in nove capitoli che partono da altrettante storie di vita per allargare lo sguardo a tutte le questioni umane e ambientali connesse. È divertente nel corso della lettura cercare con Earth i luoghi narrati e provare con lo sguardo del satellite a scorgerne gli ambienti e i paesaggi.

È un viaggio molto edificante in un momento come quello che stiamo vivendo in cui viaggiare è impossibile e in cui dall’acqua passa la lotta ad un virus che ha messo in ginocchio il Pianeta. Ma “Oro blu” apre squarci di riflessione che vanno ben oltre il tema idrico e lo connettono in modo quasi olistico alla vita stessa, anche a quella che scorre dentro di noi. Lo fa con una tensione etica pura e concreta, capace di attualizzare in modo limpido storie del passato – come quella della costruzione della Diga sullo Jato in Sicilia guidata da Danilo Dolci negli anni ’60 – e proiettare nel futuro vicende che restano colpevolmente sconosciute nel frastuono mediatico sempre troppo attento alla superficie delle cose.

Ma l’acqua, si sa, è capace di una profondità inimmaginabile: ecco allora svelata la profonda inquietudine di Flavio, il soprintendente alla gestione di una mega diga che nel cuore del Brasile che con un errore di valutazione può mettere in ginocchio milioni di persone; ecco perché Julia, un’economista australiana, studia una proposta di legge per rendere i fiumi un soggetto giuridico; ecco pure perché Eelco, un ingegnere idraulico di Rotterdam, è proiettato nel mondo delle diplomazie internazionali per trasmettere agli Stati le competenze dei Paesi Bassi su come convivere con la forza distruttrice dell’acqua. Ed ecco ancora la quasi sconosciuta, ma profondamente emblematica storia della lotta al fatberg nel sottosuolo fognario di Londra dove il grasso avvolto negli oggetti impropri come le maledettissime salviette igieniche cotonate (secondo una brava ostetrica che chi scrive ha conosciuto qualche anno fa “buone solo per pulirsi le mani dopo aver fatto benzina al distributore automatico”) crea serpenti di inquinamento difficili da eradicare.

E poi ancora: i legami fra mafia e gestione dell’acqua potabile nei sobborghi indiani, la corruzione che passa dal controllo della consegna dell’acqua nella periferia di Città del Messico (affascinanti i richiami alla storia millenaria e della simbologia dell’acqua negli Aztechi). Nella stessa inimmaginabile profondità di significati dell’acqua si scorge uno dei nodi centrali dei conflitti in Medio Oriente, con un capitolo emozionante in cui si narra la storia di Nadia, una ricercatrice irachena spinta dall’amore per la propria terra di origine e dal dolore per la distruzione iniziata da Saddam Hussein di una delle culle della civiltà mondiale nel sud della Mesopotamia.

Ma il viaggio di Borgomeo nelle connessioni idriche non è una semplice narrazione: parte dalle storie di vita per raccontare storie collettive, storie di acqua, storie di comunità e di Stati.

“Oro blu” è un libro quanto mai utile perché va in fondo alla drammaticità dei temi che tratta, ma non ne inquina la comprensione: dalla lettura si esce con una coscienza idrica, si esce trasformati, si riemerge “idrofili”: termine che Borgomeo usa come un mantra e che ha solo nel suo nucleo il significato tecnico (la proprietà che hanno alcune sostanza e alcune sistemi chimici di assorbire o trattenere l’acqua), perché invece assume una valenza quasi filosofica: significa essere coscienti che l’acqua come ogni forma di vita non si controlla solo con la costrizione e il dominio, ma sapendola governare come parte stessa della nostra vita.

Sono le ultime righe dell’autore a chiarire questo concetto. “L’idrofilia passa anche da qui, dalla diga sul fiume Jato, perché idrofilia vuol dire comprendere e conoscere il potenziale sociale dell’acqua, la sua capacità di collegare le aspirazioni di centinaia e migliaia di individui per modificare le strutture del potere e le decisioni pubbliche […]. Per questo è importante pensare l’acqua come un tema personale e non solamente come un problema per gli ingegneri, i chimici o gli economisti. Parlare dell’acqua come parte integrante delle nostre vite, non solo come una molecola o come una risorsa da sfruttare, ci può aiutare a vivere meglio il nostro rapporto con lei e lavorare per un mondo più idrofilo. Attraverso il nostro legame con l’acqua sapremo anche vivere meglio la nostra casa, sapremo fermare il cambiamento climatico, e impareremo a essere parte del nostro mondo senza distruggerlo”.


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