Welfare & Lavoro

Elvira Zaccagnino: «Scuola, sanità e ricerca: tutti i no che dovremo dire»

L'intervento della direttrice edizioni la meridiana: «Quando ci diranno che possiamo tornare, pensiamoci un attimo. E sussurriamo dentro di noi, con convinzione, quel versetto biblico che dice: “le cose di prima sono passate”. Ecco: facciamone di nuove»

di Elvira Zaccagnino

Non finirà presto. Sarà una quarantena lunga. E forse faremmo bene a pretendere che lo sia per mettere in sicurezza il Paese e le nostre vite. Dopo. Non solo ora. Pensiamoci. Dovremo dire di no quando ci diranno che possiamo mandare a scuola i nostri figli nelle stesse aule dove non ci sono norme igieniche di sicurezza garantite visto il numero di alunni per classe. Ricordate come le chiamavamo? Classi pollaio. Dovremo dire di no considerato anche che nei bagni mancavano sapone e carta igienica.

Ora che abbiamo insegnato loro e li abbiamo stressati a lavarsi spesso e bene le mani, possiamo consentirci di mandarli in luoghi dove questi nostri insegnamenti non potranno esercitarli? Pensiamoci. E se non c’è il sapone nei bagni delle scuole, faremmo meglio a tenerli a casa piuttosto che comprarlo il sapone e portarlo a scuola sopperendo a condizioni che garantiscono l’igiene nella scuola pubblica italiana.

Si sono accaniti su genitore uno e genitore due, ma oggi nessuno chiede se tutti gli alunni e gli studenti abbiano accanto un genitore competente in dinamiche di stress o anche solo capace di scaricare una lezione on line da una piattaforma. Pensiamoci. Ragionavano di telecamere nelle scuole per la sicurezza dei nostri figli, per esercitare il controllo sugli insegnanti e gli educatori .Un mare di modulistica sulla privacy. A scuola e ovunque. Saltato tutto. Pensiamoci.

La salute prima di tutto. Ci corre l’obbligo. Ora più che mai. Ma è strano, proprio strano che a garantire in emergenza il numero di ventilatori, i posti letto, le mascherine, i materiale di prima necessità negli ospedali debba essere la gara alla solidarietà dei cittadini. Pensiamoci quando per curarci nel pubblico dovremo aspettare anni e sguardi frettolosi di medici che invece nel privato ci accolgono e ci chiedono se vogliamo la fattura. Pensiamoci.

Siamo un Paese che risponde generosamente quando si chiede solidarietà e assistenza. Un fiore all’occhiello la rete di volontariato attivo e capillare che sopperisce oggi più di ieri alle lacune rese strutturali da scelte rimandate di continuo dalla politica sul welfare. Pensiamoci quando ci sarà la conta degli interventi programmati da qui all’eternità in spese militari e quando ci ammorberanno – di nuovo, ancora – sui tagli alle rette nelle strutture per minori e anziani per mancanza di fondi.

Un sistema sanitario al collasso, una scuola che dentro e fuori l’aula fatica, un welfare fatto a brandelli. Misuravamo gli indici delle borse di tutto il mondo per sapere se eravamo vivi come Paese. Ci sta ammazzando Covid-19. Ci manca il vaccino. Ci mancano le medicine giuste per curarlo.

La ricerca richiede tempo. Per questo andava da sempre finanziata e implementata. Pensiamoci. Siamo un Paese, non il solo in realtà, che rincorre le emergenze, che parla di sistema ma non mette a sistema. Quando ci diranno che possiamo tornare, pensiamoci un attimo. Pensiamoci. Almeno questo per un attimo facciamolo: pensare. E sussurriamo dentro di noi, con convinzione, quel versetto biblico che dice: “le cose di prima sono passate”. Ecco: facciamone di nuove.


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