Cooperazione & Relazioni internazionali

Quello che le statistiche non dicono

I tamponi vengono fatti solo su chi muore in ospedale. Così, in un paesino in provincia di Brescia, che registrava una media di 75 morti l'anno, i decessi dal primo marzo a oggi sono già 36, 24 dei quali ospiti della locale Rsa. Ma i casi ufficiali di morti per Coronavirus sono solo 5

di Marco Dotti

Snocciolano numeri, lanciano appelli a un patriottismo fuori luogo, raccontano storie. Ma sono le storie sbagliate. E la realtà sfugge da tutte le parti.

Brescia è sotto scacco. Del virus, certamente. Ma anche di un racconto che non dice, non vede, non tocca la sua realtà. Cosi, non è di alcun conforto dire che i numeri sono «moderatamente buoni» o che «scendono i contagi, ma non i morti» (ieri 75 nella città lombarda).

Se è vero che – si perdoni l'espressione troppo cruda – i morti non parlano, i numeri che ascoltiamo, leggiamo, riascoltiamo come un'inutile litania contano ancora meno.

Il capo della Protezione civile ha dichiarato che i contagi sarebbero tra 5 o 10 volte più di quelli registrati. Solo i contagi? O anche i morti?

Un caso su tutti: a Coccaglio, in provincia di Brescia, su 36 morti, 24 sono avvenuti nella locale Rsa che conta 87 ospiti. Ma non sono stati fatti i tamponi – riservati oramai a chi muore in ospedale – e le statistiche registrano, allora, solo 5 decessi per Coronavirus.

A Coccaglio ci sono 75 decessi l'anno, ma dal 1 marzo scorso ne sono già avvenuti 36. Cifre che interrogano chi ancora vuole farsi interrogare dalla realtà. «Non accadeva dal 1944, ma allora c'era la guerra» ha spiegato il sindaco Alberto Facchetti al Giornale di Brescia.


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